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Alessandro Baricco è uno di quegli autori che come Tolkien e Fabio Volo, e non me ne vogliano i fan dei tre scrittori citati e accostati nella stessa frase che probabilmente inorridiranno gli uni degli altri, non ho mai letto e mai leggerò perché so a priori che non mi piacciono. Scrivono cose che so che non mi interessano. La vita è troppo breve per rischiare un libro, tutti mi dicono di no, un libro può riservare una sorpresa ma so già che la sorpresa non arriva mai. Soprattutto se è mediocre tanto quanto il suo autore. E come loro ce ne sono migliaia, ma gli appartenenti alla triade di cui sopra li vedo spesso accostati, citati, accompagnati, inseriti in contesti che confermano il mio disinteresse o, nel caso della beatificazione mediatica in diretta di Renzi, il mio disprezzo. Anche perché Baricco, scusate la schiettezza, mi sta pesantemente sui coglioni. D’altronde, un politico di moda non poteva che ospitare uno scrittore di moda, al suo festival dell’esuberanza delle personalità, piacioni in passerella che si riempiono la bocca di parole di moda come meritocrazia. Sì, proprio Baricco.