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Non trovate differenza tra sentire le vostre canzoni preferite alla radio, all’improvviso, selezionate da un diggei, rispetto all’ascolto pianificato delle stesse, quando avete voglia di quel brano e cercate l’LP tra i 33 giri allineati di costa in ordine alfabetico sul ripiano più comodo della vostra libreria? Perché io ancora vado in subbuglio se, mentre sto guidando, sento un pezzo a cui non pensavo da tempo e me lo ritrovo lì, alla radio, all’improvviso. Non credo alle mie orecchie. Tutto mi sembra improvvisamente familiare e privato. Mi mette di buon umore, anche se fuori c’è il sole, ci sono 35 gradi e sei in coda verso il mare e magari alla radio parte Sinking dei Cure. Ma non è la colonna sonora inappropriata, su cui vorrei soffermarmi. Bensì la sorpresa che qualcuno ha i tuoi stessi gusti e ti lancia un messaggio, anche se non è personalizzato. Ma non si sa mai: chi mi dice che in quel momento non sono io, l’unico al mondo ad ascoltare quella trasmissione? Chi mi dice che il palinsesto in realtà altro non è che un modo che una qualche entità soprannaturale sta utilizzando per comunicare con me? Niente di più probabile, alle soglie del 2012 e durante la quaresima.

La stessa cosa alla tv, nei rari momenti in cui decido di concedere un’opportunità alla cara vecchia compagna di infanzia, ormai poco più che un elettrodomestico/soprammobile quasi sempre spento. Dopo anni di media interattivi, subire inaspettatamente un programma è sempre un’esperienza particolare. Soprattutto se si tratta di film. Perché la musica, alla radio, la riconosci subito. Di un film magari non ricordi proprio tutte le scene, quindi ti rendi conto della familiarità delle immagini, inizi a pensarci, poi riconosci l’attore, il dialogo, aspetti un po’, qualche scena, quindi, se si tratta un film che ti piace, giosci e lo guardi più volentieri rispetto allo stesso spezzone che vuoi condividere con gli amichetti su Facebook, e non solo per un motivo di qualità video.

Qualche sera fa, cognac alla mano, aspettando che la lavastoviglie concludesse il suo ciclo, letto tutto quello che c’era da leggere sul web, ho acceso la tv. È stato sufficiente raggiungere le memorie dei nuovi canali RAI dei digitale terrestre ed ecco il flashback. Per una volta non ho dovuto interpretare la solita pantomima con mia moglie su quale fosse il titolo di quel film…. con quell’attore… ma sì, quello che ha fatto anche… che poi era lo stesso di… eccetera eccetera, in un tripudio di vuoti di memoria. Che imbarazzo, la senilità. Mi ha stupito invece la rapidità con cui abbiamo entrambi riconosciuto New Jack City, un film che non ha fatto la storia, ma ha avuto comunque un discreto successo. L’ho visto al cinema (era il 1991, ero ancora uno studente quindi se ho speso i soldi per il cinema doveva davvero valerne la pena) e ricordo pure che mi era piaciuto. Tanto da accendere subito la lampadina. L’altra sera però non l’ho rivisto tutto, il ciclo della lavastoviglie era già a buon punto e la porzione di cognac non era generosa, ma una parte abbastanza lunga da rimuginare qualche considerazione. Che poi si riduce ad un unico ragionamento.

Il film si colloca a una distanza di tempo non sufficientemente ampia da essere considerato una pellicola del passato, siamo sul confine di epoche diverse, ma secondo me già al di qua, rivolto verso di noi. Ciò non toglie che lo si veda con un’ottica remota perché racconta di cose che ci ricordiamo ma che non sono proprio storia consolidata. Ha un linguaggio a cui non siamo più abituati, ma non sufficientemente diverso da far rientrare New Jack City già nei film del passato, i classici da guardare con l’occhio sintetico del presente. Pensate per esempio a com’è cambiata la cultura afroamericana da allora, che a sua volta già era diversissima da quella di 10 anni prima. Che strano rivedere Ice T. ora che l’estetica dell’hip hop è così differente (e così diversamente macho). Sentire parlare di crack, non in ambito finanziario.

Il film si snoda a ritmo di rap, tutti si esprimono tramite quella gestualità che tanto ha fatto scuola, mani, braccia e petti strabordanti di suppellettili e ornamenti con simboli di potere e opulenza. Ballerini con i loro monumentali riproduttori di musicassette sottobraccio. Il basco e le capigliature a crestina. Insomma, un classico della blaxploitation e della old school, quella che ha toccato il suo apice con Flavour Flav e la sua sveglia al collo. New Jack City: provatelo sui vostri HD.

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