che rabbia

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Serena mi viene incontro sfoggiando un vistoso paio di occhiali da sole e da quel particolare capisco che c’è qualcosa che non va. Quel cucciolo di non-so-che-razza che si è accollata in casa la trascina per accelerare l’incontro con me e saltarmi addosso con quell’entusiasmo fuori luogo e spesso incontenibile che hanno i cani quando sono piccoli. Io con i cani non mi trovo a mio agio, anzi proprio non li sopporto, ma Serena mi piace e stiamo insieme da poco. Se le confessassi il fastidio che mi provoca avere animali in prossimità taglierebbe ogni contatto senza tanti complimenti.

Il cane però si blocca improvvisamente distratto da una di quelle cose che vedono o sentono solo loro, forse è la pipì di qualche suo collega lì da qualche parte. Serena rilascia di qualche mandata il guinzaglio che è di quelli che si arrotolano come i cavi dell’aspirapolvere, mi si avvicina e allora noto le chiazze che le ricoprono il viso e le braccia nude. Si sfila i Ray Ban e non vi dico in che stato sono gli occhi. Mi racconta che la bestia che in questo momento sta scorrazzando ai nostri piedi le ha attaccato non so quale malattia. Non è grave, ma insomma. Potessi scegliere, cercherei di non farmi contagiare, se devo dirla tutta. Le prude dappertutto e vede persino annebbiato.

Cerco di ricordarmi se il suo nuovo cane mi ha azzannato anche per gioco ma mi sembra di no, e se avessi contratto lo stesso disturbo probabilmente mi si sarebbe già manifestato. La trasmissione delle malattie dagli animali è un processo che, pur naturale, mi mette a disagio. Non che farsi infettare di qualcosa da un essere umano non sia da meno, però mi dà l’idea che il nostro organismo sia più reattivo, in questi casi. Balle. Mi viene in mente infatti come ho dato di matto quando Giada mi aveva avvisato al telefono di un fungo che mi aveva passato potete immaginare in che modo e che, per guarire entrambi, avremmo dovuto curarci insieme. Era l’idea in sé che disapprovavo, io con Giada proprio non volevo imbastire nessuna storia e la necessità di condividere un aspetto così intimo rovinava tutti i miei piani di gestione superficiale della cosa.

Con Serena è diverso e, infatti, quando sento i risvolti di quello che le è successo mi prende la rabbia ma quella umana che è difficile da controllare, non quella canina che è tutto un altro paio di maniche. Il dermatologo a cui si è rivolta per avviare una terapia e guarire le ha chiesto di spogliarsi completamente. Voleva controllare la presenza di macchie anche a ridosso dei genitali. Lei per prima è rimasta perplessa da tale scrupolosità ma non se l’è sentita di chiedere spiegazioni su quell’approfondimento così imbarazzante. Ora, con suo papà che è medico, sta valutando se prendere provvedimenti e consultare un avvocato per sporgere denuncia. Il cucciolo che ha scelto al canile municipale non si rende conto dei danni che sta recando a lei, a me, a noi. Per creare un maggior contatto emotivo con Serena mi chino ad accarezzare quell’inutile passatempo semovente e lui, come prima cosa, mi restituisce con i denti sul dorso della mano tutta la mia diffidenza.

finestre aperte, sensi spalancati

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Ci sono buone possibilità che i miei chemiorecettori distribuiti sulla superficie della mucosa nasale stiano subendo una evoluzione dovuta a tutti i fattori che conosciamo – inquinamento, effetto serra, scie chimiche, gruppi bilderberg e sirene varie – ma è molto più plausibile che il vostro gusto in fatto di profumi stia cambiando perché rispetto a prima, e smentitemi se ne avete le prove, sono molto più forti, più intensi, più barricati direi, se sapessi che cosa significa esattamente. In ascensore c’è da sentirsi male. Per strada rimangono scie gassose inalterate malgrado le trombe d’aria. L’altro giorno mia moglie ha provato una crema dell’Erbolario sul dorso della mano e non è andata più via fino a sera. Chiaro che è meglio morire soffocati da traumi olfattivi, pensati per il piacere dei sensi, rispetto alle secrezioni naturali cui siamo soggetti e che spesso, specialmente nella bella stagione – bella a chi? – omettiamo di coprire. E se la smettessimo di tenere gli occhi ad altezza short riusciremmo anche ad associare essenze a personalità, non trovate? Io invece che sono uno puro e guardo solo in alto, ad altezza attico per intenderci, sono un appassionato di tetti (niente battute please), stamattina ho avvertito un orologio a cucù suonare le otto con il caratteristico verso e il mio caratteristico incedere mi ha permesso di individuare immediatamente la finestra da cui il suono proveniva. Mia nonna, come tutte le nonne, ne possedeva uno ma non ricordo come si facesse a disattivare l’uscita dell’uccellino meccanico nelle ore notturne. Forse non si poteva ma non ne sono sicuro. Comunque mi ha sorpreso il fatto di sapere che nel 2014 nelle case di qualcuno di voi si possono ancora trovare dispositivi meccanici d’altri tempi, con le pigne e le catenelle per dare la corda. E così alla fine, prestando attenzione all’origine di quel suono che scandiva il tempo, non ho visto una anziana signora che faceva giocare un ingombrante incrocio di husky con non so quale razza, tutto bardato da cane d’accompagnamento anche se la signora, che zompettava con un galletto di gomma in mano sfidando il cane a mollare la presa, sembrava tutt’altro che bisognosa di essere accompagnata. Anche il cane puntava la finestra del cucù, così per scusarmi per il fatto di averlo scontrato mentre tenevo il naso per aria l’ho accarezzato. La signora si è avvicinata per proteggermi temendo chissà che cosa, questo mi ha permesso di sentire la fragranza di un’acqua di colonia di altri tempi, quelle alle essenze floreali che un tempo si usavano e che in campagna attiravano le vespe. Ecco, forse le nuove profumazioni sono pensate apposta per tenere alla larga tutti gli insetti che, con i cambiamenti climatici, oggi popolano le nostre latitudini. Un amico, che lavora nel centro di Milano, si è trovato un geco – che lo so che non è un insetto è ma per farvi capire che non si capisce più niente – in ufficio, per dire. Molto più strano di un orologio a cucù nel 2014.

bestialità di agosto

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Ancora a proposito di aggiornamenti, il gattino che avevo eroicamente strappato a un destino crudele lungo un’autostrada toscana ora è un gigantesco felino che vive a casa di mia cognata, io non avrei potuto tenerlo visto che ne ho già due. Probabilmente porta i segni dell’esperienza di aver viaggiato incastrato in una feritoia di un’automobile, nel senso che non ha proprio un carattere addomesticabile. Comunque a suo modo è affettuoso. Ha persino subito una confusione di genere, nel senso che si pensava fosse una gattina e per qualche mese è stato chiamato con un nome femminile, fino a quando l’appartenenza è risultata inequivocabile così gli è stato affibbiato un nome maschile ma sempre terminante con la lettera a, forse per mitigare un passaggio transgender che lo avrebbe frustrato ulteriormente.

Invece non so più nulla del caro vecchio cane che aveva infilato l’ascensore per errore trovandosi poi in un appartamento simile a casa sua ma sistemato diversamente. Ho cambiato ufficio da un anno circa e non ci siamo più incontrati. Spero che lui (o lei) e relativo padrone che, come si dice, si assomigliano in tutto e per tutto continuino il loro menage quotidiano fatto di attese, per uscire e tornare a casa, perché in fondo la vita è così e ce ne accorgiamo se sbagliamo piano.

Avere cani d’altronde è una grossa responsabilità, e se vi ricordate bene il mio rapporto con il più fedele amico dell’uomo è piuttosto variabile soprattutto quando vado di corsa e devo per forza attraversare luoghi frequentati da chi li porta a spasso. A volte invece ho proprio paura perché fanno paura i loro proprietari, e quando te ne ritrovi uno che si è perduto – nolente o volente – è sicuramente da maneggiare con cura. C’è poi il dolore di quando cani e animali in genere si separano da noi, e lì ci accorgiamo del valore dell’esperienza di averli adottati. Se siamo quel che siamo, in fondo, è anche grazie a loro.

Quanto ai miei, di animali, anzi, di felini, ogni tanto spargo notizie e foto qui e là. Tutto sommato fa piacere averli per casa, un po’ meno notare che non perdono le cattive abitudini di svegliarmi a ore assurde, fino a quando combinano disastri o svomitazzano il cibo sul pavimento e allora devo rileggermi storie come queste per ricordarmi il motivo per cui ho deciso di condividere i miei spazi con loro.

quel pomeriggio di un giorno da cani

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Non entrate! Non entrate! Una mamma con un neonato addormentato nel marsupio e il figlio grande per mano lancia l’allarme rivolta all’altro lato del cortile antistante la scuola materna. Ma dalla parte opposta, la ragazza che ha già la mano destra sulla maniglia del cancello, arrivata qui da poco più di un anno dal Bangladesh, non capisce che l’avvertimento è rivolto a lei o forse quello lo coglie ma non comprende il significato. Per fortuna avverte il tono di pericolo, così si ferma trattenuta anche da un papà che le afferra la spalla. Nel cortile è entrato un cane visibilmente agitato e confuso, non sembrerebbe nemmeno particolarmente agguerrito se non fosse per il suo aspetto che i più associano alla minaccia. Si tratta di un esemplare di quella razza di cui non ricordo mai il nome, una di quelle elencate tra i cani che si trovano alla voce “da combattimento”. Pelo bianco corto, muso allungato, occhi lunghi, sottili e separati in un modo che a me ricorda il viso di Alessia Marcuzzi, e prima di trovare, ogni volta che mi capita, su Google il nome giusto che è Pitbull, li chiamo sempre così. Mi rendo conto di essere ingiusto nei confronti della popolare presentatrice televisiva e non me ne vogliano i fan. Da notare che terminata l’urgenza di avere l’informazione, il dettaglio torna nel dimenticatoio tra tutti gli altri nomi di razze di cani di moda.

Comunque, il cortile in cui si sta svolgendo la scena ha entrambi i cancelli chiusi ma è delimitato da una protezione bassa, che chiunque, anche un cane, facilmente salterebbe con un po’ di rincorsa. Nonostante questo, essendo l’ora di uscita, grandi e piccini stanno lì intorno a guardare quelli in strada che sembrano darsi da fare per risolvere la situazione. Il vigile urbano, preposto all’attraversamento pedonale nelle ore di afflusso e deflusso studenti, entra nel ring con un guinzaglio in mano, si vede che ha paura e il cane gli osserva con la lingua penzoloni la divisa blu. Dall’ingresso dell’asilo esce una donna vestita da clown con un bambino per mano, è una mamma che arrotonda lo stipendio facendo l’animatrice alle feste di compleanno. È già pronta per andare in scena tranne che per le scarpe e la parrucca, probabilmente i suoi figli si divertono un mondo a tenere per mano una mamma con il cerone colorato sulla faccia e i compagni li invidiano un po’. Chissà. Il clown estemporaneo appena si accorge di quello che sta accadendo con un gesto atletico rientra di corsa nell’edificio e mette al corrente le bidelle. Perché nel frattempo il vigile, che non è riuscito a legare il guinzaglio al collare del cane, ha estratto la pistola e la sta puntando all’animale tra il fuggi fuggi generale. I casi sono due: o il vigile assiste bimbi e accompagnatori con il colpo in canna o è convinto che il cane possa intimidirsi per una pistola puntata contro di lui credendola carica. Forse sono queste le cosiddette scacciacani, armi finte che le punti alle belve e loro si ammansiscono. Ma non credo. O semplicemente il vigile con la pistola in mano, anche se scarica, si sente più forte. L’agente e il pitbull ingaggiano un balletto, non saprei dire quale dei due fa più ridere. Finché arrivano i rinforzi, in borghese tanto che non si capisce a quale corpo appartengano, forse sono soltanto due amici degli animali randagi, qualche associazione che se ne prende cura. Il più giovane con estrema rapidità aggancia il guinzaglio, lega il cane e assicura l’altra l’estremità alla ringhiera. Gli spettatori cominciano a defluire, i bambini si precipitano a raccontare ai compagni usciti dopo di avere visto da vicino una pistola vera.

non mi Fido

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I cani a volte mi si lanciano tra i piedi abbaiando mentre sono a correre. Uomini e animali purtroppo condividiamo lo stesso terreno di gioco e di sfogo anche se, a dirla tutta, loro avrebbero un’area del parco recintata e riservata, che poi è la più bella perché comprende anche una collinetta, ma i padroni dei cani sono spesso più indisciplinati delle bestie e vogliono vivere il loro rapporto con il cane in piena libertà. Ma la loro libertà deve finire prima che passi io di corsa altrimenti perdo l’equilibrio e cado e riempio di improperi il proprietario, e non vi nascondo che quando il cane è di piccola taglia e mi si lancia contro per mordermi le caviglie, mi viene voglia di sferrargli un calcio. Ma so che perderei la stima dell’Internet, che notoriamente è animalista, a parte i ragazzetti che scuoiano i conigli e girano il video facendo finta di aver trovato feti di alieni o quella storia dei gattini bonsai che poi era una bufala. Diciamo che se un cane di piccola taglia tenta di mordermi e mi scappa un calcio poi non ci scrivo un post su, ma mi tengo la barbara esperienza per me. Fermo restando che se il cane e/o il padrone sono di grossa taglia ben me ne guardo anche solo dall’accennare una qualsiasi reazione. E fermo restando che mi piacciono molto i cani, specie se hanno la museruola e li vedo in tv o al cinema.

Poi ci sono i cani in fila nella via dietro al mio condominio; una decina di villette a schiera di periferia, tutte con cane da guardia. E quando un cane straniero passa davanti con o senza padrone, ecco partono i latrati di disappunto, quella che proverbialmente viene definita una cagnara. Dal primo all’ultimo, una decina di cani che si passano l’avviso “hey sta arrivando un intruso”, ma nella loro lingua probabilmente il concetto deve essere ripetuto almeno da mezz’ora prima fino a mezz’ora dopo il misfatto. Sapete, no, che molti umani portano le loro proiezioni di fedeltà a scaricarsi la mattina presto. Il concerto quotidiano prima dell’alba purtroppo è sempre lo stesso, non riesco mai a cogliere sfumature o una mano diversa nella conduzione del coro.

E non posso non terminare questo prezioso intervento con un ricordo dell’unico cane che ha fatto breccia nel mio cuore, un pseudo border collie di proprietà di una mia ex fidanzata che mi saltava addosso leccandomi ovunque acriticamente (il border collie, non la ex fidanzata) ogni volta che entravo in casa sua, e che di sicuro mi amava più della ex fidanzata stessa.