miglioreRAI

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Il coming out del giorno è che ho finalmente stipulato l’abbonamento alla tv pubblica. Vedete, siamo pronti a grondare giudizi su chi non paga le tasse e non emette gli scontrini fiscali e poi, nel nostro piccolo, anzi nel mio, ci facciamo fare ladri dalla prima occasione che possiamo cogliere all’insaputa del potere giudiziario. Posso aggiungere in mia discolpa che c’è molta confusione su quali dispositivi siano identificabili come soggetti al pagamento del canone, ma negli ultimi mesi la percentuale di programmi che ho seguito sui numerosi canali RAI dell’offerta del digitale terrestre o in streaming, ammetto essere cresciuta in modo esponenziale tra le mura di casa mia.

Resta però l’immenso  equivoco del nostro tempo, la babele dell’informazione criptata o a pagamento, gli articoli delle testate online o in pdf, i video su youtube non disponibili per questa o quella regione o la tv satellitare vs.  i siti per vedere in chiaro le partite, che poi è la stessa cosa dell’annosa questione degli mp3 e degli e-book, il tutto riassumibile nell’allegoria che come l’erba è illegale coltivarla – come si fa a impedire che un vegetale cresca? – così tutto che è digitale si dilata e pervade in modo granulare ogni anfratto della nostra attitudine alla conoscenza, soprattutto se supportata da dispositivi digitali e da quella cosa che ci sovrasta che è la rete e di cui abbiamo ormai perso il controllo. Insomma, possiamo nasconderci ma è impossibile non farci sorprendere e colpire da un qualunque tipo di connettività.

E in questo infinito quasi leopardiano, con tutti i suoi interminati spazi e sovrumani silenzi, i legislatori annaspano nel trovare un modo per attivare policy e regolamentazioni a tutela dei diritti che sì, è giusto e sacrosanto, ma oramai è lapalissiano che non è certo quello più il problema. Così tutte le tv pubbliche e a pagamento – e la SIAE, certo –  dovrebbero far parte di quel contenitore che è l’abbonamento a Internet perché chi mi trova la differenza è bravo, e anzi andiamo alla radice e paghiamo direttamente con l’irpef anche un forfait per tutto ciò che arriva alla nostra presa di rete e morta lì. Musica, televisione, cinema, libri, foto. Per dire, è di poco fa la notizia di Prince che dall’alto dei suoi trilioni ha denunciato 22 persone ree di aver postato link a registrazioni non autorizzate di suoi concerti. E sì, siamo nel 2014.

Comunque in attesa che il mondo cambi ho deciso che è giusto pagare il dovuto affinché ci siano anche le risorse per agire questo cambiamento e ho messo mano al portafoglio. Certo, della RAI non mi piace proprio tutto, anzi a essere sincero è difficile che, nel poco tempo che passo davanti alla tv, trovi qualcosa a cui dica un sì deciso e convinto. Ma se metto insieme i canali di cartoni animati, qualche film su RAI Movie, un documentario su Marina Abramovich che è passato l’autunno scorso e qualche puntata di Gazebo diciamo che quei pochi euro al mese li valgono. No, ho detto una sciocchezza: solo l’aver trasmesso The Newsroom mi ha fatto rivalutare l’intero palinsesto. Insomma, ieri quando sono uscito dall’ufficio postale con le mie ricevute ero un po’ più povero ma tutto orgoglioso e con la coscienza a posto. Ora potrò tornare a vantarmi di aver cancellato tutte le reti Mediaset dai programmi memorizzati del mio televisore senza correre il rischio di ricevere un controllo a casa.

se la tv on demand non rispond

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Volevo scrivere qualche considerazione su Jonathan Franzen, il nuovo romanzo “Libertà” (ho solo 6 prenotazioni in biblioteca prima della mia, un totale ad oggi di 38, il momento della lettura si avvicina), di quanto ho apprezzato “Le correzioni” e “Forte movimento”, di quanto mi coinvolga la sua scrittura. Volevo approfittare di alcuni spunti emersi durante l’intervista all’autore sabato scorso a “Che tempo che fa”, particolari che avevo notato anche io nelle sue opere precedenti tanto quanto la persona seduta nella metà sinistra dello schermo. Volevo sottolineare qualche collegamento, qualcosa che mi sembrava intelligente. E per pubblicare un post completo di fonti e richiami, ma anche per controllare che quanto avevo sentito durante la trasmissione fosse davvero quello che ricordavo, passaggi che avevo pensato di lasciar decantare per non scrivere mosso dall’entusiasmo, a caldo, sono andato su youtube a cercare l’intervista. Toh, non è stata ancora pubblicata (ultimo aggiornamento: le 19.29 del 23/03). Il che è curioso: Santoro, Littizzetto, Travaglio e altri fenomeni televisivi sono disponibili già a pochi minuti dalla fine dei loro interventi. Peccato che uno dei più noti e bravi (e anche un po’ di moda, diciamolo, ma, come si dice da queste parti, in sci veghen) scrittori contemporanei non sia altrettanto oggetto di culto (mi direte: perché, se ci tieni tanto, non lo metti on line tu?).

Vabbè, poco male, vado sul sito della RAI, sicuramente lo trovo lì. La prima volta, mi viene chiesto di scaricare Microsoft Silverlight, che, a dir la verità, non so nemmeno se si tratti di un plug in o che altro. Ma tale è il desiderio di rivedere Franzen, di non lasciarmi scappare le cose che vorrei scrivere che clicco il consenso all’installazione senza pensarci su, qualsiasi cosa sia. Magari è uno spyware di Microsoft che serve a identificare programmi craccati. Sono fritto. Speriamo di no.

Poi però metto a fuoco il nocciolo della questione: il fatto che un portale come quello della RAI utilizzi una tecnologia di streaming differente da Youtube, che, per quanto ne so io, è  la più comoda e funziona con qualsiasi sistema operativo e qualunque browser. Da sempre ho il mito dell’integrazione, dell’interoperabilità tra ambienti e dell’utilizzo di sistemi standard, il tutto favorito dall’uso del protocollo IP. E penso anche che il servizio di web TV on demand di una emittente prestigiosa e autorevole come dovrebbe essere l’emittente pubblica italiana utilizza piattaforme non immediate e poco comuni, il che non depone a suo favore.

Non fa nulla. Installato Silverlight, chiudo Firefox, lo riavvio, torno al link. Parte la pubblicità, 14 secondi al contenuto scelto. Bene. Silverlight funziona. Poi l’animazione del loading. Bene. Poi il buio. Il nulla. Ci riprovo, pensando nel frattempo, per non perdere l’ispirazione preziosa, a come organizzare le cose da scrivere.  Chiudo Firefox, lo riavvio, torno al link. Altra pubblicità, questa volta solo 9 secondi. Ok. Poi ancora l’animazione. Poi un avviso: “Riconnessione al server in corso”. Ed ecco, finalmente,  il video tanto agognato.

Ops. Contenuto non disponibile. Ma no. Sarà un problema di sovraccarico. Sarà il mio PC. Sarà Firefox. Sarà per la prossima puntata.

p.s. forse era destino, le cose che volevo scrivere su Franzen, e che nel frattempo ho dimenticato, non erano così interessanti. Magari mi verrà in mente qualcosa una volta finito “Libertà”. E lo so, il titolo di questo post non è granché.