gossip a cinque stelle SVEGLIA!!!1!111!!

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Tra romanzi di letteratura erotica e letteratura erotica mascherata da tabloid o viceversa la gente continua a mantenere la consuetudine di guardare le figure anziché leggere. E come biasimarla. Di fronte a una prosperità di tette e culi maldestramente contenuti da risibili lembi di stoffa in splendide cornici estive, con qualche dettaglio di smagliature per umanizzare un po’ il tutto e che comunque fanno sembrare una qualsiasi rivista soft core, tipo Playqualcosa, un numero del Giornalino o le pagine del Corriere dei Piccoli con Valentina Mela Verde, anche a me viene da sbirciare mentre il mio casuale compagno di viaggio di oggi mi sbatte sotto il naso un sequenza di miss italie in bikini da mozzare il fiato. Mica sono fatto di legno, eh. Come lamentarsi di questa sete di informazione liquida. Anche se non fa caldo da aver voglia di farsi una doccia fredda, temporali ed esondazioni ci hanno reso l’ambiente acquatico molto più familiare. Comunque a me viene da soffermarmi sulla foto di una procacissima Marisa Allasio con un top che a stento le trattiene una generosa quinta d’altri tempi e che a confronto delle varie melisse satta nella pagina a fianco fa un po’ lo stesso effetto dello speciale che ho visto l’altra sera per caso alla tv (non guardo mai il calcio volontariamente, sono un intellettuale di sinistra) sullo scudetto della Roma dell’83, con Pertini che stringeva mani negli spogliatoi e il modo di giocare di allora rispetto ai guizzi e alla fisicità dei balotelli che ci sono oggi. Continuo a preferire Falcao, sia chiaro. Ma poi ecco che alla pagina successiva – che impiccione che sono – ecco alla pagina successiva che il tabloid lascia spazio alla politica. Il titolo e le foto parlano chiaro: sembra che Marisa Laurito stia per scendere in campo a fianco di Beppe Grillo. Ma ve la immaginate? La Laurito nei cinque stelle? Cosí mi chiedo che fine abbiano fatto quelle pendolari di una volta che, sul treno delle sette e qualcosa, ci davano dentro con tutte le varie sfumature del caso e uno non si metteva certo a spiare i passaggi più piccanti lì sopra.

coca cola pepsi cola osso duro

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C’era il mostro della focaccia, tumidelabbra, darkene e la sua inseparabile amica metadone. Poi chiappette d’oro, la broccolona (per lo sfoggio di una vistosa maglia con illustrazioni floreali) e la sconvoltona, Trudy, la pompa dai capelli rossi e vulgo, o donna del popolo, facile immaginare perché. Soprannomi simpatici e divertenti ma avevamo nemmeno vent’anni, facevamo l’università, e li coniavamo in condizioni che non vi sto nemmeno a raccontare, a partire dalle incette di Martini a 150 lire al bar della mensa tra una lezione e l’altra. Che invece un popolo adulto e maturo si ostini a ricorrere ai vari psiconano, Gargamella, ebetino di Firenze, il mortadella e il cicogna per definire nei propri commenti di persona o sui social network i potenti, con l’obiettivo di reiterare un disprezzo verbale attraverso la convenzione di un nomignolo definito a priori da tizio o caio mi fa vergognare per tutti voi che vi sforzate ad adottare questi standard di comportamento come gli adolescenti che devono ostentare modelli preconfezionati per rendersi riconoscibili al gruppo. Inutile dire quanto la moda sia diffusa tra i ranghi a cinque stelle per compiacere gli stakeholder della casaleggio e associati e darsi di gomito su Facebook nel sottobosco militante dell’apparato cospiratore. Riesco a immaginare l’espressione compiaciuta con tanto di sorrisino idiota e occhietto di chi ha sgamato il complotto mentre si usa il riferimento metaforico tra la massa di sostenitori. L’ebetino di Firenze, roba da scompisciarsi, poi mi immagino il grillista del caso che ti si mette dietro, ti punta il ginocchio sul sedere e ti chiede “Ci credi ai giganti”?

guida di sopravvivenza a una eventuale vittoria elettorale dei grillisti

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Cari amici, le elezioni europee e amministrative sono oramai dietro l’angolo e a furia di hashtag e di sparate – oggi un Hitler, domani un Berlinguer – quei mentecatti dei pentastellari sono riusciti ad accendere il barlume di tifiamo rivolta cieca e ignorante che brillava latente in ogni qualunquismo somaro e vetero-complottista residente in Italia. Poi mettici i delusi a destra e a manca, quelli che pensano di potercela fare anche loro visto che ci riusciva gentucola del calibro di De Gasperi e Togliatti e, con un diploma alle professionali, pensano di scalare le mura del palazzo e occupare le stanze dei bottoni con la scusa del voto popolare. Insomma, da lunedì le vostre occasioni di confronto con il prossimo, se siete come me, si ridurranno ulteriormente perché nel peggiore dei casi avremo la conferma che, incontrando quattro persone, una non ha votato, una è seguace del miliardario anziano, l’altra è seguace dell’altro miliardario anziano e la quarta è del PD. Anzi no, perché del PD ci siete già voi che fate i calcoli statistici. Io comunque non ho nulla da temere. Sono campione regionale di discussioni di natura politica lasciate cadere nel nulla in ufficio, mi sono qualificato nei playoff di volume a palla del lettore mp3 sui mezzi pubblici in prossimità di popolo dotato di opinione, faccio parte della nazionale di trollaggio su profili a cinque stelle su Facebook, e insomma, considerandomi un anti-grillista della prima ora, posso dire di avere sufficienti risorse per indurre ancora qualche animo traviato dall’illusione del capello bianco e strinato come simulacro di avvenire a ripensarci, che l’amministrazione della cosa pubblica è un’attività per la quale non ci si improvvisa, che i dilettanti allo sbaraglio ci possono isolare culturalmente ancora di più di quanto siamo ora in Europa, che la strategia della semplificazione promossa dalla chiave binaria di pensiero unico tende a un livello di generalizzazione di approccio che, di questi tempi, è meglio evitare. Quindi niente, ricordatevi che anche se siete stufi di votare il meno peggio ci può essere qualcosa di sempre peggio. Poi non dite che non ve l’avevo detto. Dimenticavo: #vinciamonoi

rho non ha nessuna colpa

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Giovanni era il mio preferito perché conduceva la sua vita da villeggiante senza il bisogno di legare con i suoi coetanei autoctoni. Trascorreva il mese di luglio a casa della nonna, un appartamento all’ultimo piano di un edificio signorile dalla eccessiva impostazione architettonica eclettica, costruito cioè in quel periodo in cui non sembrava strano mettere fianco a fianco un palazzo orientaleggiante a un villino di impronta tardo-gotica. La nonna di Giovanni occupava l’attico, quello con le torrette dedicate alla zona notte, una residenza di elevato prestigio che la diceva lunga sulla classe sociale della famiglia di origine. Il padre era un ingegnere milanese benestante ma non ricco sfondato, altrimenti non avrebbe certo mandato il figlio al mare in quel posto lì. Giovanni era alto e ben piazzato ma con una faccia da babbionello, forse perché aveva la media del nove al ginnasio e a sedici anni si stava per diplomare in pianoforte. Non trovavo corretti i concentramenti di bravura, per di più uniti alla bellezza e al carisma. Giovanni per fortuna aveva qualche carenza almeno in questo senso, per il resto era informato, intelligente, molto serio ma piacevole da frequentare. Soprattutto se ne stava in disparte e non sembrava dispiacersene. Condividevamo una parte del tragitto per rientrare a casa dopo un’intera giornata di mare, sua nonna tornava prima per allestire la cena, e mentre chiacchieravamo lo vedevo sereno, senza quella fregola di piacere alle ragazze che avevamo un po’ tutti, poche parolacce, il tutto potenziato da un tipo di sicurezza di sé che non conoscevo e mi suonava molto affascinante. Ma la cosa che mi incuriosiva più di Giovanni era il fatto di vivere a Rho. Non avevo mai sentito nominare Rho, né pensavo che potesse esistere un posto con un nome in italiano contenente l’uso dell’acca così particolare. Avevo cercato sull’enciclopedia e sull’atlante e avevo letto del tessuto economico di Rho, delle raffinerie e delle industrie, dei cotonifici e del polo chimico. Mi chiedevo come potesse essere la vita di un ragazzo come Giovanni che passa le giornate dopo la scuola a studiare latino, greco e pianoforte senza interruzione, solo che fuori ci sono ciminiere che eruttano fumo e lingue di fuoco che illuminano un’atmosfera malsana densa di caligine e vapori di fabbriche. Ora Rho è a una manciata di chilometri dal posto in cui vivo e in questi giorni in cui si parla di distese di cantieri improduttivi, autostrade a quindici corsie che nemmeno a Los Angeles, matrioske di imprese subappaltatrici che ci faranno mancare non solo l’impegno con il mondo intero per Expo2015 ma anche un’identità geografica di riferimento perché dell’Italia, a quel punto, non rimarranno che i pentastellari a blaterare di scie chimiche sulle macerie, proprio in questi giorni pensavo a che ne sarà stato poi di Giovanni, se ora è ingegnere pure lui o è diventato un bravo musicista.

dilettanti allo sbaraglio

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Ascoltando la presentazione della proposta di legge elettorale dei pentastellari, che trovate qui in video, l’effetto è più o meno questo.

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grillo e la strategia di annibale

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Consapevole della perdita di consenso dovuta a quell’altro pallone gonfiato di Renzi, in una gara demagogica a chi la spara più grossa nella quale alle amministrative e alle politiche difficilmente i nazisti del grillinois potranno arginare con il loro populismo quell’altro che a botte di ottanta euro a pioggia corrode le percentuali altrui nei sondaggi, Grillo ha pensato di prenderla larga. Conquisterà l’Italia passando dall’Europa. Da qualche tempo infatti le elezioni europee sono diventate il punto di non ritorno per la nuova invasione della Polonia, una metafora a sostegno dell’aggressione alla nostra vita politica. Il M5S sostiene infatti che farà il pieno di voti per il parlamento europeo e che da lì influirà sulle decisioni collettive a favore dell’Italia per le più celebri fissazioni del movimento (l’euro, il debito, le banche ecc..). Dall’Europa, Grillo così scenderà con i suoi in Italia per riaccaparrarsi le simpatie degli anti-casta, dei forconi, dell’opinione pubblica che si informa sui siti dei complottisti, dei qualunquisti passando attraverso le Alpi come ha fatto appunto Annibale che, non potendo arrivare direttamente al cuore del nostro paese, l’ha presa da lontano, facendo il giro più lungo nemmeno avesse avuto un navigatore con le mappe non aggiornate. Ma manca sempre un piccolo particolare alla sua tattica di conquista, e l’intervista di ieri sera con Mentana – pur nella totale mediocrità di entrambi – ha confermato questa lacuna. A meno di non attirare una valanga di consensi, i pentastellari dovranno pur mettersi da qualche parte, apparentarsi con qualcuno, entrare in qualche gruppo, collaborare per il bene comune. Grillo continua a dire che valuteranno una volta insediati, ma è facile intuire dove convergeranno le attenzioni, considerando nei partiti degli altri paesi aderenti all’Unione chi è che persegue gli stessi obiettivi euroscettici. E ancora una volta sono certo che, pur di accaparrarsi potere, non esiteranno a stringere accordi programmatici con l’estrema destra, a dimostrazione che la tecnica avulsa dalla politica genera mostri di disinformazione. C’è poi un altro punto su cui riflettere, emerso durante l’intervista di ieri. Grillo conferma che i fenomeni rivoltosi in Ucraina e in Egitto sono stati caratterizzati da movimenti di piazza che hanno rovesciato referendum o elezioni tenutesi democraticamente, con il dubbio dell’esistenza di qualcosa che ne abbia manovrato gli esiti opposti. Ecco, qualcuno dovrebbe spiegare che in Italia le dinamiche sono le stesse. C’è un parlamento nominato a seguito di un voto regolare, c’è una maggioranza alla quale può aderire chiunque ne condivida obiettivi, intenzioni, volontà riformiste e visione. Governare da soli, con l’avallo dei raduni e dei vaffanculo, fa parte dell’altra politica, quella dei governi totalitari e delle ingerenze occulte che, sempre secondo la strategia di Annibale, si muoverebbero come elefanti nella nostra fragile democrazia.

chi ha la meglio nei battibecchi

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Come cambiano i tempi. Il primato dell’antipatia una volta spettava agli stronzi della sinistra intellettuale abbiente, quelli che adottavano argomenti di discussione talmente eruditi che la massa esasperata dai continui capovolgimenti sentimentali di Beautiful lasciava senza risposta a prescindere, tanto che poi quella classe e quella generazione ne è uscita sbruciacchiata a furia di corto circuiti fino a estinguersi diluita nell’aristocrazia un po’ cafona e ormai priva di occasioni di riscossa – quella dei film da oscar di Sorrentino, per capire – fino a esserne un tutt’uno. Colpa dell’impoverimento sociale e culturale e, soprattutto, dell’aumento medio della presunzione partecipativa delle gente, sublimata nell’illusione della democrazia diretta diffusa grazie a quella parvenza di potere che ci dà il tenere costosi strumenti in mano connessi alla rete ubiqua. Quel fenotipo oggi è irriconoscibile, impossibile da distinguersi al di là dei cachemire e delle barche a vela.

Di questi tempi invece il primato dell’antipatia spetterebbe alla boria ignorante dei parlamentari dei cinque stelle, persone come me e voi alle quali dietrologia e complottismo hanno dato alla testa e, a suon di lavaggi di capo da chi di capelli trattati male dimostra di intendersene, abbiamo mandato a Roma con l’idea che la gente comune non solo è in grado di cambiare le cose, ma può arrogarsi il diritto di soverchiare con la propria (in)coscienza civica un sistema politico che, pur con i suoi limiti, tutto sommato è democratico e che quindi dovremmo tenercelo stretto. Cambiare sì, ma non dando colpi a cazzo, questo più o meno è il senso.

Se vi capita di seguire i dibattiti e le varie fiducie alla camera come al senato – nelle settimane scorse c’è ne è stata una profusione – difficilmente riuscirete a sopprimere quel senso di frustazione impotente di fronte a questi sfrontati paladini del miliardario genovese e del suo facoltoso ideologo osservando le loro pacchiane prossemiche imparate in tutta fretta per la diretta televisiva e per chi si vuole giocare la carta del dare spettacolo di sé, riflettendo su tutte le iniziative studiate a tavolino per provocare gli avversari, le cariche istituzionali e chi, come il sottoscritto, considera ancora la politica una cosa seria.

Poi però ci è stata data la possibilità di constatare che l’antipatia dei parlamentari a cinque stelle, un’attitudine che ha la medesima matrice di quegli individui che interpongono alle cose che non conoscono uno scudo di supponenza – che se sfruttassero tutta questa energia per studiare saremmo più felici tutti, ma probabilmente otterrebbero molte meno preferenze – questo livello di antipatia non può competere per nulla con l’ultimo baluardo che ci resta, quel tipo di razionale animosità che respinge al mittente ogni sopruso verbale nel corso di quegli eterni procedimenti di dibattito, quell’indisponenza di tutto rispetto seduta su uno dei più altri scranni a tutela delle norme e dell’educazione civica che si chiama Laura Boldrini. Grazie, onorevole Boldrini. Che la sua fermezza ci sia di esempio.

affinità elettive e divergenze elettorali: la politica ci separerà, di nuovo

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Se non altro il movimento cinque stelle fino a oggi è riuscito a rovinare numerose amicizie, sono stati persino registrati casi di coppie che sono scoppiate, fidanzamenti interrotti, amori disillusi da una scia chimica o da un vaccinazione esavalente di troppo. Come biasimare queste persone, d’altronde. Gente che non ne può più di questo tipo di percolato che si infiltra in ogni anfratto in cui ci sia un po’ di disinformazione, di disinteresse per le cosa pubblica, quel mix tra esoterismo, oscurantismo e alternativa alla modernità e al progresso, per non parlare dell’odio represso per un sistema in cui se sei povero nel cervello, purtroppo, non c’è molto spazio ed è più fruttuoso cercare consenso nell’humus anti-democratico, magari menando pure le mani. Il tutto con quell’amplificatore sentimentale che è l’Internet, stiamo a vedere quanti danni – da questo punto di vista eh – riuscirà a fare ancora.

La cosa ci sconvolge perché durante la prima repubblica le amicizie finivano per ben altre cause. Le donne, in primis. E non solo per i furtarelli di cuore. Avete presente quelli che, una bellissima definizione che ho letto recentemente in un libro, sono appassionati portavoce del loro stile di vita? Quelli che hanno la capacità di stare a cavallo tra l’offesa e la lusinga come quelle figurine che cambiano illustrazione a seconda di come le inclini? Ecco. Io e Luca ci siamo lasciati così, una vita fa. Ci siamo incontrati per caso mentre mi precipitavo per non perdere l’ultimo treno che mi riportasse a casa, dopo aver trascorso la serata nel paesello di provincia estrema in cui viveva la ragazza di cui ero ciecamente innamorato, priva di patente perché minorenne come me. Mi ha offerto qualche tiro di erba, proposta a cui non ho detto di no. E parlando in quel modo che sfoggiava lui, come se ogni parola rispecchiasse una verità assoluta, un’esperienza unica, un suggerimento da non lasciarsi scappare, mi aveva detto che lei, la ragazza con cui avevo trascorso la serata e che era al mio fianco da qualche settimana – quel periodo della vita di ogni coppia che sembra che le cose siano meravigliose e senza confronti – lei era una di quelle che al paese in cui vivevano entrambi se l’erano passata un po’ tutti. Che non era difficile, quindi, conquistarla e che quindi non valeva la pena tenersela.

E me lo ha confidato come se mi stesse facendo un piacere tanto che l’ho salutato quasi ringraziandolo. Si era anche offerto, prima del commiato, di vendermi un po’ di quell’erba che mi aveva fatto assaggiare, cosa che ho rifiutato e mai scelta fu più azzeccata. Giunto alla stazione di arrivo, la Polizia Ferroviaria mi sottopose a una delle innumerevoli perquisizioni che ho subito prima dei trent’anni, rilevando solo un po’ di quell’aroma inconfondibile che mi era rimasto addosso ma non trovando nulla per trattenermi. Una vera botta di fortuna. E anche per quel pericolo che mi è passato così vicino, da quella volta mi sono esentato dal considerare Luca come un amico. E potete immaginare ora, dopo che ho dato un’occhiata alla sua pagina Facebook, quale partito, anzi, moVimento, voti.

Sanremo 2014, ecco chi vincerà il Festival (senza essere nemmeno eletto dalla gente che votano)

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La mia visione un po’ ingenua e infantile dell’Italia è quella di un paese in cui il PD prendeva il 74 per cento e i Perturbazione vincevano Sanremo, che è un po’ come dire un posto dove ci abitano solo quei quattro gatti di amici e conoscenti che frequento in carne ed ossa e sui socialcosi e che sono tali e quali a me, oltre il sottoscritto e famiglia, naturalmente. Ma sappiamo tutti che non è così. A partire da voi che state leggendo: su cinque, tu e tu non avete nemmeno votato, tu che non riesci a leggere perché hai gli occhi iniettati di odio acritico hai votato i nazisti del grillinois, tu che non capisci cosa scrivo hai optato per qualcosa di destra e tu, con cui da sempre siamo in sintonia, sei del PD ma di chissà quale corrente. Allo stesso modo ci dividiamo in quelli che, come me, ieri sera sono stati a teatro ma il teatro non gli è piaciuto perché avrebbero preferito seguire Sanremo, quelli che fanno andare in testa alla classifica le canzoni dello specifico sanremese, quelli che Frankie Hi-Nrg è ultimo e quelli che se la prendono con Fazio, con la noia, con i soldi del canone e così via. Trovo però che una visione della realtà in cui ogni cosa è al suo posto, funziona secondo leggi matematiche e arriva spaccando il secondo è tanto ingenua e infantile quanto la mia, e tutti i visionari condividono la stessa delusione per i motivi di fondo: siamo in tanti, siamo in troppi, leggiamo poco, ci informiamo di meno, siamo presuntuosi ma ignoranti, ma sopratutto non la pensiamo tutti come me. Ed è già un buon risultato il fatto che i Perturbazione siano al quarto posto, se non sbaglio, e ci sia uno come Renzi – e lo sapete come la penso, davvero non credo di aver sostenuto mai uno peggio di lui – che davvero è l’ultima possibilità. Si governa con una maggioranza, e se non si deve discutere con i pregiudicati trovo che non lo si debba fare nemmeno con i fasciochimichisti antidemocratici che non ti danno nemmeno il tempo, per discutere, così iniziamo almeno con le nuove proposte. Se avete un’alternativa senza stelle e senza Giovanardi, se pensate che comunque vada è giusto che vinca uno come Renga/Renzi, sono pronto ad ascoltarvi.

bullismo a montecitorio, guarda il video

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Se mettete a confronto il video della bulla di Bollate con quello del bullo di Genova e del suo farneticante monologo ai danni delle democrazia, non tanto di Renzi che, comunque, dev’essere uno abituato a prendere giustamente ceffoni, troverete non poche similitudini. Il non lasciar parlare, l’arroganza, la dialettica da appena posso ti metto le mani in faccia, i toni da capetto che occulta l’ignoranza con la prepotenza che poi è sempre così. Meno hanno studiato e più semplificano il pensiero. E poi lo spostare sempre l’argomento per non dare appigli di contraddittorio, tanto nei cari e vecchi metodi del fascio littorio capita che due squadristi ti tengono e il più alto in grado un giorno ti prende a calci in testa, un altro ti concede un minuto e non di più ma poi ti zittisce con la sua spocchia e la sua supponenza, fino a quando il giorno della soluzione finale ti si presentano a casa con l’olio di ricino a chilometro zero e poi sai che scie chimiche che fai in bagno. I due reportage più visti dell’ultimo mese hanno davvero tanti momenti in comune e sono la dimostrazione della voglia di mettere a tacere le discussioni con la violenza che abbiamo oramai noi italiani e non certo nei casi in cui abbiamo ragione. Senza contare il fare tronfio del buzzurro che, nel caso di Grillo, indossa giacca e cravatta ma che si vede che starebbe molto più a suo agio con gli indumenti da teppistello di periferia che cerca la rissa. Come la bulla di Bollate, appunto.