non so voi, ma io mi sono commosso

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Il momento clou è stato al passaggio davanti allo stand in cui si spillavano birre e cuocevano salsicce: Bersani è stato invitato a mettersi all’opera e, tra un birra e una salsiccia, il coro che lo ha accompagnato è stato: “Un segretario, c’è solo un segretario”. (da Repubblica)

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epilogo

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Scroccare una sigaretta elettronica. Fare la colletta di spiccioli tramite rid. Domandare informazioni stradali ai passanti. Nascondere i giornalini porno nei cassetti del comò sotto la biancheria per non farsi beccare dai genitori. Cercare una parola sul vocabolario scorrendo il dito sulla pagina. Sono tante le cose che non ha più senso o che non vedremo più fare. Dopo le cabine telefoniche e le cartoline dalle località di villeggiatura, aumenta vertiginosamente l’elenco delle abitudini destinate a svanire. Però non cantate vittoria, voi postmoderni. Perché non è detto che cambiate le abitudini in meglio e raggiunto il successivo stadio evolutivo – cosa che ci si aspetta grazie al progresso e alla capacità di adattamento all’ambiente e alle condizioni socioculturali se non politiche – l’uomo facendo finta di nulla non decida di retrocedere di qualche passo o tornare indietro di una manciata di caselle senza nemmeno aver sorteggiato una carta degli imprevisti. Un regresso sua sponte. E come se non fosse successo nulla certe usanze date ormai per pienamente archiviate e sulle quali si possono costruire persino barzellette, dopo si ripropongono come cibi maldigeriti, come se qualcuno che non è riuscito ad abituarcisi volesse riportarle in auge a discapito degli altri sperando in fattori quali l’appisolamento delle coscienze, la distrazione da altro a cui pensare, il tempo che lenisce ogni ferita e fa cambiare il giudizio sulle cose. La gravità della situazione. Lo spread. Ecco, dico solo che poi uno arriva a un certo punto e si chiede se davvero qualcuno non ci stia prendendo per il culo. E mi riferisco alla apparente volontà del PD di votare per l’elezione di Marini. No, eh, per piacere. A meno che non ci sia dietro una strategia che, noi della base, proprio non c’è verso di cogliere.

se c’era una speranza streamingzita

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Praticamente è come se ve lo stessi raccontando in diretta, più in diretta di un live tweeting.  Negli ultimi dieci minuti sono stato lavato da un’auto che incurante della pozzanghera a cui mi trovavo vicino è transitata a tutta velocità poco prima di rientrare a casa, ho sbattuto la testa contro la maniglia della porta dello sgabuzzino mentre mi toglievo le scarpe inzaccherate di fango e pioggia, ho assistito sul tg3 al fallimento di Pier Luigi Bersani, forse del PD stesso e temo anche dell’Italia intera, ho calpestato con le pantofole il vomito del gatto, inzaccherandole quasi più delle scarpe descritte sopra. Poi mi ha chiamato mia figlia che sta ascoltando la musica chiusa in camera come fanno le pre-pre-adolescenti come lei, ha messo al suo stereo “Sonde” dei Subsonica per ripetere assieme a me quel giochino che facevamo mentre la sentivamo con il lettore mp3 sul treno, con due cuffie e uno sdoppiatore, andando al mare un paio di estati fa, mimando il verso della chitarra con la bocca come se fosse una specie di miagolio. Malgrado sia il verso dei gatti che vomitano. Malgrado venga da vomitare anche a me. Malgrado tutto.

dead man

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Quando uno muore si trova sempre nei giorni a ridosso del funerale qualcuno che sostiene che l’interessato, o meglio il defunto, non è che sia poi morto veramente. Non sto parlando di Elvis Preslely, Bob Marley, Adolf Hitler, Moana Pozzi e tutti gli altri intorno ai quali aleggia il mito della morte auto inflitta per tornare all’anonimato, il cosiddetto suicidio della celebrità, non mi riferisco a questo tipo di sugna per giacobbiti. Solo che c’è spesso qualcuno che è sicuro di vedere la persona che non c’è più che invece c’è, ed è lì a fare qualcosa. Qualcuna delle attività che amici e parenti erano abituati a vederlo svolgere per occupare le sue giornate, raramente invece al lavoro, dietro a una scrivania, al telefono a convincere un giornalista a partecipare a una conferenza stampa. Qualcosa per la quale la persona mancata sarà ricordata dagli altri. Ecco, lo vedo ancora che si aggira lento per la casa in ciabatte con le cuffie wireless calate sulle orecchie che usava per seguire il telegiornale, era un po’ sordo e altrimenti avrebbe disturbato i vicini ma doveva alzarsi per la prostata ogni due per tre, dice uno. Rientro a casa e lo vedo ancora lì seduto in poltrona con i suoi raccoglitori di francobolli in mano, tira fuori i pezzi più rari e controlla se i dentelli ci sono ancora tutti. Li controllava uno ad uno, ed erano operazioni che lo inchiodavano nelle mura domestiche senza limite di continuità, dice l’altro che però si è tratto in inganno usando il tempo imperfetto che fa male alla memoria e fa male ai sentimenti, di conseguenza. Entro al bar e lo sento ancora che litiga con il suo compagno di carte perché è distratto ma è l’unico che gioca con lui e ora, davanti al compagno, il capo squadra non c’è più ma a me sembra che non si sia mosso di lì, dice un terzo. Insomma, il tanto vituperato quarantasette a.k.a. il morto che parla è in fondo qualcuno che ha lasciato se stesso dentro di noi per far sì qualcosa rimanesse anche in sua assenza. Quindi, dichiararlo passato a miglior vita a tutti gli effetti, ci penserei due volte e, almeno, più di tre giorni. Sapete, la politica fa miracoli.

se poi il confronto lo vedi come se non te ne interessasse più nulla

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I dialoghi tra chirurghi e infermieri in sala operatoria sono quasi proverbiali, anzi sulla scollatura tra il disimpegno di quelli con il bisturi dalla parte del manico e la tensione di quelli sotto a nervi e organi scoperti ci sono fior fiore di barzellette. Per non parlare dei più noti serial televisivi che hanno ospedali e presidi di primo soccorso come scenario, dove spesso ironia e sarcasmo trattenuti a stento dalle mascherine anti-contagio servono a stemperare le tragedie umane a cui lo staff cerca di porre rimedio. Io credo che sia una vera e propria strategia. Probabilmente si tratta di una materia segreta che si insegna a Medicina, un esame in “Psicologia del paziente sotto i ferri” di cui però non ne viene divulgata l’esistenza ai non addetti ai lavori perché protetta dal giuramento di Ippocrate, in cui il personale sanitario viene edotto sulle tecniche per distrarre il malato. Fico, come direbbe mia figlia. Il guaio è che dipende dall’argomento della conversazione.

Metti per esempio un dentista e la sua assistente che discutono delle primarie mentre ti stanno allestendo la fase due di un impianto che stai pagando in comode rate mensili. Il dentista lancia l’argomento dicendo che domenica andrebbe a votare Renzi ma non può perché al primo turno si è dimenticato, e gli spiace perché vorrebbe proprio cambiare le facce che governano questo paese. E tu sei lì sotto con tre o quattro dita altrui in bocca, oltre a una cannuccia che ti aspira la bava in eccesso, e intervenire è tutt’altro che agevole. E pure quando l’assistente che interpreta il ruolo della valletta sbadata, chiedendo di quali elezioni stia parlando il suo datore di lavoro. Probabilmente anche quello fa parte del gioco di cui sopra, l’infermiera che per contratto non deve avere il cervello funzionante di più rispetto a quello del professionista maschio e laureato.

Avrete capito che se sono così preparato su questo sketch è perché c’ero anche io. Ero lì sotto e sono rimasto a bocca aperta, è proprio il caso di dirlo. Volevo intervenire su Bersani, che è lui il cambiamento mentre quell’altro è un’infiltrazione populista in un sistema che ha il solo demerito di viaggiare troppo in alto e con troppe complessità rispetto alle abitudini socioculturali di cui ci nutriamo. E che se è vero che non siamo noi a doverci adattare visto che la politica è soprattutto la nostra espressione, è altresì importante non accontentarsi del primo caciarone che parla come il popolo di Twitter, a slogan da max 140 caratteri, solo perché siamo esasperati. Avrei aggiunto anche che è importante superare il modello di igienista dentale che il berlusconismo ci ha imposto, che è più o meno quello che ho sotto gli occhi, e che non è che lo si debba seguire per forza.

Ma a conti fatti mi devo sentire fortunato. Ho tastato il polso e la pancia della Gente con la gi maiuscola proprio a poche ore prima del confronto decisivo tra i due sfidanti al ballottaggio. E mentre l’anestesia lentamente defluiva lasciandomi riappropriare del controllo della parte sinistra del mio volto, durante il confronto di ieri sera su Rai Uno mi sentivo proprio come sballottato tra un primario per merito e uno specializzando che è lì per imparare, che è vero che quello giovane a quell’età altrove sarebbe già presidente degli Stati Uniti, ma quello lì è Obama e questo è Renzi, troppo costruito a tavolino per misurarsi con un paese che di operazioni ne deve subire eccome, e non certo di chirurgia plastica. Ora io sarò imparziale, ma quell’altro a furia di voler fare il simpatico alla fine straccia la minchia, scusate il giro di parole. Cioè mi sembra proprio di tornare indietro, agli anni della ruota della fortuna e di Iva Zanicchi. Insomma, non mi capacito di come un elettore del PD con lo spirito che contraddistingue un elettore del PD possa scegliere Renzi come suo rappresentante, ha fornito risposte di politica estera che avrei potuto dare io. E nel break pubblicitario tra la prima e la seconda parte, tra una stilista mai sentita e l’infografica animata di una supposta inserita nel suo ambiente naturale, lì ho avuto la conferma che il problema in Italia è più ampio, se piazzare uno spot in un prime time televisivo con scontro finale politico sulla rete pubblica ammiraglia costa così poco tanto che al posto della BMW hanno dato spazio all’aziendina che vende abbigliamento tamarro al centro commerciale dietro l’angolo.

Comunque poi alla fine, terminato il mio intervento, gliel’ho detto al dentista che cosa ne pensavo. Gli ho detto di darmi retta, che c’è ancora la possibilità di iscriversi al secondo turno, e che però dovrebbe votare Bersani. Gli ho anche spiegato il perché per quanto mi fosse possibilie muovere labbra e lingua, e lui mi guardava come se davvero mi ascoltasse dire cose sensate. Poi ci siamo salutati e sono andato a recuperare la borsa che avevo lasciato in sala d’aspetto. C’era una famigliola di sudamericani e, come prima cosa, ho controllato se nella borsa c’era ancora tutto.

che poi andranno tutti a votare per i montezemoli e a noi ci lasceranno vuoti, senza nemmeno le consonanti

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Io non li sopporto proprio quelli che non la pensano come me in politica, addirittura quando sento un parere discordante, opposto o semplicemente quelli che devono per forza aggiungere qualcosa al mio punto di vista, ecco, più invecchio e più trovo la cosa irritante. Tanto che ho ridotto al minimo questo genere di discussioni e dal vivo quando la conversazione vira su temi di questo genere fingo di dover andare urgentemente in bagno, in ufficio simulo l’arrivo di una e-mail importante, evito i momenti di confronto e le occasioni conviviali con amici e colleghi in periodi a rischio come le elezioni, le primarie, grandi eventi storici e così via. Potete immaginare di questi tempi, quando a credere ancora alla forza di un movimento di persone unite per sottoscrivere un programma siamo meno del cinquanta per cento contro un esercito di cani sciolti che vedono tutto sempre più uguale a non si sa bene cosa. Sono tutti uguali, ho capito, ma qual è l’archetipo? Andreotti? Comunque, sui social network mi scappa di lasciarmi prendere da qualche discussione, in Internet gioca un ruolo fondamentale la comodità di fare qualunque cosa comodamente seduti sul divano di casa propria come un tempo si potevano prenotare gli attrezzi per esercitarsi sugli addominali o le pentole Mondialcasa o persino i mobili di Aiazzone alle televendite, se non ricordo male. C’era sempre una sorpresa da passare a ritirare insieme. Ma al terzo tentativo fallito di convincere l’interlocutore o l’uditorio sul fatto che io ho oggettivamente ragione e che lui/loro non capiscono un cazzo mi rammento della mia disaffezione forzata verso il genere umano oltre la porta blindata di ingresso di casa mia. E il vantaggio insuperabile della rete è che così bastano due clic e non è successo nulla. Questo mood generale spiega cose come l’assenza completa di elettori del centrodestra e oltre dalle mie frequentazioni occasionali, per non parlare delle amicizie. Ho avuto una fidanzata che votava di là proprio come il protagonista di questa storiella qui che mi somiglia moltissimo, un’altra da ragazzino che aveva il papà molto craxiano e lo ho pure votato alle amministrative, sapete vero la boutade dei motori da traino alternativi ai più tradizionali erbivori. Voglio dire, condividere un progetto di vita su valori così distanti è impossibile, per non parlare al lato pratico di cose concrete e delle scelte quotidiane. Magari hai un amico di destra e un giorno te lo trovi come aguzzino in un posto come Garage Olimpo o che ti butta giù dall’aeroplano sull’oceano e non è bello, insomma può essere imbarazzante. Tanto quanto quelli che sostengono chi ha sostenuto Marchionne o pensano che il cambiamento sia da prendere così, basta che scenda uno che dica che vuole cambiare le cose che tutti gli esasperati gli dicono che sono con lui, la vita è adesso, cambiamo il cambiabile e non solo. Dai, su. E in periodi come questi mi verrebbe da litigare con tutti e lo farei se la paura di prendermi un pugno in faccia non superasse la verve polemica, anzi è ancora la rete a venire in soccorso dei pavidi come il sottoscritto che al massimo rischiano un defollow. Un unlike. Una trollata. E così mi viene da scrivere cose come questa che sta per volgere al termine anziché scrivere una analisi più precisa sul significato di questo primo turno. Ma non ne sarei in grado, meglio lasciare a chi lo fa di mestiere. Ubi maior, popolino.

antropologicamente diversi

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Chiediamo una legge sui partiti che garantisca bilanci certificati, meccanismi di partecipazione e codici etici, pena l’inammissibilità a provvidenze pubbliche o alla presentazione di liste elettorali. A differenza di altri, noi abbiamo già fatto molto per predisporci autonomamente a quella prospettiva. Abbiamo in vigore un codice etico più restrittivo rispetto alle garanzie del percorso giudiziario. Abbiamo recentemente approvato un codice da sottoscrivere da parte dei nostri amministratori per garantire trasparenza dei loro redditi e nelle procedure di appalto e di gestione del personale. Abbiamo applicato per i candidati alle recenti elezioni il codice suggerito dalla commissione Antimafia. Unico fra tutti i partiti italiani, fin dalla sua nascita il Partito democratico sottopone il proprio bilancio ad una primaria società indipendente di certificazione.

Sul Corriere una lettera di Bersani che fa la differenza.

you’ll never walk alone

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poli di opposizione

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Bersani, nell’intervista odierna su Repubblica, annuncia l’avvicinamento del PD verso il Terzo Polo, il che congelerebbe le primarie. Spunti a confronto: Civati e Bracconi. Come non dar ragione a entrambi.

 

 

 

 

potrei anch’io fare il presidente, ma sto con lei e non mi manca niente

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L’erba del vicino è sempre più verde? La politica in Inghilterra cita gli Smiths, mentre da noi si usa Neffa come inno. What difference does it make? Tsk.