riconoscimento

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L’idea che ho io di intelligenza è la capacità di fare la sintesi. Leggere molto è amore per la lettura, al massimo ti foraggia il lessico, ti permette di vedere luoghi e volti nell’immaginario, ti fa fare bella figura con gli amici quando gli scrivi o gli dici le citazioni, ma non necessariamente diventi intelligente. Cogliere i collegamenti tra le cose è un’altra bella virtù, vedi un film e lo fai rientrare nella categoria di un altro, vedi un quadro e riconosci il tributo che l’artista ha voluto espressamente pagare alla corrente del passato, annusi un fiore e racconti del profumo che hai sentito addosso a tizio o a caio, ogni città che te ne ricorda una vista in precedenza. Qui c’è un po’ di tutto, elasticità, uso sapiente della metafora e spirito di osservazione, anche memoria e capacità di organizzare i contenuti, ma non è proprio quello che intendo io. C’è poi l’essere informati, l’intasarsi il reader di feed altrui, scorrere la home page dei quotidiani in un eterno F5 per il refresh della pagina con quello che accade, seguire Ballarò leggendo i Twitter su Ballarò e postando commenti su Ballarò insieme ad altri che seguono Ballarò. Questo è essere aggiornati e pronti alle conversazioni con i conoscenti il giorno successivo, ma nemmeno in questo caso si tratta di intelligenza. L’idea che ho io di intelligenza, invece, è la capacità di fare la sintesi. Metti cioè tutto questo insieme – saggezza, ragionamento, informazione – con una spruzzata di curiosità e fai una persona che ho sposato (questa era una sintesi, non per questo sono intelligente, però.)

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