trema destra

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Ma probabilmente gli storici scriveranno che negli anni dieci del ventunesimo secolo guerre e rivoluzioni erano così. In qualche punto della città c’era qualcuno che combatteva contro qualcun altro e la media di sirene dei mezzi soccorso che passavano al giorno nelle strade era solo un po’ più elevata rispetto alla normalità. Gli uffici erano al completo con gli impiegati seduti ai computer a usare i programmi della suite di Office come gli era stato insegnato ai corsi di specializzazione. Un occhio sempre pronto a sbirciare sui siti di informazione lo stato delle cose, i tweet in tempo reale per avere in anteprima, rispetto alla stampa, qualche aggiornamento fondamentale. Un sistema che era già stato sperimentato ai tempi del bombardamento di Belgrado, quando grazie a ICQ i ragazzi in pace inviavano solidarietà ai loro coetanei in pericolo di vita o sotto il tiro delle missioni umanitarie. Una cosa simile era accaduta anche durante i fatti di Genova, quando la popolazione che protestava era stata brutalmente contrastata dalle forze dell’ordine a dimostrazione che cortei espressamente di sinistra erano soggetti a trattamenti ben diversi, da polizia e carabinieri, rispetto ai movimenti di ben altra matrice, come quelli del dicembre 2013. Non c’erano contatti tra la gente comune e i rivoltosi, non si assisteva a isterie di piazza come quelle esplose nei paesi arabi qualche mese prima, ognuno portava avanti la sua vita senza nessun ostacolo particolare. C’erano stati lo stipendio e la tredicesima, le partite di coppa si svolgevano regolarmente e se venivano interrotte accadeva per motivi ordinari come un’abbondante nevicata. Le famiglie di immigrati, anche di culture e religioni così distanti dalla nostra, continuavano ostinatamente nel tentativo di integrarsi trascorrendo pomeriggi in posti come l’Ikea per salutare una maggiore stabilità economica, ottenuta grazie a qualche datore di lavoro ben disposto e straniero come loro, attraverso uno sforzo di adattamento alle linee e a un’estetica così ancora lontana dai colori e dai tagli dei loro abiti tradizionali. La sera alla tv era tutto un gridare di anchor man d’assalto, corrispondenti da presidi e blocchi ai caselli autostradali, punti ristoro con salsicce alto-atesine e vin brulè, su riprese con smartphone delle poche vittime sacrificali a giustificazione che dall’una e dall’altra parte tutto quel rumore non era affatto per nulla. I disoccupati aggiornavano i loro profili Facebook con le foto dei loro cartelli sgrammaticati e gli adolescenti più temerari applicavano strategie apprese su videogame sparatutto in soggettiva. C’era stato qualcuno, pochi giorni prima, che avrebbe voluto dare un nuovo nome al futuro ma nessuno si ricordava più, alla fine, come si era deciso di chiamarlo.

gli italiani in piazza per una nuova moneda al posto dell’euro

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Mio suocero che è del ventotto una volta mi ha raccontato di quando, nella Milano del 44, quella di “Senza Tregua” per capirci, passava davanti alla sede della decima mas. Anzi non passava proprio davanti, ma come tutti cercava di stare alla larga dalle pattuglie di guardia, ragazzini con mitra e pistole con cui era facile mettersi nei guai. Il regime di Salò raschiava il barile del consenso tra volontari e non che, a quindici o sedici anni, potevano avere pasti caldi e libertà di fare fuoco arbitrariamente in cambio di una divisa. Sono racconti che mi tolgono il sonno nel vero senso della parola. Stanotte ho dormito poco e male. Ero tormentato da scenari apocalittici da golpe cileno in cui la gente rivoltosa unita a forconisti post-grilleschi con il patrocinio di qualche scheggia impazzita delle forze dell’ordine, camionisti, pentastellari, evasori fiscali in cerca di una scusa per giustificare le loro manchevolezze, movimenti di estrema destra, black blocks, un velo di criminalità organizzata di stampo mafioso, studenti che non vedono l’ora di saltare scuola e lanciare qualche sanpietrino, oltre agli immancabili apparati deviati dello stato, insomma tutti insieme appassionatamente all’attacco della democrazia. Uno esce dall’ufficio in questa temperatura polare e sulla strada di casa passa per caso in mezzo a questi legionari del duemila alimentati a gadget tecnologici da centinaia di euro e con in mano qualche pistola. Ma non è un videogame, nemmeno un gioco di ruolo. Quello che transita di lì fa una domanda per capire che succede, quell’altro gli spara. Poi è suonata la sveglia e, per fortuna, di tutto quello c’era solo – almeno apparentemente – la temperatura polare.