cercare l’identità di un popolo in un caffè

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Cercare l’identità di un popolo in cose come i panini imbottiti, le acrobazie degli aeroplani o il caffè la dice lunga su quanto sia solida la nostra civiltà. Se è sufficiente l’apertura di Starbucks in Piazza del Duomo a mandarci in tilt e far scrivere a uno come Aldo Cazzullo che Starbucks è “un’umiliazione per un italiano” significa che c’è poco da fare. Il protezionismo culturale nel 2017 ai tempi dell’Internet, dei voli low cost e di quella che un tempo con disprezzo chiamavamo globalizzazione ma che adesso è il mondo in sé è una formula ingenua di applicazione dello stesso populismo disinformato che si nutre di titoli di articoli pubblicati da cani e porci e di cui nulla mi toglie dalla testa che qui in Italia siamo davvero campioni del mondo.

Ma non credo che presto soccomberemo per la sovraesposizione a cose come il frappuccino. Se ci fa più paura una manciata di palme davanti a una cattedrale gotica anziché il ritardo con cui i diritti civili primari non sono ancora estesi a tutti cittadini è un segnale grave su cui dovremmo porci alcune domande. Ieri sera ho sentito Emma Bonino in tv elencarli tutti, dalla nascita alla morte passando per il matrimonio, e la questione è davvero preoccupante. Sono questi i temi su cui saremo spazzati via dalla storia e dalle urgenze della modernità, che se ne fa un baffo della tradizione e dell’espresso al bar. Davvero pensate che basti così poco per farci cambiare abitudini?

Forse chi scrive sui giornali queste cose, come Cazzullo, o si fa passare per influencer alla tv, ha solo una sete di popolarità da soddisfare, come quelli che scrivono post come questi sugli argomenti top del giorno, sperando di raccattare qualche lettore in più. Così vi lascio con un saluto a Leone Di Lernia, che ci ha lasciato ieri e che probabilmente sta al 2017 come David Bowie sta al 2016. Lui sì che di presenzialismo se ne intendeva, avendo lanciato il filone delle comparsate a scrocco delle telecamere RAI, un altro fenomeno tutto italiano come un certo trash in cui Cazzullo, con l’articolo che ho linkato sopra, rientra a pieno merito.