vieni a vivere con me

Standard

Convivere per vedere come vanno le cose e simulare il ménage matrimoniale, quella scusa che adottano le coppie quando uno dei due non si sente ancora pronto per fare le cose serie (o entrambi, perché no), non è che non serva, è che i futuri sposi (e intendo binomi m+f, f+f, m+m, chiaro) spesso sbagliano il raggio entro cui effettuare il periodo di test. Le affinità sono sicuramente su quello che piace e quello che no, obiettivi, grandi temi della vita da condividere, attitudine alla complementarietà, film e dischi e scrittori, ma nel lungo periodo non sono certo queste cose a dare una marcia in più e a mantenere vincente un rapporto a due. Credo sia invece importante motivare le giovani start-up familiari a provare la compatibilità in situazioni più pratiche. Provate ad acquistare un’auto usata insieme, per esempio. O a far finta di dover supportare un figlio nella scelta della scuola superiore. Provate a immaginare di avere un genitore alla frutta o improvvisamente di iniziare a russare con un timbro da basso tuba. Oppure siete nella fase in cui un certo livello di stress vi fa puzzare i piedi, o magari di colpo una nuova tecnologia inebetisce il più debole della coppia a un livello senza ritorno. I gatti che si ostinano a svegliare solo uno dei due o una certa incolmabile lacuna in attività utili a risolvere piccoli problemi della quotidianità che prima passava in secondo piano grazie all’estro o ai residui di una dose post-adolescenziale di creatività artistica. Il sovrappeso o l’azienda che ti lascia a casa senza tanti complimenti. Insomma, tutto quello che in una nota cerimonia viene sintetizzato con la formula della buona e della cattiva sorte. Ma il problema è che non ci si deve certo lasciarsi andare al pessimismo o anche solo al realismo, quando sboccia l’amore, quello è il tempo della costruzione della vita in comune e di trombare come ricci. Se mi chiedessero però di lavorare a un corso pre-matrimoniale, come quelli che si fanno con il parroco, ecco, io mi concentrerei su un efficace training rigorosamente laico sulla coppia nel lungo periodo, e quelli che comunque alla fine tutto quello che abbiamo detto sopra si supera o anche non si supera ma non ha valore poi ai fini dell’amore, ecco sono loro, siamo noi anzi che avremmo diritto a una cattedra ad honorem.

uno dei peggiori assortimenti uomo-donna mai visti, nemmeno in the lobster

Standard

Appena saranno disponibili su Internet le quote del film “The Lobster” potremo citare nella sua esattezza il passaggio in cui l’affascinante leader dei solitari, che presto vedrete (io no di certo) anche al fianco di 007, consegna a Colin Farrell un lettore cd portatile con tanto di cuffiette da walkman vecchio modello con della musica elettronica che è l’unica che i solitari possono ballare in quanto si balla da sola. Per il resto non c’è molto da dire su una sceneggiatura piuttosto pretenziosa messa in mano a un regista un po’ meh se non che questa cosa delle affinità elettive come condizione necessaria e sufficiente all’accoppiamento ha comunque un suo fondamento.

Si tratta di una posizione a difesa della quale faccio sempre l’esempio di uno dei peggiori assortimenti della storia dell’umanità umana che è quello tra una donna campionessa sportiva o atleta praticante che si mette insieme a un uomo poco avvezzo all’attività fisica e anzi, piuttosto incline a pratiche tutt’altro che salutistiche come sigarette e canne, birra e musica sociale, laddove per musica sociale intendo proprio quella che – a differenza della musica elettronica – anche se non è che si balla avvinghiata a un partner prevede comunque un certo scambio emotivo con il prossimo.

Verrà infatti il giorno della resa dei conti dopo i fasti delle prime settimane di relazione, quelle in cui le persone che stanno insieme da poco vedono le caratteristiche altrui come veri e propri tesori da conoscere pezzo per pezzo. Verrà il giorno della resa dei conti, dicevo, in cui la donna campionessa sportiva o atleta praticante comprende che la vita dissoluta del neo-partner fatta di sigarette e canne, birra e musica sociale è potenzialmente in grado di destabilizzare la vita di una campionessa sportiva o atleta praticante e quindi, e mi rivolgo a noi maschi poco avvezzi all’attività fisica, cercherà di convincervi a fare qualcosa per migliorarvi.

Vi coinvolgerà intanto tra i suoi amici che sono tutti campioni sportivi o atleti praticanti che vi indurranno a un complesso di inferiorità per la loro condizione fisica fatta di postura impeccabile, addominali naturalmente scolpiti dal tempo passato a dedicarsi anima e corpo a uno sport nobile in quanto minore come judo, pallanuoto o pattinaggio artistico, vi coinvolgerà – dicevo – e lo farà per dimostrarvi come è bella l’umanità che si sente in forma. Quindi vi inviterà ad andare a correre insieme. Anzi, prima le camminate. Poi la corsa con pessimi risultati da parte vostra che avete i piedi poco avvezzi alle scarpe tecniche (perché vi costringerà anche a spendere un patrimonio in attrezzatura tecnica) dopo decenni di anfibi, vi trovate fianchi e stomaco rilassati per la vostra attitudine a bere alcolici in ogni occasione e a nutrirvi di roba dove e come capita, e avete il fiatone già dopo una rampa di scale.

E quando la donna campionessa sportiva o atleta praticante avrà compreso quanto sono inconciliabili due mondi agli antipodi come lo sport praticato e la vita da artista scapigliato che vi contraddistingue, si metterà con quel suo amico campione sportivo o atleta praticante che aveva più volte esercitato su di voi la sua superiorità fatta di tricipiti (muscoli di cui voi non siete nemmeno probabilmente provvisti) e appunto di addominali naturalmente scolpiti. Il mio consiglio è quindi, non appena conoscete una donna e questa vi piace, chiedetele proprio di lasciarsi tastare gli addominali prima di qualunque altra parte del suo corpo e se sentite una certa durezza scappate veloci nella foresta dei solitari, finché siete in tempo.

separati in camper

Standard

Nella fiction d’antan nei camper ci abitavano solo i tipi un po’ radical chic come Alonzo Gates, vulgo Gonzo, il dottore reduce dal Vietman e dalla serie tv M.A.S.H. poi innestato nello spin off “Trapper”, e se vi ricordate tutto questo condividete con me il decennio di nascita. Nella realtà ci vive stabilmente solo qualche marito separato che magari nello spirito avventuroso dell’outdoor forzato al parcheggio del parco ci trova anche lati positivi. Ma che tristezza, pensa vedendolo la famigliola reduce da una festa di compleanno a cui ha accompagnato il figlio in età da scuola primaria e che rientra sbuffando il vapore nel freddo e inalando in cambio quel pesantore chimico dell’hinterland che non ho mai capito se sono fabbriche o banale concime da agricoltura. Ma che tristezza, pensano quella madre straniera con le due figlie che prima ho visto camminare al buio in una strada di quelle che nessuno percorrerebbe a piedi a meno che non si abbiano i soldi per permettersi un’automobile ma, malgrado ciò, non si può certo negare il divertimento domenicale alle proprie ragazze. Più pericolosi di loro ci sono solo gli africani che vanno in giro di notte in bici, impossibili da identificare nel buio, e quel magrebino che avevano beccato in autostrada e che, con la sua mountain bike, voleva arrivare prima a destinazione evitando così le vie più trafficate. A risollevare le sorti di quel residuo di weekend di periferia c’è però la targa del camper che finisce sardonicamente come una risata, AH, che la dice lunga sul motivo per cui quell’uomo vive lì da solo. Avrebbe dovuto documentarsi prima, giusto? L’affinità di coppia, almeno la sua, si evince dalla frequenza con cui si ricevono le chiamate del partner in momenti poco opportuni, come quando sei carico di borse della spesa e stai cercando le chiavi impegnandoti a non far cadere nulla e ti squilla il cellulare nella tasca interna della giacca chiusa pure con la zip. Oppure mentre ti stai recando da qualche parte in cui non sei mai stato e ci stai arrivando proprio grazie al navigatore di Gmaps e ti arriva la telefonata in prossimità di un incrocio, e non sai che con gli smartphone si possono fare due cose contemporaneamente ma, comunque, la casualità stessa ti innervosisce.

Vedo così attraverso la finestrella il camperista single di ritorno con la lampada da campeggio accesa leggere una copia ormai obsoleta della Gazzetta, i giochi calcistici alle sei del pomeriggio del giorno di festa ormai sono tutti fatti. In più, con l’avvicinarsi dell’ora di cena, lo stomaco che si stringe nei crampi da nostalgia per alcune strategie di vita di coppia, come il trucco di comprare sempre due bottiglie di birra da 50 cl, una a testa che però a meno di accompagnarsi a una beona, l’uomo riesce sempre a spuntarne anche la metà della seconda. Poi quei grandi dubbi senza risposta: il plurale di mouse nel senso della periferica da computer desktop è mice? O perché non si produce direttamente cibo per gatti con la carne di topo, visto che decenni di cartoni animati ci hanno forgiato su credenze di questo tipo? Mi allontano verso casa perché mi assale troppa angoscia, e per tirarmi su mi canticchio tutti quei motivetti italiani che possono essere adattati alla ritmica degli slogan da corteo politico impartiti dal capo della manifestazione con il megafono, e mi viene benissimo con “Su – di noi – nemmeno una nuvola / su – di noi – l’amore è una favola”, tanto sono in macchina e fuori non se ne accorge nessuno.

in caso di maltempo

Standard

Camminavano insieme dandosi il braccio, sotto un ombrello. Per questo ho rallentato il passo in modo che non mi vedessero, per non metterli in imbarazzo. Perché l’ultima volta in cui avevo incontrato una donna e un uomo non ufficialmente e dichiaratamente legati da relazione sentimentale lui ha passato quei terribili – per tutti – cinque minuti a dirmi dov’era la fidanzata e che erano in quel bar per caso, giusto un aperitivo e stop. Un’altra volta invece altri due erano entrati in un pub dove stavo consumando un panino e una birra, anche lì ho fatto finta di non vederli e così, quando loro mi hanno riconosciuto, pur essendo già seduti, si sono alzati e se ne sono andati. Lei stava con un mio caro amico che faceva il sottufficiale di leva e non era corretto per nessuno. Così poi lei lo ha scaricato poco dopo, durante una licenza, spero non a causa mia che di certo avevo intenzione di farmi i fatti miei.

Ma quella volta, quella dell’ombrello, io nemmeno avevo pensato subito che il tenersi sottobraccio al riparo dalla pioggia potesse essere un gesto così intimo, un tetto mobile che induce allo stare a contatto così stretto ma solo perché si tratta di un modello da donna, quelli che si compattano per essere portati sempre nella borsetta. Lei stava da anni con un ragazzo del suo paese ma flirtava spesso con un collega di lui, che era uno di quegli informatici scapoloni poco aggraziati che raramente spezzano cuori sul posto di lavoro. Lui aveva una relazione da anni con una ragazza più grande e molto bella e mai avresti detto che qualcuno come lei, carina ma niente di che, sarebbe riuscita a distrarlo. A tutti gli effetti sembrava una cosa molto complicata da mettere in atto e con una serie di variabili che ne rendevano quasi nulle le possibilità di riuscita. Ed è stato questo che mia ha fatto riflettere. Ricordo di averne parlato con una amica comune che mi ha detto che poteva trattarsi di una cosa così, due che si lasciano cogliere all’improvviso da un rovescio d’acqua e si alleano per non tornare in ufficio fradici dopo il pranzo. Ma lei era stranamente rosa sulle guance ed era aggrappata a due mani al suo braccio, mentre lui non sembrava affatto a disagio della vicinanza della sua bocca mentre gli parlava. Ieri sera hanno festeggiato l’arrivo dell’anno nuovo in casa da soli, con il loro bimbo di dieci anni e qualche linea di febbre per cui era meglio non rischiare il freddo. Non gli ho mai detto di averli visti di nascosto, una vita fa, ho sempre considerato quel momento mio e molto personale e non so spiegare il perché.

in fila per due

Standard

Capita a tutti, anche a noi. Mi attardo a controllare qualcosa in macchina mentre mia moglie si avvia con la borsa dei teli da mare e l’ombrellone in spalla e procediamo così per qualche minuto, lei davanti e io dieci metri dietro e quando ci succede mi affretto e la avviso. Guarda che siamo insieme, le dico, così si ferma, mi aspetta e proseguiamo allineati. Oppure a spasso, lei si sofferma ad ammirare una vetrina e io che ho una pessima resistenza agli stop&go tipici dello shopping – che poi non si acquista mai nulla – così passo oltre rapito da chissà quale pensiero ma qualche passo più avanti mi viene d’istinto di fermarmi perché sento che mi manca qualcosa, così torno indietro perché lei è ancora immobile dinanzi la stessa vetrina di prima. Siamo insieme, le ripeto, camminiamo in linea. Perché visti da fuori quelli che procedono disallineati, con un’avanguardia che per la maggior parte dei casi è femminile e una retroguardia mi mettono ansia tanto che mi si riaccende l’istinto del border collie che è in me. Riunire il gregge, ristabilire la compattezza dell’assetto, rimanere raccolti. Stare vicini ispira armonia a chi osserva, anche di sfuggita. Camminare distanziati è uno spreco di risorse, non si condividono pensieri e impressioni suoi luoghi e sulle cose. Ma magari l’obiettivo è proprio quello, sentire in comune il meno che si può, mettere in mezzo alle proprie vite una forza che respinge poli opposti. Uno di qui, uno di là. Con la speranza di perdersi che è una speranza che non si avvera mai, al massimo si fa finta che la voglia di proseguire, nella strada e nella vita, abbia tempi differenti da percorrere con falcate diverse, ma del tutto casualmente.

manifesta incompatibilità

Standard

Quante volte avrei voluto fermarvi in tempo e dirvi che quella di mettervi insieme non mi sembra una buona idea, non siete per nulla compatibili anche se l’entusiasmo del momento vi fa interpretare come amore e passione tutta una serie di sensazioni che tra un mese o dieci o un anno vi faranno soffrire. Si vede lontano un miglio che non siete fatti per stare insieme e se è plausibile che ci siano contingenze tali da riposizionare le priorità per cui ci si fa scegliere da un partner – solitudine, attitudine alla condivisione, curiosità o casualità – sarebbe più opportuno interpellare gente come il sottoscritto e fare un sondaggio e quindi rimettersi al senso comune. Chi dei due metterà a tacere le proprie necessità prima o poi non troverà più il rapporto soddisfacente abbastanza da giustificare l’impeto di remissività e un giorno vi sveglierete pensando che la buona causa che vi ha fatto mettere insieme non vi sembra più così buona. Ripensateci, slegate il vostro abbraccio che vi cinge inopportunamente sui sedili di questo treno. Vorrei che tutti gli estranei qui con me e voi interrompessero ciascuno i propri pensieri e si spendessero in un dibattito sul vostro caso, sono certo che l’esito confermerebbe le mie turbe e vorrei altresì che il più convincente di questo tribunale popolare trovasse le parole migliori a persuadervi che c’è troppa differenza di tutto, età e letture e modalità espressive e a dirla tutta anche posizione politica. E secondo me non siete nemmeno gratificati vicendevolmente sotto le lenzuola perché appartenete a due modelli che nella dimensione della quotidianità sono inclini ad allontanarsi. Guardatevi dentro, parlatevi, e poi fatemi avere un feedback circa la vostra decisione. Un giorno mi ringrazierete.