libertanga

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L’art director della nostra agenzia rivale, che ormai non è più rivale perché stiamo combattendo una guerra dei bottoni, e lui prima di essere un art director è un mio vecchio conoscente (guai a dire amico) dai tempi delle palette ottimizzate a 256 colori, ha lanciato un thread di disappunto tra il serio e il faceto sulla sua pagina Facebook perché la sua collega Consuelo (nome di fantasia ma che si addice al carattere) cambia lavoro. Consuelo, mora e sulla trentina, è una ragazza che ha una passione profonda per il ballo latino-americano, tanto da aver negli anni fatto di questa passione una professione e ora, dopo anni di riviste impaginate, di fotoritocchi sui difetti cutanei delle fotomodelle e di gif animate, ha deciso di offrire la propria vita alla salsa (quella da sala da ballo) e di dedicarsi solo all’insegnamento della danza, di gruppo e non. Ma nella nostra agenzia rivale Consuelo lascia un vuoto che va oltre la perizia nell’uso a ritmi industriali della suite Adobe CS. E l’art director mio conoscente, un po’ per burla ma non so fino a che punto, ha fondato questo gruppo dedicato alle numerose volte in cui Consuelo, indossando pantaloni a vita notevolmente bassa, nella sua tipica postura di lavoro un po’ piegata sull’ennesimo file di Indesign da impaginare, lasciava pochi dubbi sul modello e colore del suo underwear, che ha un nome che si avvicina a quello di un celebre ballo di coppia sudamericano.

E lui, che con gli anni è diventato un po’ un ganassa, definendo quel dettaglio un valido e capiente portapenne, si chiedeva giorno per giorno, con qualsiasi temperatura e in qualsiasi stagione, quanto potesse essere salubre avere una così ampia fascia di pelle scoperta sulla pancia e sulla schiena, non risparmiando commenti sulla presenza del tatuaggio sul retro pensato, sono parole sue, quasi a indicare la via più breve per incanalarsi nel solco inframezzato da una striscia sottile di tessuto. Insomma, a volte basta un colpo d’aria che, preso dietro, ti blocca la schiena, o davanti, potete immaginarne le conseguenze. E la comodità di quell’underwear, portato quotidianamente solo con l’obiettivo di non creare spessore sotto gli abiti aderenti, il cui comfort è oltremodo dubbio per un’attività di ufficio, da trascorrere seduti per il 90 percento del tempo, senza alzarsi a svelare ai colleghi gli elastici delle mutande, e a stare chini sul Mac Pro in un posto dove è tutt’altro che gratificante essere seduttivi perché, specie da un paio d’anni, vige la morte dei sensi in tutti i sensi stessi. Ho detto al mio conoscente art director che sono un po’ cazzi di Consuelo, che ognuno si mette le mutande che si merita, che è poco carino ricordare una collega solo per il portapenne. Ma è l’idea della seduzione 24x7x365 che lo turba, che si senta il bisogno, maschi e femmine di ogni età, di piacere a se stessi e agli altri senza nemmeno un giorno di interruzione perché non si sa mai, un giorno in cui sei rilassato ed esci e non ti lavi e non ti dai il deodorante o ti metti le mutande lunghe che si vedono sotto i pantaloni, perché quel giorno lì potrebbe essere il tuo irripetibile giorno da preda.