questo arriva tra i primi dieci

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Michael Kiwanuka è un giovane songwriter a cavallo tra Bob Dylan e Marvin Gaye, come ne scrivono su Ondarock. Il pezzo qui sotto che dà il titolo al suo debutto su LP mi sembra superlativo, che ne dite? Un buon partito per la top ten di fine anno.

patrimonio

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Quello che posso dire dell’essere papà è che vuoi l’età, vuoi i freni inibitori che, in conseguenza dell’età, sono un po’ più laschi, vuoi che diresti sempre di sì anche sapendo che bisogna dire di no, sta di fatto che, giusto per farvi un esempio, pur avendo educato mia figlia al meglio dell’offerta musicale disponibile, da Miles Davis ai Clash ai The National passando per la musica italiana più off, alla fine ci troviamo a fermarci in auto sulle stazioni radio con pezzi tipo quello qui sotto che piacciono a lei e così piacciono anche a me, e quando finiscono mi chiede ancora di rimetterlo e ogni volta devo spiegarle che è la radio, che c’è qualcuno che ha scelto per noi, che poi lo riascoltiamo a casa per commuoverci insieme di nuovo. Dai, poteva andarmi peggio.

essere infantile

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Il senso di responsabilità è una specie di diploma per il quale studi e apprendi per buona parte della vita fino a un punto che è come l’esame di quinta elementare, un passaggio che non conta nulla, cioè nessuno ti boccia se non sei pronto perché comunque il tempo passa e la tua vita continua e non c’è modo di ripetere l’anno. Perché quando capita lo fai tuo malgrado, quando non ti sei preso le tue responsabilità rispetto a un impegno lavorativo, per esempio, o nei confronti di una persona o addirittura verso la società stessa, per cui ti licenziano, ti mandano affanculo o finisci dentro o peggio. C’è tutta una gamma di controindicazioni all’irresponsabilità perché siamo comunque nell’ambito del diritto naturale, magari non al primo vagito ma appena ti portano a casa da ostetricia e ti mettono sotto una giostra di pesciolini colorati hai già la responsabilità innata di dover far funzionare i due emisferi che hai nella scatola cranica e riempirli di dati. Poi quando sei adulto la cosa più importante è esercitare tale senso nei confronti della prole, e quando c’è qualcosa che non va te ne accorgi, è come quando duplichi un cd originale e non tieni conto che alcune tracce tra loro non devono avere secondi di pausa perché i due brani sono uniti. Finisce il primo e torni con i piedi per terra e hai solo il tempo di capire l’errore che hai fatto perché riparte il secondo, ma intanto il fastidio per il fatto che l’atmosfera si è guastata persiste. Voglio dire, avresti anche tutto il diritto di andare nel panico, di non avere il polso della situazione, di perdere le staffe e farti saltare i nervi, sono tutte cose più che umane e all’ordine del giorno alle quali bambini in ogni latitudine e longitudine assistono dai tempi dell’invenzione della ruota. Ma il senso della responsabilità, o almeno quello che intendo io, è pensare a come ci vedono loro da laggiù, generalmente l’altezza – almeno quella fisica – è superiore, già l’altezza morale è un altro paio di maniche.

momento luddico

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A che serve una sveglia quando si hanno due gatti?

piazzola italia

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Chissà come funziona altrove. Qui in Lombardia il camper lo si può parcheggiare più o meno ovunque, a partire dalla via qui sotto. Ma probabilmente la vision per l’Italia del domani era un unico gigantesco campeggio senza fine, perché nella terra della deregulation tutto quello che può abbruttire lo spazio pubblico sfugge a una progettualità d’insieme a favore dell’iniziativa dei singoli. Gli stessi singoli che montano parabole sui balconi dei palazzi storici, giusto per fare un esempio. Così ci si aspetta che dalla muraglia di furgoni bianchi adattati a case viaggianti – vi invito davvero a visitare il mio quartiere – da un momento all’altro fuoriescano gitanti in cannottiera, mutande e crocs multicolore e, dopo aver montato gazebo e tavolini da outdoor, allestiscano il loro pranzo all’aperto comprensivo di barbecue. E questo per chi invece non usa la metafora dei distaccamenti di viale Triboniano distribuiti sul territorio. Insomma, ci mancava pure il rimessaggio a cazzo, scusate il termine; è proprio il caso di dire che il buon senso comune si è preso una bella vacanza.

il gigante buono

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Tra la fila dei latticini e il Grande Corridoio Centrale da cui si dipanano tutti i settori, una vera e propria dorsale con cartelli di smistamento colorati e cataste di prodotti in promozione poste in prossimità dei corridoi tematici, si aggira un animatore camuffato da topo antropomorfo, una specie di Geronimo Stilton in giacca e pantaloni di velluto con una sproporzionata testa da ratto amichevole, per quanto possano comunque ispirare fratellanza i roditori comuni in un paesaggio antropizzato come quello qui intorno, perfettamente identico agli altri in cui sorgono i supermercati di periferia.

La persona che presta il movimento e la voce al topo con mani e piedi si aggira con un incedere che ricorda più il Santo Padre che un addetto all’accoglienza clienti. Che poi, obiettivamente, grandi e piccini trovano quel costume piuttosto respingente, ai limiti dell’horror, non meraviglierebbe assistere a una scena splatter in cui, ebbro degli odori di formaggi che esalano da ogni dove, il topo azzanna il primo acquirente che passa con il carrello il cui contenuto supera ampiamente i cento euro di spesa. Ecco, ricorda più il coniglione di Donnie Darko che un qualsiasi personaggio della letteratura infantile. Insegue i bambini che scappano e vanno a rifugiarsi dietro le gonne delle mamme tutte prese a comparare prezzi con costo al chilo, visibilmente a disagio nel mantenere un contegno volto a rassicurare i figli spaventati e increduli della mancata corrispondenza e conseguente delusione tra quanto possa essere tenero un animale dalle sembianze umane visto alla tv rispetto a incontrarlo dal vero.

Una bambina dal volto rossastro e lunghe trecce, in tuta-pigiama e pantofole, sembra meno disorientata dal discutibile intrattenimento offerto dal supermercato. La madre, anche lei in pantofole e una gonna dai colori sgargianti, un capo d’abbigliamento piuttosto tipico che solo i nomadi riescono a indossare e che ci si domanda di che marca siano e quali negozi le mettano in commercio, continua la sua scelta di prodotti con l’etichetta “prezzo discount”. Il padre, poco più dietro, è visibilmente ubriaco e si è appisolato in piedi, con i gomiti appoggiati al carrello e blocca parzialmente il passaggio, tanto che la scia di clienti che deve passare è costretta a spostarlo più a lato, mentre lui continua indisturbato nel suo stato catatonico.

Di fronte, dove inizia il reparto dei vestiti, un uomo sembra molto interessato agli sviluppi di quella spettacolare quanto involontaria coincidenza di eventi ma viene distratto da un articolo in vendita, una maglietta per ragazzine bianca con una scritta in pailettes rosse, “I love my blog”, con la o di love dalla forma di cuore, e pensa che non avere una macchina fotografica sempre a disposizione, nemmeno nel cellulare, a volte impedisce di cogliere e documentare le occasioni migliori.

a casa loro

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Dunque, ricapitolando, i romeni sono specializzati nei furti nelle ville e non vanno nemmeno troppo per il sottile con le donne. I rom ti tirano sotto con i SUV rubati che è un piacere e facilmente te li trovi in casa che ti portano via oggetti facili da rivendere, oro, piccola tecnologia. Mentre gli zingari ne costituiscono una variante e prendono anche i capi firmati, ma oltre a lavare vetri e chiedere elemosina, quando possono al supermercato rapiscono i bambini. Poi ci sono i nord-africani che spacciano e rubano autoradio, quando non addestrano terroristi. Gli africani invece occupano tradizionalmente il mercato (nero) della merce contraffatta, le borse di marca provenienti fresche di fabbricazione da Gomorra. I cinesi ti mettono nel piatto involtini scaduti provenienti dai container che sostano sotto il sole dei centri intermodali occupati in parte anche dai loro concittadini che, quando sopravvivono, vanno a prendere il posto e l’anagrafica dei clandestini che nel frattempo sono morti, ma raggiungono il top con l’omonimo ciarpame stipato in magazzini ubicati nelle chinatown di ogni città e cucito a mano in stabilimenti da connazionali soprattutto in età scolare, che lavorano diciotto ore al dì sotto il ricatto di strutture criminali super organizzate. Lato sfruttamento della prostituzione, il primato è sempre degli albanesi (quando non riempiono le fila in nero dell’edilizia) mentre si ha l’impressione di un calo delle nigeriane e relativi protettori. Russe e slave invece vanno a soddisfare un diverso target, più da club privée e circuiti vip e sono di difficile catalogazione. Chiudono i sudamericani, quelli più giovani, che si uniscono in bande che si menano tra di loro e non sarebbe un problema, se non che ogni tanto organizzano spedizioni di raccolta smartphone e gadget hi-tech contro i giovanissimi che aspettano di entrare in discoteca. Ecco, mi pare che la mappa sia completa. A dire il vero ci sono pure gli italiani che sono corrotti e corruttori sin nel dna e che fanno da cornice ma qui il discorso si fa lungo e articolato. Vedete, poi uno dice delle complessità che sono sempre maggiori e sempre in aumento, di come sia cambiata la società e perché noi si andava a scuola da soli già in seconda elementare mentre al giorno d’oggi li si accompagna fino in terza media, i nostri ragazzi. Dove è finito quel piccolo mondo antico in cui c’erano solo i tossici che scippavano le vecchiette e rubavano le bici in stazione?

orbital – new france (feat. zola jesus)

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passare in vantaggio competitivo

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Certo che, una partita iva dopo l’altra, le aziende possono scalare la classifica del loro mercato e raggiungere il primato tagliando tutti i costi del lavoro per il profitto. Che poi uno gli dice che va bene, posso anche considerare di trasformarmi in un libero professionista a patto che io sia libero veramente, libero di scegliere come e quando e dove lavorare e con la flessibilità di orari che dico io, avere più clienti contemporaneamente perché altrimenti a che serve la partita iva. E poi è questo il bello del procedere a obiettivi, no? Eh, apriti cielo. In campo occupazionale, nessuno è arbitro del proprio destino. Ma non si può pretendere che uno faccia parte di una squadra in esclusiva quando l’esclusiva non è biunivoca, le sostituzioni prima della fine della partita fanno parte addirittura della strategia di gioco.

programmi per la domenica

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Domani, domenica 18 marzo, a partire dalle ore 22, se non avete programmi eh, ci sarà la lettura di un mio post alla webradio radiocinquecento insieme a quella di altri bloggerZ, a cui seguirà un’intervista a ciascuno, il sottoscritto incluso. Una bella iniziativa quella dell’incrocio dei canali, utile secondo me da una parte a togliere peso alle parole scritte, dall’altra a conferire trama a quelle dette, non so se mi spiego e al di là che ci sia il vostro. Che poi capirete perché preferisco scrivere a parlare. Poi, a programma concluso, aggiungerò anche il link al podcast, per i ritardatari. Mi raccomando, che poi vi interrogo.