il fascino dell’outsider

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Anche io ho una devozione per Philip Seymour Hoffman da sempre, almeno pari a quello che provo per Olivier Gourmet e pochi altri attori viventi, Frances McDormand e William H. Macy sono altri due che mi vengono in mente e non solo perché “Fargo” è uno dei miei film preferiti. La mia passione per il protagonista di “The Master” (che vedrò spero in questo weekend) risale alla visione di “Happiness” di Todd Solondz, quando interpretava il ruolo del vicino di casa maniaco e pronto a masturbarsi sul più bello delle sue telefonate inopportune. Scorrendo la sua filmografia sono pochi i film che mi sono perso, ed è piacevole ricordare i suoi ruoli contorti in pellicole come “Onora il padre e la madre” e “La famiglia Savage”, per non parlare delle “Idi di marzo”, “A sangue freddo”, “La 25a ora” e “Hollywood Vermont”. Confesso di aver visto anche film meno riusciti, come “E adesso arriva Polly” e “Ubriaco d’amore”, in cui la sua parte è comunque piacevole quanto disorientante, se uno è abituato a vederlo rivestire personaggi sempre ai margini o con forti connotazioni devianti. Non so dirvi da cosa derivi la mia ammirazione per lui, forse la faccia poco rassicurante o l’idea che mi sono fatto considerando le sue parti nei film che ho visto. Un perdente, un depresso, uno poco coraggioso, uno fuori forma, poco simpatico, poco brillante, cinico. Uno in cui talvolta ritrovo qualcosa di me, forse solo lo stesso anno di nascita, forse no.