un taglio all’evasione

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Ci sono quelli che ti fanno la testa a uovo, perché se hai il viso lungo e i capelli troppo rasati sui lati e un po’ meno in cima fanno l’effetto palla da rugby. Poi quelli che alla fine sembri un delta sempre a causa del mento a punta, ma questa volta con l’aggravante della sfumatura sui lati, rasati alla base è più lunghi sopra le tempie, la risultante è una V per vendetta. Non ho mai capito poi quelli che ti fanno lo shampoo prima del taglio, quelli che te lo fanno dopo, quelli che ti bagnano con un vaporizzatore profumato durante.

Quasi sempre c’è la musica, qui sta al gusto personale. Il mio coiffeur storico, da cui vado raramente ora per motivi logistici, è sempre stato all’avanguardia, addirittura faceva i tagli punk, disegnava ragnatele agli skin, tirava su e colorava creste agli albori della cultura alternative. Potete immaginare quello che ascoltava, Bowie del periodo berlinese, new wave, ma anche reggae e comunque sempre roba molto off. Ora si è diffusa la moda della tv accesa, se vai in pausa pranzo ci sono i video musicali a tenere compagnia a chi è seduto in attesa del proprio turno, se vai nel pomeriggio sogni lidi esotici seguendo reportage di viaggi. Altri usano lo schermo solo come veicolo pubblicitario, con trasmissioni a rotazione, sfilate di moda e pubblicità di negozi locali o sponsorship di prodotti di bellezza.

Come non ricordare le botteghe storiche. Ce n’è una bellissima a Genova, ma anche qui a Milano trovi il tipico barbiere di una volta. Fino a poco tempo fa qui vicino era ancora in attività un ottantenne, talmente affezionato alla sua professione che, ormai vedovo, trascorreva anche le due ore precedenti l’apertura pomeridiana in negozio, godendosi il pisolino su una branda nel retrobottega oppure sfogliando il Corriere su una delle sue poltrone d’epoca.

Non ho mai provato i grandi centri estetici unisex, quelli con ennemila lavoranti, ogni volta te ne trovi uno (o una) diverso e fai fatica se sei uno come me, di quelli per i quali il taglio dei capelli è un po’ un rito, perché viziato dallo stereotipo del parrucchiere di una volta, con cui chiacchieri, non ti preoccupi di buttare via il tempo, la tua testa è nelle sue mani e affidata alla sua perizia nel renderti più bello, nei limiti del possibile naturalmente.

Ma il modo in cui si chiudono le sedute dal barbiere è sempre lo stesso, vent’anni fa come oggi, a qualunque latitudine. Ci si guarda nello specchio, di fronte, di lato, si ammira il proprio look quasi sempre soddisfatti, quindi si paga il disturbo e, indipendentemente dal costo che varia da città a città, da bottega a bottega, alla consegna del denaro non si ottiene nulla in cambio e in ricordo dell’avvenuta prestazione, se non il resto dovuto. Ciao, grazie, ci si vede alla prossima.

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