ecco da dove deriva tutto il mio sdegno verso l’uso del termine “fisicato”

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Vorrei che, prima di chiedermi l’amicizia su Facebook, passassi in rassegna tutta la storia della nostra superficiale conoscenza, che peraltro non si ravviva non solo con una frequentazione, ma nemmeno con un incontro anche solo casuale, dai tempi in cui non usava nemmeno dotarsi di un telefono cellulare. E se te la devo dire tutta, fino a questa mattina mi ero dimenticato persino che esistessi, che occupassi una porzione di spazio reale sul quale peraltro dovresti essere soggetto a una tassa tipo l’ICI, considerando che pur alto un metro e cinquanta e rotti da sempre ami gingillarti con manubri e amminoacidi ramificati tanto che, in larghezza e spessore, se nulla è cambiato da allora sfoggi un form factor da due persone solo con i tuoi muscoli. Ricordo di aver notato, nella palestra che frequentavamo entrambi, il diametro dei tuoi avambracci, superiore a quello delle mie cosce. Persino le dita avevi da culturista, ho ancora viva l’immagine del tuo indice mentre disegna una mappa invisibile di confini – nello spazio che ci separa – entro i quali sogni di racchiudere la tua Patria con l’intento di tagliare fuori tutte le località delle zone soggette a bilinguismo con una toponomastica “esotica” o contraria ai canoni della vulgata nazionale, anzi nazionalista, sia francesi che ladini o tedeschi e slavi. D’altronde non facevi segreto del tuo becero orientamento politico, e sono pronto a scommettere che sotto la corazza della squadra di football americano in cui militavi, sei stato un precursore della biancheria nostalgica del ventennio poi venuta in auge qualche anno dopo grazie a giocatori di calcio dal cognome che beffardamente incarna il meglio della loro personalità.

Ma il punto non è quello. Prima di chiedermi l’amicizia su Facebook ti saresti dovuto ricordare che non mi hai mai restituito la vhs originale con i video dei singoli dei Depeche Mode, ché già soffro quando una delle mie creature non torna a casa, poi a saperla immeritatamente reclusa in quel mausoleo del cattivo gusto che dev’essere l’abitazione di un ignorante nazifascista, in mezzo a filmati dei discorsi del duce. Che poi, a pensarci bene, facevi pure psicologia, me lo ricordo perché una amica mia tua compagna di studi era rimasta traumatizzata da un tuo arrogante tentativo di approccio ai confini con le molestie, ma lei era un po’ mitomane quindi ai tempi mi sono trattenuto dall’esprimere un giudizio a favore dell’uno o dell’altra. Malgrado ciò, ci sono tutti gli ingredienti per condannarti ad almeno altri venticinque anni di oblio, senza contare che la tua richiesta di contatto mi ha fatto tornare alla mente il motivo per cui frequentavo quel posto, così distante dalla mia indole. Per certi versi mi piaceva osservare, c’era quello tutto pompato che diceva di aver la passione per il diventare grosso e io che gli rispondevo che era una bell’idea ma avrebbe dovuto iniziare a fare qualche sport. O quell’altro che pensava di scrivere il seguito della Bibbia perché gli avrebbe assicurato un successo letterario. Ma poi il fato ha pensato bene di punire la mia presunzione e la mia superiorità intellettuale non solo guastandomi la schiena a causa alla scarsa cura con cui venivo seguito, ma anche mandando in fumo un rapporto sentimentale che stavo costruendo. Avevo insistito affinché la mia fidanzata di allora si iscrivesse con me, e alla fine il body building le è piaciuto così tanto che ha preferito mettersi con uno di quei giganti senza scrupoli, ma con ben altri argomenti convincenti. L’avevo scoperto per caso. Una sera avevo notato la sua cinquecento parcheggiata davanti alla palestra al termine dell’orario di apertura, anche se a me aveva detto di avere tutt’altri impegni.