odio dirti che te l’avevo detto

Standard

Conoscete questa canzone?

Si tratta di “I hate to say i told you so”, uno dei brani più riusciti del gruppo svedese The Hives, il cui titolo sembra una tipica esclamazione di un personaggio immaginario noto al grande pubblico come Puffo Brontolone. Non a caso, un frammento della canzone si coglie nel trailer del film dedicato agli onnipresenti folletti blu, in visione nelle sale cinematografiche in questi giorni.

Non è la prima volta che sento uno dei miei brani rock preferiti nei film per bambini, e la cosa, seppur banale, mi ha già divertito in passato. E oggi ho avuto l’occasione di accompagnare tre minorenni a vedere i Puffi, non in 3D perché una delle suddette tre minorenni soffre di male al setto nasale (così mi ha confessato) quando indossa gli occhiali per gli spettacoli tridimensionali, che su di lei sembrano giganteschi perché, malgrado abbia otto anni e mezzo, raggiunge a malapena i ventun chili. Le ho accompagnate perché era il turno mio e di mia moglie. Si tratta di tre compagne di classe, una delle quali ha il mio stesso cognome, e, per dire, poche sere fa erano a cena da noi. Oggi al cinema.

Ma lo spettacolo non in 3D delle quindici e venti al multisala era sold out. Potete immaginare la ressa per i Puffi in 3D, sta di fatto che affrontare la coda immersi nella puzza dei popcorn e poi, sempre nella suddetta puzza, ammazzare il tempo fino allo spettacolo successivo non era un’impresa percorribile. Non li biasimo, tutti questi fanatici dei Puffi, oggi è domenica e piove a dirotto, sono sfumate tutte le attività organizzate per prolungare al meglio l’estate che da oggi non c’è più. Insomma, il tempo di controllare con la mia app preferita in quale altro cinema della zona proiettassero lo stesso film (la mia app preferita è un’amica che è a casa la domenica pomeriggio, ha un numero di telefono a cui contattarla e ha un collegamento domestico a Internet) e via verso il paesello vicino, dove il film è programmato per le diciassette.

Anche lì coda inumana, ma l’arrivo con oltre trenta minuti di anticipo ci ha messo al riparo da ogni rischio e ci ha consentito di scegliere, per le bambine, i posti migliori. Io e mia moglie ci siamo piazzati nella hall di quel piccolo cinema parrocchiale, libro alla mano, Pringles e Moretti a disposizione. Il film infatti dura quasi due ore, e dalle diciassette in poi ogni momento è buono per l’aperitivo.

Ma il mio libro in realtà era una copertura, lì nella hall di quel piccolo cinema parrocchiale; ho trascorso tutto il tempo con le orecchie ben tese a cogliere il momento del film con il sottofondo degli Hives. D’altronde si sentiva tutto, la sala non è perfettamente insonorizzata. Va da sé che di “I hate to say i told you so” nemmeno l’ombra, non ne ho percepito nemmeno una battuta, una nota, il prodigioso riff di chitarra, niente di niente. A meno che non mi sia davvero lasciato distrarre dalla lettura. La cosa peggiore è che mia figlia non è stata in grado di confermarmelo, le ho canticchiato il ritornello ma mi ha detto di no, quel pezzo lì non lo ha sentito, ha riconosciuto solo, verso la fine del film, “Back in black” degli Ac/Dc.