esterofilia canaglia

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Nella piazzola qui a fianco, al posto dei torinesi con la tv e i figli con gli asciugamani di Ben 10, è arrivata una famiglia di tedeschi. Madre e padre hanno la mia età, grosso modo. Lui è in formissima, e in quattro e quattr’otto ha messo in piedi un vero e proprio campo da bivacco super-attrezzato completo di gazebo di ogni tipo e amaca. La mamma, malgrado le cinque gravidanze, è un fuscello. Già, cinque figli. Con sè ne hanno quattro, tra i dodici e il più piccolo che ha poco più di un anno, inutile sottolineare che è già autonomo e sa indossare correttamente nel giusto verso il costumino da bagno. Poco più in là c’è il figlio mancante, sui diciott’anni con un Wolkswagen Transporter tutto suo e la tenda montata a fianco, viaggia con la fidanzata ma ha comunque scelto il campeggio con i genitori e il resto della famiglia.

Alle sette del mattino il padre e una delle figlie sono sulla sdraio a godersi l’alba, entrambi abbiamo la piazzola fronte mare. Quindi rientra nel camper, dal cui ventre estrae un kit per l’allestimento di un campo regolamentare da pallavolo. Pali componibili dotati di tiranti per la perfetta messa in verticale, rete, nastro da fissare sulla sabbia per delimitare l’area di gioco. Poco dopo è tutto pronto e arriva uno dei figli piccoli, si mettono a giocare e si vede anche da qui che devono essere giocatori praticanti, voglio dire il bambino batte già da sopra (la palla è quella rigida) e schiaccia che quasi non riesce a prenderle nemmeno il papà. Si divertono alla grande, e penso chissà se il campo sarà a disposizione del resto del campeggio. Non a caso, cessate le ore più calde della giornata, i nostri nuovi vicini coinvolgono altri campeggiatori sulla spiaggia e organizzano un mega torneo di beach volley a squadre. Durante ogni incontro tutti gli altri, giuro che ci saranno una trentina di persone tra adulti e ragazzi, siedono ai bordi del campo in attesa del loro turno e seguono la partita, applaudendo e facendo il tifo. Tra i giocatori ci sono anche il figlio maggiore con la fidanzata, appena rientrati da una giornata di cicloturismo dedicato alla visita dei nuraghe della zona.

Al termine del torneo, tutti insieme smontano la rete e la ripongono ordinatamente nel contenitore, probabilmente non la si può lasciare montata di notte, e la famiglia tedesca rientra nel camper, per la doccia e la cena, alla fine della quale il padre ha estratto un enorme telo bianco e lo ha appeso sulla corda tesa tra gli alberi che delimitano le nostre piazzole. Forse si è sentito osservato.

uber alles

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Gli aneddotti sugli stranieri in vacanza versus italiani in vacanza sono un tormentone estivo vecchio quanto l’unione europea, la libera circolazione dei cittadini comunitari o, almeno, la moneta unica. Ogni nucleo familiare ha i suoi, e sono certo ci siano quelli meno esterofili, che si concentrano sui sandali con i calzini, sulla pasta usata come contorno o sulle carnagioni che passano dal bianco latte al rosso prosciutto crudo senza tonalità intermedie. Ci sono quelli che invece sono più esasperati dai propri simili, un motivo per tutti è aver permesso, tramite il diritto di voto concesso indifferentemente, governi come gli ultimi eletti dal 94 a oggi, e si sentono, anche solo un po’, inferiori nei confronti di nazioni a caso che hanno integrato interi Paesi poveri da cui erano stati separati dopo la Seconda Guerra Mondiale e di averli assorbiti nel giro di poco tempo.

Per esempio, all’imbarco dei traghetti per la Corsica. Tu sei lì con la tua ovomobile stipata di trolley, giochi da mare in plastica, snack farciti di conservanti e coloranti, ma fiero delle tue Geox. Al massimo in tre, i genitori già over quaranta con un figlio/a sotto i 10 – spesso abbondantemente -, ti posizioni in una colonna di auto e scendi e, come prima cosa, ti stiri la schiena perché già tre ore di viaggio su quel cassone iniziano a farsi sentire. Ed ecco che arrivano loro, sul Transporter o sul Caravelle di colori sgargianti, almeno in cinque, genitori trentacinquenni con almeno un figlio/a di 12 anni seduto a fianco del padre alla guida. E sì, magari vestono in canottiera e sandali da scogli, però quando aprono il portellone del furgone dietro vedi il resto della famiglia. Madre, figlio/a di mezzo sugli 8 anni e terzogenito, intorno ai 4. Il furgone è ordinatissimo e dietro sembra un salotto, i sedili sono uno di fronte l’altro, in mezzo un ripiano con un gioco da tavolo, canoe sopra e bici legate dietro.

Sulla nave sembra che pochi di loro abbiano preso anche la cabina, allestiscono mini-campi sul ponte o nei corridoi completi di tutto, a differenza di noi che una notte senza un materasso può pregiudicarci il resto della vacanza. E non credo lo facciano per problemi economici.

In campeggio sono i primi a svegliarsi. Mentre stai convincendo tua figlia ad alzarsi, loro tornano dal minimarket con il pane fresco e il latte. I nonni rientrano dal quotidiano giro in bicicletta, bici da corsa con tanto di caschetto, il tempo di fare una doccia e sono già seduti a imburrare fette di pane da ricoprire con miele e marmellate, mentre noi si è ancora lì con caffelatte e biscotti. Prima di andarsene sulla spiaggia, i loro figli hanno la consegna di lavare piatti e stoviglie, a qualsiasi età, e si mettono in fila verso i bagni. Attività che invece, da questa parte, svolgo soventemente io, mia figlia è troppo occupata a leggere e non si può disturbare.

Arriva poi l’immancabile famiglia Bradford. Il furgone è più grande, e quando scendono capisci il perché: genitori e sei o sette figli, tra i 2 e i 14 anni, e quando fai amicizia con loro, il cui inglese, pur non essendo la loro lingua, è costantemente mille volte meglio del tuo, chiacchieri con la madre e ti rendi conto di cosa significhi avere un welfare e rispettarlo pagando le tasse. Nel frattempo il campeggio sembra già una colonia per bambini, la maggior parte non italiani. La sera si riuniscono tutti insieme, sono la metà di mille, e organizzano in quattro e quattr’otto – pur parlando lingue diverse – giochi nella natura. Un sera li vedi con le torce in un ibrido tra una caccia al tesoro e nascondino, in mezzo alla macchia all’interno del campeggio. La sera dopo sono ancora tutti insieme sulla spiaggia: i più grandi, ancora preadolescenti, stanno costruendo una capanna indiana con le canne che hanno trovato vicino agli scogli. C’è anche un telo abbandonato che viene subito riciclato come tenda. Qualcuno chiama il papà che accende un fuoco, e i bambini si mettono lì intorno a raccontarsi a gesti e a versi chissà quale storia di fantasmi. Ci sono solo un paio di ragazzini che non stanno giocando con loro, si sono fermati nella sala giochi insieme al padre, c’è una partita di calcio in tv, il padre per seguire in santa pace l’incontro gli rifila continuamente monete per i videogame. E sono gli unici. Indovinate un po’.