Secondo lāultimo report sugli outfit in ambiente professionale pubblicato dallāOrdine Nazionale dei Fashion Blogger, ogni giorno un cinquantenne su dieci esce di casa per recarsi in ufficio in t-shirt, pantaloni con i tasconi ā quelli che gli addetti ai lavori chiamano cargo ā e sneakers. Il mio consiglio ĆØ di abituarvi a contarne nove quindi farvi riconoscere e giuro che vi darĆ² retta quando mi confesserete che ne dimostro molti di meno ma, non per questo, dovrei decidermi a mettermi giĆ¹ un poā meglio per evitare di dare lāimpressione della persona che non sono. Le madri sono le piĆ¹ accreditate a dispensare questo genere di giudizi e specialmente i figli maschi crescono con lo spauracchio di essere volutamente non salutati per strada per lāoggettiva impresentabilitĆ in un sistema di convenzioni sociali in cui lāautorevolezza ĆØ dettata principalmente dallāordine esteriore delle cose e, in questo caso, delle persone.
CāĆØ perĆ² un fattore che gli altri nove di cui sopra non capiscono. Il dieci per cento di questa stima fa unāenorme fatica nel trovarsi comodo e a suo agio negli abiti indipendentemente dalla stagione e le cause molteplici vanno da fattori quali le anomalie nelle linee e nei volumi del corpo per non parlare dellāattrito tra le superfici dellāepidermide e quella dei tessuti fino a una banale questione di contrasto tra colori. CāĆØ poi lāabitudine. Look reiterati allāeccesso limitano fortemente la predisposizione alla scelta fuori dai canoni standard del proprio guardaroba, e se ti vesti da ragazzino sin da quanto eri – appunto – ragazzino c’ĆØ poco da fare. E il risultato non cambia. Tutti noi cinquantenni su dieci ci osserviamo camminare nelle vetrine dei negozi e non siamo per nulla soddisfatti.
Poi ci si mettono quelli del contingente dei metro-sexual ā con il quale non cambierei una molecola del mio corpo, sia ben chiaro ā che fanno bella mostra di sĆ© con i loro completi estivi carta da zucchero con cravatta, cintura e mocassini testa di moro, lāimmancabile barba e la zazzera impomatata come usa oggi, in mano la ventiquattrāore e nellāaltra lāiPhone 7 da mille euro. Ma anche i professionisti di mezza etĆ ā mezza etĆ come la mia, tanto per essere chiari – con i loro spezzati piĆ¹ classici e lāandatura regolare da chi non pratica sport dannosi per le caviglie come la corsa che, alla lunga, induce i propri proseliti a zoppicare vistosamente in ogni tipo di calzatura non adeguatamente ammortizzata. Questi ultimi, elegantoni ma semplici, riempiono giacche e pantaloni slim fit e stanno su dritti tutti di un pezzo mentre si spostano con il loro incedere regolare in cui muovono solo le parti delegate a favorire l’incedere, con le figlie che non perdono occasione di vantarsi con le amiche di quanto ĆØ ancora figo il loro padre. CāĆØ da fidarsi di chi ĆØ cosƬ ossessivo nella cura di se stesso? CāĆØ da fidarsi di chi se ne fotte? E cāĆØ da fidarsi di chi sembra uno scappato di casa per di piĆ¹ con la sindrome da supergiovane?
Il problema ĆØ anche che i completi di qualitĆ costano un occhio della testa e piuttosto che prendere quelli non di qualitĆ ĆØ meglio insistere con t-shirt, cargo e sneakers, e a quel cinquantenne su dieci vuole dare una svolta e un segnale gli piacerebbe procurarsi tre o quattro abiti in modo da cambiare radicalmente e in modo repentino la propria vita, e ciĆ² che lo frena ĆØ sia la carta di credito che una questione di abbinamenti. Chi ĆØ costretto, come me, a partire dal fondo con un quarantasei pianta larga converrĆ che costruirsi una reputazione con un vestito che rispetti proporzioni cosƬ complesse ĆØ tuttāaltro che semplice. E ogni volta, a ogni estate, quelli della minoranza dellāuno su dieci si dicono che tanto passa in fretta, che presto torneranno a coprirsi dal freddo in modo elementare e senza tanti fronzoli, e che tanto vale, ancora per questāanno, aspettare i saldi e procurarsi qualche t-shirt, due cargo di colori diversi e un paio di sneakers che stia bene su tutto.