northern soul

Standard

Si sa, l’effetto sovraesposizione è cosa ben nota, anche in ambito musicale. Ci piace ascoltare in loop i brani di cui ci si innamora, ma alla decima volta si inizia ad averne abbastanza e si passa ad altro. Poi si ritorna sul pezzo, quel pezzo, il giorno dopo, e via così finché la fiamma non si è spenta e se ne accende un altra, per tutti i secoli dei secoli. Repetita iuvant: questa è un’altra teoria, di per sè interessante. Ricordo un mio caro amico dj che, in console durante una festa di capodanno, riuscì ad oltrepassare l’ora, roba da guinness dei primati, mixando una via l’altra tutte le versioni e le cover di “No, no, no, you don’t love me” in commercio. Divertente anche se un po’ nerd.

In genere, ci sono brani composti e registrati nella notte dei tempi, quando cioè io non ero ancora nato oppure comunque non alimentavo ancora l’industria discografica, che sono considerati classici. Anzi, i cosiddetti Classici, quelli che non possono essere messi in discussione. Ed era piacevole sentirli prima dell’avvento delle varie emittenti dedicate alla nostalgia, perché li sentivi molto raramente, sommersi (soprattutto) dalle varie immondizie musicali specifiche di ogni epoca. Ora accendi la radio, ti muovi tra la modulazione di frequenza, e stai certo che il classicone anni ’60 lo trovi, prima o poi.

Ma fino a poco tempo fa le mani su “Ain’t no sunshine” per trasformarlo in un tormentone non le aveva messe ancora nessuno, e se sbaglio correggetemi. Pur trattandosi di uno dei brani più coverizzati di tutti i tempi e più pervasivi nella cultura popolare (date un occhio qui), mi ha sempre dato l’impressione di essere un intoccabile. Da qualche mese non è più cosi. Ogni santo giorno, la melodia di Ain’t no sunshine (in non so quale versione) si insinua tra i binari delle stazioni delle Ferrovie Nord, unico elemento sonoro di una sistema di Digital Signage inutile quanto sottoutilizzato, un susseguirsi di animazioni del Carlo Cudega e messaggi che con le news in tempo reale, di cui gli utenti avrebbero bisogno come il pane, purtroppo non c’entrano nulla. Così, tra una stazione ristrutturata e un quiz a risposta multipla per chi vuol esser pendolare, si diffonde la pubblicità che ha rovinato la verginità di uno dei miei pezzi preferiti, qui sotto nella versione che amo.