avete visto che cosa succede a non dire ti amo in tempo?

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****Attenzione: contiene spoiler sulla serie “13 Reasons Why”.

Qualche giorno fa non mi ricordo quale mio contatto su Facebook ha scritto una cosa tipo “Tredici è la serie che avrei voluto vedere ai miei sedici anni”. Lì per lì non mi ero ancora fatto un’idea ben definita perché mi mancavano diverse puntate e quindi non mi sono sbilanciato nella discussione. Diciamo che il trasporto per le tematiche trattate si era già innescato, per non parlare della vicinanza emotiva tra me e la serie con i numerosi richiami all’estetica di quando avevamo sedici anni noi che oggi ne abbiamo cinquanta e qualcosa, e parlo delle cassette Maxell, del walkman della Sony, dei poster di Unknown Pleasures, della gioventù tout-court.

Poi però è subentrato un fattore che ha reso secondario tutto il resto, persino le versioni rimodernate di “The Killing Moon” degli Echo & The Bunnymen e di “Only you” degli Yazoo, per non parlare dell’uso di “Vienna” degli Ultravox in un momento piuttosto decisivo (e, a proposito, qui trovate la lista completa della colonna sonora, episodio per episodio). La forte incomprensione che si è verificata tra i due protagonisti Hannah e Clay e il susseguirsi di cose non dette, cose dette ma a sproposito, cose da dirsi ma che si potevano dire in altro modo ha fatto un bel casino e se non è la causa principale di quello che è successo possiamo comunque affermare che si sono verificate conseguenze piuttosto gravi nell’economia della storia.

Alla fine sembra quasi che la colpa di tutto sia dei timidi, un tema piuttosto originale all’interno di una narrazione di questo tipo. Cose che succedono all’interno di una storia non per scelte sbagliate ma per decisioni non prese del tutto. L’aver paura di agire perché un altro ti dice il contrario di quello che vorrebbe che tu facessi e che è quello che tu vorresti fare ma l’altro ti urla di fare il contrario. Che, visto in TV e per di più con i capelli bianchi, non è certo la fine del mondo perché occasioni, nel corso della vita, ne capitano a iosa. Ma lì no, te ne vai e fai un vero casino, perché quello che succede dopo non ammette purtroppo ripensamenti, è definitivo, malgrado avvenga in una serie TV e quindi finto per antonomasia.

La colpa è veramente dei timidi e del fatto che non si danno una mossa a dire ti amo in tempo utile. Nella vita vera, quella dei sedicenni di un tempo in carne ed ossa, in realtà succedeva ben poco perché se eri timido e non dicevi ti amo in tempo utile il destinatario dell’attenzione omessa non ci badava nemmeno perché non era quasi mai di suo interesse, non si poneva il problema, non pensava nemmeno di essere nel mirino di qualche timido che non sa farsi avanti. Nelle serie TV può invece capitare l’impossibile, e cioè che a non dire ti amo in tempo utile a una che se l’aspetta questa può stare malissimo e poi, be’ arrivate alla tredicesima puntata e ne riparliamo.

i tredici motivi più plausibili per suicidarsi in tv

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Punto primo: ma voi ve lo ricordate il casino che avevate in testa a quindici e sedici anni? Anzi, formulo meglio la domanda: ma voi vi ricordate quello che accadeva dentro di voi in quel periodo della vostra vita? E ora ve ne faccio un’altra ma esigo la massima onestà: davvero barattereste la vostra stabile maturità e un corpo un po’ smagliato, iperteso e presbite per la totale anarchia di stati d’animo, ormoni, erezioni a comando (no aspe parliamone), impeti e valori di voi stessi in seconda superiore? Sì, certo, guadagneremmo quarant’anni di vita, la contemporaneità con gli scaffali gremiti di C90 della TDK zeppe di ellepi dei Joy Division, ma non ricomincerei da capo nemmeno se mi pagassero (no aspe parliamone). Il guaio è che oggi adulti e gente quasi anziana come me ma per certi versi ancora adolescente hanno monopolizzato la cultura, oltreché le stanze dei bottoni e il mercato del lavoro, e farciscono le cose che fanno con la loro giovinezza irrisolta come si fa con i savoiardi e il caffè nel tiramisù.

Punto secondo: se siete come me, e se mi leggete so che lo siete, ricorderete perfettamente che nel pieno del casino dei quindici o sedici anni ci si innamorava di ragazze fatte come questa qui:

13 REASONS WHY

A me questa cosa mi ha molto impressionato perché in ogni scuola, in ogni classe e anche in ogni compagnia c’era una ragazza come Hannah Baker che non era appariscente o popolare come le varie Jessica ma aveva proprio quelle sembianze, quegli occhi, quella pelle. Le ragazze come Hannah Baker ci facevano uscire di testa, non dormivamo e saltavamo le prove con la band per cercare di incontrarle in giro, poi le vedevamo con il nostro migliore amico e loro dopo ci sorridevano ma alla fine della tredicesima puntata non le riuscivamo mai ad avere. “13 Reasons Why” ha tutti i suoi difetti, è lenta e ha una sceneggiatura che a volta sembra appiccicata con lo scotch di carta. Eppure la scelta dell’attrice per il ruolo di Hannah Baker non avrebbe potuto essere più efficace di così.

Punto terzo: “13 Reasons Why” ci insegna, pur in una maniera molto americana e in un brodo romanzato che in un canale televisivo tradizionale probabilmente avrebbero liquidato in massimo quattro episodi, che dobbiamo stare con gli occhi aperti verso i nostri figli. Che dobbiamo capire anche se non ci parlano. Che i messaggi di aiuto sono da decodificare e la chiave per decifrarli è tutta dentro di noi. Ma se, ripeto, vi ricordaste il casino che avevate in testa a quindici e sedici anni, scommetto che a dei quindici/sedicenni come voi non gli dedichereste nemmeno cinque minuti a sentire le stronzate che dicevate, pensavate, progettavate, scrivevate, componevate, suonavate, registravate, disegnavate, scolpivate, bevevate, fumavate, rincorrevate, vedevate in tv, collezionavate, indossavate, accompagnavate. I vostri genitori vi consideravano autorevoli nella stupidera, nell’isteria, nel parossismo, nell’impeto contestatario a prescindere, nell’anarchismo, nella passione, nella lunaticità e in tutto quel dire tutto e il contrario di tutto dall’oggi al domani, o vi facevano sì con la testa nel migliore dei casi, e nel peggiore vi dicevano di stare zitti che c’era il telegiornale della sera?

Punto quarto: io una come Hannah Baker vi giuro che l’ho pure baciata, una volta. Poi l’ho rivista in tv ma io avevo quasi cinquant’anni e lei non solo era ancora alle superiori ed era in America, ma era pure in una serie di Netflix e quindi non mi ha riconosciuto. Non ho potuto però fare a meno di notare la somiglianza, oltre che a tutte quelle ragazze che come dicevo sopra ce n’era almeno una in ogni scuola e quelli come me se ne innamoravano a prima vista, con un’altra specie di Hannah Baker che ho incontrato nel 1988 nel video di Morrissey della canzone “Everyday is like Sunday”, guardate qui:

La tipologia è la stessa. Ragazze così ai sedicenni fanno il cuore a coriandoli e poi li gettano in aria per festeggiare chissà che cosa. A sedici anni, a meno che non ti vuoi suicidare, c’è sempre qualcosa per fare festa.