giuffre, bley, swallow

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Non sono un esperto di jazz, lo ascolto e ho anche cercato di suonarlo e, non essendo un tecnico e, soprattutto, avendolo studiato solo superficialmente, difficilmente sono in grado di esprimere giudizi più approfonditi di bello, mi piace, un po’ troppo mainstream, cool, che palle, eccetera. Anche perché pure il jazz è finito nel calderone delle contaminazioni, fortunatamente, trasmettendo ai non addetti ai lavori un’immagine di un genere che, una volta severo, ha iniziato a prendersi un po’ meno sul serio e che oggi comprende una gamma di spin-off che vanno dall’avanguardia punk-jazz alle Montecarlo Nights da anticamera del dentista.

E dal jazz viene uno, anzi due dei dischi più importanti della mia collezione, quegli ascolti che metto su e resto lì fermo, con uno stato d’animo reverenziale, perché contengono in sé tutto. Li considero l’alfa e l’omega dell’armonia, perfettamente equidistanti tra il jazz e la musica classica contemporanea, acceleratori di elucubrazioni serviti a una temperatura fredda al punto giusto. Sto parlando di Thesis e Fusion del Jimmy Giuffre Trio, l’ensemble guidato dal clarinettista scomparso nel 2008 e composto insieme a Paul Bley e Steve Swallow.

Thesis e Fusion sono due dischi usciti nel 1961 e poi racchiusi giustamente in un unico doppio CD pubblicato nel 92, perché sono uno il completamento dell’altro. Vi rimando ai gezzofili più autorevoli del sottoscritto e soprattutto a questo bel post di Borguez, che ha organizzato ottimamente i molti spunti di quest’opera, io certo non sarei stato in grado di metterli in forma così comprensibile. E, come lui, sottolineo la difficoltà di inquadrare facilmente un capolavoro musicale estremamente moderno allora come oggi. Peraltro, ho scoperto che su Dustygroove è disponibile anche in vinile.