l’inedito dei Beatles, un pezzo da sogno

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Stanotte ho sognato che suonavo con i Beatles, probabilmente ero al posto di John Lennon ma in realtà suonavo il basso e avevo di fronte a me Paul McCartney che cantava ma la cosa funzionava lo stesso. Era un sogno, non è che si può pretendere di essere filologici al 100%. Il pezzo non era niente di che ma ero in affanno a fare la seconda voce su quella di Paul, sapete come sono strutturate le loro melodie. La parte strumentale in realtà non era molto complessa, era il classico giro blues in dodici battute e io già alla terza o quarta ripetizione mi ero stufato e avevo cominciato a svisare con il basso inventandomi linee soliste incurante del fatto che avrei potuto disturbare la riuscita del pezzo. Voglio dire, la responsabilità di suonare nei Beatles non è da prendere sotto gamba. Comunque me la stavo cavando bene e la cosa mi prendeva. Paul era molto giovane e muoveva la testa cantando secondo quel suo vezzo un po’ beat, con la frangetta che salta in quel modo yèyè che siamo abituati a vedere nei loro filmati degli esordi.

Ho collegato così quella jam session onirica con una raccolta che faceva mio papà quando ero ragazzo, sapete quelle uscite a fascicoli settimanali che poi alla fine dovevi portare in legatoria per farle assemblare come veri e propri volumi. Mio padre aveva questa mania delle raccolte e non se ne perdeva una. Dalle enciclopedie vere e proprie alla storia universale e le religioni del mondo, una modalità compulsiva e acritica di accumulo privato del sapere, incurante o ignaro dell’esistenza di biblioteche e dell’accesso a consultazioni gratuite e pubbliche. C’era in edicola questa grande storia del rock, e la cosa interessante, consultando la programmazione delle uscite, era la pubblicazione di dischi in aggiunta alle dispense. Il piano prevedeva alcune teste di serie, come Beatles e Rolling Stones, e poi una pletora di cantanti e gruppi mai sentiti e ai tempi non capivo che cosa c’entrassero con la storia del rock. Ma ero ingenuo e non sapevo nulla di diritti musicali e copyright. Ma anche per le band più blasonate, come i Beatles, mica c’erano le canzoni più famose, bensì solo pessime registrazioni live di concerti vecchi come il cucco, con scalette sconosciute e brani poverelli. Per la maggior parte pezzi e cover di rock’n’roll fine anni 50. Che delusione. Malgrado sin dalle prime uscite la fregatura fosse evidente, mio papà andò fino in fondo completando l’intera serie. Inutile dire che non credo di aver mai ascoltato nemmeno uno di quei dischi. Chissà, forse tra i solchi dell’uscita dedicata al quartetto di Liverpool c’è proprio quel brano inedito che ho sognato stanotte, e alla cui composizione ho contribuito anch’io.

Il sogno però poi si è evoluto nel modo surreale e consueto con cui la testa si libera delle tossine della nostra vita e cerca di compensare, in quella fase di incoscienza notturna, tutto ciò che ragione e autocontrollo filtrano con la loro rigidità. Il manico del basso Fender che suonavo – ecco, nel sogno non c’era nemmeno il prestigioso basso a mandolino – a un certo punto non era più un basso ma era la gamba di mia figlia, e io ho cominciato a farle una specie di massaggio come se fossi un panettiere che lavora la pasta e lei era molto divertita, così l’unica occasione di far parte dei Beatles si è trasformata in una sessione di gioco. Io le facevo il solletico tenendola per i piedi e lei mi diceva di continuare e di smetterla allo stesso tempo, come fa sempre, ridendo fino a quando deve correre in bagno.