dipende dal segnale che si vuole dare

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A me, lo sapete, la cosa che più mi amareggia di questo nostro tempo è il virus della semplificazione che ormai si è dilagato in lungo e in largo per la nostra civiltà, mietendo vittime che non l’avresti mai detto. A partire dai bullet di powerpoint che spalmano uno strato di conoscenza volatile come fissativo scaduto che, pur utilizzato per trattenere al meglio concetti ed elementi, conferisce al contrario solo l’illusorietà del sapere come quando a scuola, mentre leggevamo la prima e unica volta la lezione, ci sembrava già di saperla e poi di fronte al prof, al momento della ripetizione, ci facevamo la figura da idioti. Tanto è vero che gli approfondimenti vi scivolano sopra in modalità opposta, come allontanati da un fattore repellente. Per continuare con gli assistenti vocali che ti consentono di impartire l’ordine di attivare una chiamata per il tuo beneamato/a usando persino il nomignolo intimo da post-coito a cui hai associato il numero alla memoria del dispositivo e quando ti succede e sei da solo sull’auto aziendale, quell’evocazione decontestualizzata ha lo stesso effetto di visualizzare il tuo profilo Linkedin la domenica mattina. È come se avessimo sprecato l’evoluzione di un secolo nella parcellizzazione della ricerca, un modello buono per ogni settore in cui è stata esercitata, per poi ridurre tutto a un sistema elementare, nel senso di primitivo, in cui attraverso schemi applicati presi dall’informatica tendiamo ad aleatori bignami discliplinari nell’intento di assimilare solo la sintesi ricavata da un unico processo valido per tutto. Dall’informazione alla medicina omeopatica, il paradosso della conoscenza non mediata grazie a interi sistemi enciclopedici del calibro del blog di beppe grillo o di yahoo answers coincide proprio nel momento di maggior successo dell’idea di superamento della democrazia rappresentativa, quasi se l’umanità avesse ravvisato nell’Internet della gente e nella parvenza di potere che solletica le pance più represse il punto di non ritorno, il momento storico perfetto per tirare i remi in barca e affidarsi a una dimensione iperuranica parallela come supporto dell’esistenza. Il che non sarebbe un problema se la casualità di ricerca di risposte, in un sistema come la rete, consentisse l’equivoco di considerare autorevole il parere del proprio vicino di casa piastrellista evasore totale e dai discutibili gusti in fatto di abbigliamento e di scelte educative per i figli, al quale nella realtà quotidiana uno non chiederebbe nemmeno un bicchiere di latte in un momento di urgenza culinaria. Probabilmente una manciata di decenni di annichilimento da passatempi compulsivo-passivi hanno ridotto drasticamente la nostra voglia di risolvere i problemi – non necessariamente quelli insormontabili – e abbiamo confuso il miglioramento della qualità della vita con la liquidazione totale del nostro pensiero critico e della volontà stessa di applicarlo per intendere e capire, ancora prima di superare l’ostacolo.