un consiglio prezioso

Standard

Tutto vero, sono dieci pezzi dei Pretenders molto belli. Ma, che diamine, Precious?

precious

Standard

Come all you rambling boys of pleasure and ladies of easy leisure

Standard

è che tutto questo correre e spintonarsi alla Camera mi ha fatto venire voglia di pogare un po’, come ai vecchi tempi. Scommetto che anche voi non vedete l’ora. La situazione si fa tesa? Quale migliore occasione per scatenarsi, quindi…

Spazio Pour Parler: speciale Pogo!
Un tempo, si pogava di brutto. Addirittura a metà anni ’80, pogavamo cose tipo “La isla bonita” nelle discoteche estive di Varazze, giusto per dare ancora di più nell’occhio. Il diggei di turno, pur di non far degenerare la situazione, ci accontentava mettendo su i Cure o i Depeche o il disco più new wave a disposizione (Cure o Depeche). Noi lo si ballava con il massimo impegno e decoro, dopodiché si lasciava la pista al resto del pubblico. Ovviamente tralascio il “sotto il palco” dei concerti, la vera arena del pogo.

Il secondo capitolo di questa storia personale nei meandri della più genuina delle dissociazioni motorie è verso i primi anni 90. Il pogo di massa inizia a essere un fenomeno sociale proprio dei club che propongono musica alternativa. Siamo in pieno grunge e cross-over, dalle mie parti fioriscono locali dove ci si può spintonare a iosa ballando Urban Dance Squad, RATM e compagnia bella. Locali che chiudono nel giro di una stagione grazie alle risse provocate dal Firestarter di turno (ecco, si poteva anche pogare sulla techno).

Ma così è troppo facile. È come chiudere due gatti in un scatola di palle di natale di vetro. Si divertono, ma moooolto meno rispetto ad arrampicarsi sull’abete. La sfida era quindi pogare ovunque, in un discopub come nella disco più fighetta come al concerto del gruppo di amici al live disco bar o sotto la sezione fiati di Persiana Jones, non appena l’atmosfera finalmente si faceva un po’ meno “Rhythm is a dancer”.

Non a caso i diggei amavano dare spazio al loro lato più trasgressivo per tirare fuori il lato più trasgressivo del pubblico pagante e non. Così, se avevi pazienza, dopo i Gypsy Kings, dopo Umberto Balsamo, dopo I was made for lovin’ you dei Kiss, a volte persino dopo Goldrake, toccava ai Clash. E quasi sempre, dietro la console, si tirava il sasso nascondendo la mano qualora la situazione diventasse delicata. A quel punto si poteva pogare da soli, coinvolgendo gli improvvisati trasgressivi in un vortice punk di provincia. E siccome la scaletta era più o meno la stessa ovunque (Should I stay or should I go era improvvisamente diventato un must), ovunque andassi riuscivo a spintonarmi un po’ rimendiando quasi sempre la disapprovazione degli astanti.

Ma molto più spesso pogavo in perfetta solitudine, e già il mio virare verso i 30 lo rendeva un comportamento sempre meno credibile. Il pogo di gruppo, ovvero gruppi di pogatori che si insinuavano tra la bella gente, era indicato solo se consentito dai buttadentro della serata, onde evitare la perplessità palestrata dei buttafuori. La mia esperienza con il pogo finisce così, un decorso accelerato anche dall’incedere dei capelli bianchi, che per antonomasia rendono patetico ogni impeto giovanilistico. Il pogo indoor era ormai diventato un atteggiamento sociale tamarro, incalzato dal “io ballo da solo” della musica indie, sempre più permeata da loop e inviluppi, ritmi club e d’n’b. Fine.

Appendice 1. La tesi, confermata non tanto da Wikipedia ma da fonti autorevoli quali me stesso e le persone che conoscete che lo hanno fatto almeno 25/30 anni fa, è che il pogo originale si faccia saltando sul posto, senza urtare il vicino. Poi ha incarnato anche il concetto di ballo tutti-contro-tutti, rissa da alcolizzati e varie amenità.

Appendice 2. Non posso non chiudere questo imperdibile contributo con una discografia consigliata dei brani più pogabili. Su tutti, il già citato evergreen di Combat rock. Sheena is a punk rocker è anche molto divertente, quanto Precious dei Pretenders o So lonely (il pogo è ancora più succulento quando il brano alterna ritornelli veloci a strofe a ritmo dimezzato). Pogo violento su “Killing in the name of”, pogo scanzonato su Fiesta dei Pogues, in finto ma-mica-tanto “nome omen”. Lunga vita al pogo, energia pulita.

Appendice 3. Citazione celebre: “E io pogo!” (A. De Curtis, in arte Totò)