sondaggio: meglio la rivoluzione o il colpo di stato?

Digressione

Rivoluzione e colpo di stato sono termini talmente inflazionati da avere un potenziale persuasivo pari agli adesivi della lega di cui sono cosparsi i pali dei cartelli stradali nelle periferie padane o, se vivete ad altre latitudini, garantiscono una redemption di eguale entità rispetto a quelle minuscole pubblicità autoprodotte che stanno appiccicate ai caselli autostradali, quando ti fermi a prendere il biglietto senza contare la percentuale di utenti Telepass che al casello non ci si ferma nemmeno. Tutti che invocano la rivoluzione che si deve fare, tutti che gridano al colpo di stato che non ci sono arrivati prima loro a farlo, poi quelli che dicono di aver subito il colpo di stato chiedono di essere supportati nella rivoluzione, e manco a farlo apposta quelli che non hanno fatto in tempo a scendere in piazza per la rivoluzione pensano di aver sventato o intercettato le manovre per il colpo di stato. Ma le vestigia dell’uno o dell’altro gesto estremo non sono facili da riconoscere nelle situazioni di tutti i giorni. Voglio dire, la rivoluzione non sono certo quei quattro gatti con i forconi che stazionavano all’incrocio sotto casa nei giorni feriali, e il colpo di stato non è nemmeno qualche schermaglia tra maggioranza allargata e opposizione esagitata, l’asse che nasce di qui o di là per un fittizio fronte comune, o il Presidente della Repubblica che interviene a cazzo o a ragione. Converrete con me che comunque da qui, sul divano e con il portatile accesso, è difficile distinguere l’uno o l’altro. C’è un po’ di rivoluzione nel colpo di stato, e un po’ di golpe nella rivolta. Facciamo un po’ di ordine, però. Di qui si mettano quelli che pensano di fare la rivoluzione, di là quelli invece che vogliono il colpo di stato. Avvisatemi solo in qualche modo se c’è bisogno di me. Nel frattempo, metto su un disco.

alzati che sta passando la musica della pasta Barilla

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C’è stato un momento storico in cui tutta l’Italia si è stretta intorno alla musica della pubblicità della pasta Barilla. Erano gli anni 80 e rotti ed era un tempo perfetto per le composizioni di Vangelis come quella scelta per lo spot in questione, che come sapete si intitola “Hymne”. Venivamo da esperienze come Blade Runner e Momenti di gloria, immagini che oggi non riusciamo più a scindere dalla colonna sonora, e la scelta di abbinare melodie così ingombranti a scene struggenti di vita famigliare – padri in trasferta di lavoro che si ritrovano fusilli in tasca messi dai loro figli, giusto per fare un esempio – dimostrò che in Italia sarebbe stato sempre più facile scardinare le emozioni del pubblico a scopo di lucro.

Ognuno di noi da allora si è dimenticato di Vangelis e la musica della pasta Barilla è diventata appunto famosa come la musica della pasta Barilla. I bambini alle prime armi degli studi pianistici imparavano una riduzione facilitata della musica della pasta Barilla a due mani per eseguirla al cospetto di genitori e parenti la mattina di Natale. Nelle scuole elementari intere classi di flautisti in erba si esercitavano all’unisono alla preparazione dell’aria con cui introdurre il saggio di fine anno. Teneri pupazzi di peluche di nuova generazione rilasciavano una versione incerta e a pochi bit della musica della pasta Barilla alla pressione del ventre (il loro), questo molto prima che il commercio di giocattoli scadenti diventasse monopolio di venditori ambulanti su showroom pubbliche e abusive. Gadget frutto del progresso tecnologico venivano nativamente dotati di carillon proto-digitali attivabili a seguito dell’interazione principale per la quale erano stati pensati, l’apertura di uno sportellino come la rotazione di una componente, in una sorta di augurio che prima di guastarsi definitivamente il loro ciclo di vita regalasse almeno una manciata di momenti di stupore ai destinatari dell’omaggio. Tutto questo molto prima della recente caduta di stile sul target eterosessuale degli spot.

E ancora oggi, mentre intere generazioni ed eserciti di maître à penser indipendenti o prezzolati guardano agli anni di cui io, a mio modesto parere,  mi vergogno come un ladro e di cui salverei ben poco soprattutto dall’84 in avanti, come al punto di massima evoluzione socio-culturale, cosa che può anche avere un senso ma allora, mi chiedo, perché si è fatto di tutto, tra un disimpegno e una puntata di Drive In, per dismetterli in fretta e in furia, tra l’altro non si è trattato nemmeno di una svendita considerando quanto hanno reso al loro principale stakeholder che ancora oggi guida l’agenda politica del nostro paese. Dicevo, ancora oggi alcuni degli ex ragazzini di allora, cresciuti con la musica della pasta Barilla come inno nazionale dello sfruttamento emotivo, ora più o meno adulti almeno anagraficamente accarezzano la fronte dei loro figli prima di addormentarsi con la musica della pasta Barilla dentro di sé. Altri invece ripescano la musica della pasta Barilla in una giornata come questa, magari come inno ufficioso ma specifico per suggellare un momento di grande impatto storico come la croce su una casella con su scritto Renzi in una scheda elettorale, a una votazione per il segretario di un partito che proprio a partire dalla musica della pasta Barilla ha iniziato il suo declino o la sua metamorfosi, dipende dai punti di vista. E marcando per sempre la loro identità con quel nome per un istante avvertono un’interferenza, una voce metallica che gli dice “alzati che si sta alzando la canzone popolare” ed è lì che loro danno retta a quell’interferenza perché davvero, la musica della pasta Barilla è quanto di più popolare ci possa essere sulla faccia della terra.

tutto quello che dovete sapere sulla rivoluzione della prossima settimana

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Pensate le peggio cose che avete fatto a diciassette anni e mezzo o giù di lì. No, non ditemele. Pensatele e basta come quei giochi delle carte che fanno i maghi. Dopo vi dico il perché. Prima però permettetemi un consiglio: è ora di staccare un po’ dalla rete. Troppa Internet e troppi socialini fanno male, come al mio collega che da ragazzino ha giocato troppo con non so quale console e gli sono venute le convulsioni, addirittura gli è successo due volte. Errare è umano, perseverare è un po’ da cretini.

Non vi dico il bisogno come cresce in questi giorni di vigilia, e non mi riferisco alle imminenti festività natalizie. I giorni precedenti le primarie del PD è tutto uno scatenarsi di appelli, coming out, intenzioni di voto, sondaggi, satira, accuse, un intero campionario di contenuti pubblicati da emeriti sconosciuti come il sottoscritto. Mi sono prestato a un po’ di contributi decostruttivisti dei miei, avete presente quando faccio di tutto con scarso successo per essere simpatico e arguto, mi sono imbarcato in alcune sterili discussioni anti-Renzi e pro-Civati, ho tentato timidamente di convincere qualcuno a seguirmi in questo cammino ma i risultati sono stati inqualificabili. Qualche like da persone che erano già convinte della loro preferenza e basta. Per il resto non credo di aver mosso una sola particella di animo politico in un senso o in un altro.

In questi giorni si consuma anche un’altra vigilia, quella della famigerata rivoluzione dei forconi forcaioli che dovrebbe avverarsi, secondo siti ufficiosi e canali ibridi tra il pentastellarismo, il casapoundesimo e le quote latte proprio a partire da domenica sera, ovviamente il risultato delle primarie credo sia indifferente sugli umori di questa fetta di popolazione. Una data attendibile tanto quanto quella dei Maya lo scorso dicembre. E uno viene a conoscenza di queste notizie quando sonda la dialettica proprio dei v per vaffanculo su Twitter. Ecco, non fatelo. Non fatevi mai tentare dall’intavolare scambi di tweet con i grilleschi. Come i più biechi squadristi di un tempo verreste subito accerchiati e messi all’angolo. Che poi a me, a quarantasei anni, sa che mi frega di spiegare a sti pischelli invasati che la legge elettorale non si può trattare come una scia chimica qualunque. Per fortuna ci sono isole di serenità anche sul web, così alla fine torno nel mio socialino preferito che è FriendFeed, dove alla peggio c’è qualche cuperliano e la cosa si chiude in caciara. Ah, la sicurezza dei propri simili.

E ora lasciamo finalmente spazio ai comportamenti più truci che avete tenuto da adolescenti, ma giusto perché sono reduce da una conversazione di quelle di circostanza con il mio barbiere, stimolata da un argomento trattato a Studio Aperto dopo la rivoluzione dei forconi della settimana prossima. Il mio barbiere, mentre mi sistemava i capelli, mi ha raccontato che suo figlio di diciassette anni e mezzo ha preso ad andare in discoteca con gli amici. Un ragazzo che non ha mai avuto sin’ora la passione per i locali notturni si è lasciato convincere dalle turpitudini dei coetanei e ora fa come la massa. Il mio barbiere si alterna con i genitori degli altri ragazzi nell’accompagnarli alle ventidue davanti al locale – devono attendere una media di un’ora di coda per superare il verdetto degli addetti alla selezione all’ingresso – e nell’andare a prenderli alle quattro. Il ragazzo, che ha un ottimo rapporto con il padre, gli racconta anche di quante ragazze riesce a limonarsi nel corso della serata, almeno due o tre. Ragazze che limonano e si fanno tocchignare con facilità, oltre a sfoggiare abbigliamenti (a detta del mio barbiere che è un testimone oculare) estremamente succinti e provocanti.

Avete capito dove voglio arrivare. A diciassette anni e mezzo, in Paesi in cui le fasi della vita hanno una differente scansione rispetto a qui, si rischia di inventare social network da fantastiliardi. Io a diciassette anni e mezzo mi riempivo di canne (scusa mamma se lo vieni a sapere così) e pensavo solo a suonare e invano a quante ragazze avrei potuto rimorchiare suonando e offrendo loro una canna. Il figlio del mio barbiere e i suoi amici fanno a gara a quante limonate riescono a collezionare. Mia figlia tra sette anni e mezzo avrà questa fatidica età, e tutti voi dovreste impegnarvi insieme a me a cambiare il mondo in modo che non solo mia figlia non vorrà andare in discoteca, ma troverà un mondo senza discoteche in cui i suoi coetanei avranno altro da pensare che tentare di metterle la lingua in bocca. Posate i forconi e pensate a un obiettivo diverso per rivoltarvi. Ma fate presto.

Ma per fortuna che c’è mia moglie che mi tranquillizza sempre in questi frangenti. Mi porta come esempio la figlia di una coppia di amici, gente molto più impegnata di noi che siamo abbastanza rilassati da questo punto di vista, una ragazza che a diciassette anni e mezzo ha trascorso buona parte dell’estate in un campo di volontariato e assistenza al seguito di una onlus in Romania. Ecco, la morale è che per un figlio di barbiere discotecaro c’è un adolescente con il sale in zucca, come per ogni grillino che si trova in rete c’è un interlocutore ragionevole. Io, per me, nel dubbio, la chiudo qui, anche se non mi avete ancora detto come sto con i capelli corti.

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prove tecniche di messaggi a reti unificate in toscano

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Lo sfondo dello studiolo di Renzi è comunque deludente, a partire dalla foto di Napolitano in bella mostra, il trono da Lorenzo il Magnifico, la madia rustica che fa a cazzotti con quel telefono anni 90 in basso a sinistra. Io poi di mobili non me ne indento, eh, magari alla fine tutta quella roba insieme vale qualche annualità lorda del mio lavoro. Non so voi, io però mi aspettavo qualcosa di più moderno. Design, domotica, arte contemporanea, superfici touch. Che differenza c’è con la fitta libreria di Berlusconi? Comunque, per avere un quadro completo in vista delle primarie, aspettiamo di vedere qualche dettaglio delle abitazioni degli altri contendenti. Cuperlo, Civati, come sono le vostre case?

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in questa notte fantastica, la prima dell’era Renzi

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Crescono i “rumours” intorno a Renzi che si sta sempre più affermando attraverso i media come l’uomo della svolta. Renzi pronto a guidare il partito, Renzi pronto a dirigere il Paese, Renzi che riceve endorsement da Franceschini e dall’area dem, dagli ex-popolari, Renzi che twitta mai più guerrOH WAIT! No, quello è un altro. Su di me, come sapete, Renzi ha un pessimo influsso che deriva sostanzialmente dal fatto che con il PD non c’entra nulla, che malgrado sia già stato umiliato alle primarie con la sua boria parla a nome di milioni di persone che non l’hanno votato, che attragga gente che già non sopportavo prima, tipo Jovanotti, la Bignardi, Baricco eccetera, figuriamoci oggi in cui Renzi incarna l’unica speranza e l’unica possibilità di sconfiggere l’elettorato del PDL grazie anche ai voti dell’elettorato del PDL e di arginare quegli esagitati seguaci del celebre conduttore di “Te lo dò io il Brasile”. Vedremo cosa succederà, se ci saranno altre primarie o no, di certo si profila una nuova rincorsa al meno peggio che questa volta davvero peggio di così non poteva andare. Come dico giustamente io, moriremo demorenziani.

Ma non è tutto. Non avete idea di quanti Renzi ho incontrato nel mio lavoro, non necessariamente con l’accento toscano anche se l’accento toscano introduce un’aggravante. Senza offesa, eh. Individui che vogliono metterti a tuo agio, vogliono entrare in sintonia, convincerti a qualcosa anche quando hai di partenza un’opinione agli antipodi, che ti seguono nella postura e negli sguardi per portarti dove vogliono loro anche se stai andando da un’altra parte. E poi la faccia. Sto notando che ogni volta in cui vedo una nuova foto del sindaco di Firenze, oggi aspirante tutto, trovo somiglianze con qualcuno. O magari poi sono io che nel mio disordine interiore colgo aspetti del tutto arbitrari. Ma ritrovo attori, cantanti di successo, giornalisti, fino a un mio caro amico batterista che non vedo da anni e che si chiama Alfio. Anzi, ciao Alfio.

Probabilmente quindi si tratta di come lo percepisci, io lo percepisco male e nulla me lo farà piacere, perché vincere contro Berlusconi con i voti di Berlusconi è una vittoria a metà, un larghe intese bis, è la fine del Partito Democratico e il trionfo di Jovanotti, Bignardi, Baricco e tutta questa grande chiesa che parte da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa. A proposito. Non so se avete letto l’intervista a Gimme Five di Gramellini pubblicata su La Stampa di ieri l’altro. Ecco tutto quello che non mi piace del renzismo, di questa frenesia della crescita e del reinventarsi perché basta l’idea, la verve, la sintesi e lo slogan quando da queste parti la complessità è senza precedenti. Complessità orizzontale, perché ti voglio vedere a mettere insieme un insieme di persone ancora più eterogeneo di quello del PD di oggi che sarà il PD di Renzi, e complessità verticale, che in Italia va da Nord a Sud, dai ricchi ai poveri, dagli italiani di serie A a quelli in promozione che italiani non lo saranno mai malgrado vivano e lavorino dentro i nostri confini. Questa frenesia che poi è strano, in inglese frenesia si dice proprio “frenzy”.

non so voi, ma io mi sono commosso

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Il momento clou è stato al passaggio davanti allo stand in cui si spillavano birre e cuocevano salsicce: Bersani è stato invitato a mettersi all’opera e, tra un birra e una salsiccia, il coro che lo ha accompagnato è stato: “Un segretario, c’è solo un segretario”. (da Repubblica)

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colmare il voto

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Non è che non si possa cambiare idea con il tempo, anzi trovo che mettere in discussione le proprie convinzioni sia tutto sommato un comportamento maturo. La testardaggine lascia il tempo che trova e il tempo che trova è quello dei ragazzini che puntano i piedi per terra, fanno di tutto per fare gli originali, cercano di riempire gli spazi altrui e spesso quelli comuni con le proprie escrescenze di personalità eccetera. Gli adulti e gli anziani, quando non si sclerotizzano su aspetti solo per paura della novità, magari trovano strade più confortevoli di quelle percorse fino a quel punto e hai voglia a dargli del voltagabbana. Si tratta di esperienze che sto vivendo in prima persona ma nel mio caso riguardano cose come il primato della birra sul vino, per esempio, una svolta di fronte alla quale i puristi enogastronomici modaioli inorridiscono ma è così e mai avrei pensato che un giorno il vino mi avrebbe appesantito come ora rispetto alla birra che posso berne quanta ne voglio e alla peggio mi viene la pancia da tedesco di mezza età.

Invece non credo che cambierò il mio modo di votare. Un amico che sa che io voto il Partito Democratico mi chiede spiegazioni sui grossolani errori degli ultimi tempi, a partire dal più recente sull’avallo del blocco dei lavori delle camere proposto dal PDL. Ed è chiaro che chiunque avrebbe dei dubbi sul PD con tutto quello che è successo dalle ultime elezioni in poi, ma anche prima e almeno fino al peccato originale di aver messo insieme due anime, quella comunista e quella democristiana, che fino ad allora erano sempre state su scranni parlamentari ben distinti (e distanti) tra loro. La conseguenza più logica sarebbe quella di togliere il proprio voto, come si toglie il saluto a chi ti fa uno sgarbo. Perché è fuori dubbio che uno si senta tradito da strategie e logiche che, pur nella disciplina che è in sé l’arte del compromesso, alla fine rompono il cazzo e uno non ci capisce più nulla e va da un’altra parte. La politica italiana è costellata da elettori che hanno manifestato la loro protesta allo stato delle cose – e allo stato in sé – con le leghe e con le forzitalie più in voga.

L’ultimo caso è quello dei pentastellari che sembra abbiano fatto man bassa di delusi di ogni dove. Questa però è una cosa che non capisco. Voglio dire, io ce l’ho con le persone che rappresentano il PD in questo momento. Ce l’ho con i deputati e i senatori che allargano le intese, ce l’ho con i capigruppo e i segretari che si lasciano tenere in scacco da quello che dovrebbe essere il principale avversario, ce l’ho con gli opinion leader che filtrano la realtà di un esecutivo che temporeggia a causa del resto della maggioranza di cui fa parte e, di tutti i buoni propositi e dei punti da portare a termine, alla fine non succede mai nulla. E non è colpa loro se le lobby frenano sulle riforme, se il PDL ostacola la legge elettorale e tutto il resto. La colpa è che poi quello che ci arriva è che non succede mai nulla di buono. Malgrado ciò io non ce l’ho con il PD, quindi non vedo perché non dovrei più rafforzare il suo peso politico con il mio voto. Ce l’ho, ripeto, con l’apparato che lo abita.

Ieri ho ascoltato tutta la conferenza stampa di Grillo e oggettivamente occorre ammettere che è difficile dargli torto su tutto. Sono altresì convinto che il calo di preferenze delle utlime amministrative sia casuale e che alle prossime politiche abbia ancora più successo. Posso essere d’accordo, ma sono convinto che il loro non sia il modo di risolvere le cose che mi somiglia e credo che il buon senso va bene ma il buon senso ha alla base un orientamento politico, è soggettivo e uno ci si ritrova o no. Voglio dire, per me il buon senso è la patrimoniale, per altri il buon senso è il liberalismo estremo. E se posso aver empatizzato con la passione che trasudava il miliardario genovese, resto comunque convinto che il “canale” PD sia il veicolo più simile al mio modo di sentire per trovare soluzioni ai problemi. Che è poi è la politica. Al massimo, se non mi soddisfano più i rappresentanti del partito cerco di darmi da fare per cambiarli. Per esempio in questo momento mi trovo allineato pressoché su tutto con Pippo Civati e cerco di proporlo come posso come alternativa valida. Questo per dire che non credo voterò mai i pentastellari. Per non parlare di tutto il resto e di assembramenti partitici paralleli al PD da due o tre per cento.

Trovo quindi superficiale spostare la propria preferenza giustificando la mossa come voto di protesta, di rottura, non votare. Se un movimento non ha nessuna intenzione di condividere un programma di governo con un altro partito politico solo perché ci sono persone che all’interno di questo non lo vogliono anziché lavorare con le altre con le quali sarebbe possibile, significa che ha una visione diversa dalla mia e non c’è nulla da fare, giusto? Resta il problema del vuoto che non il PD ma gli uomini e le donne che lo rappresentano in questo momento sta lasciando anche dentro di me, per tutte le scelte pessime che stanno operando. Spero si tratti di un vuoto temporaneo e di poter tornare al più presto a fornire risposte convincenti a chi mi domanda il senso di scegliere ancora il PD dopo tutto questo.