col piffero

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Per darvi un’idea della portata sperimentale e delle potenzialità innovative della scuola elementare in cui mia figlia frequenta la classe terza, ecco qualche dato sull’insegnamento della musica. Nella scuola di mia figlia, che è la figlia di un musicista, mica cazzi, non si persegue uno di quei approcci a dir poco obsolescenti alla cultura delle sette note – anzi dodici – attraverso, che so, l’uso di software didattici, di quelli che offrono infinite possibilità per mettere in risalto l’aspetto ludico della materia in questione. Oppure l’avviamento alla pratica dell’esecuzione con una proposta tra strumenti ritmici, armonici e melodici, variando timbriche e tipologie stesse tra le singole classi in modo da abituare l’orecchio degli alunni a una musica di insieme diversificata, formando piccoli ensemble in cui lasciar coesistere musicisti in erba, in grado di ascoltare e, soprattutto, ascoltarsi reciprocamente cogliendo tutte le peculiarità di strumenti a fiato, a percussione, a corda. Niente di tutto questo. La scelta volta a lasciare un solco di apprezzamento indelebile nelle anime dei bimbi cresciuti a suoni di plastica e a hit da baby dance è lo studio del flauto. Capisco il vostro stupore: mai nessun programma di così alto livello aveva permesso alla musica di superare finalmente l’immeritato status di cenerentola delle materie scolastiche. Solo uno strumento dalle così ampie possibilità, così flessibile e in grado di dare ai bambini gratificazione immediata può far nascere la passione e competere con gli stimoli sonori ai quali i nostri figli sono avvezzi. Penso all’audio hi-fi degli home theatre, per non parlare degli impianti di amplificazione dei cinema, con quei subwoofer che ti pettinano e ti fanno ribaltare sui sedili. Niente di tutto questo. La scuola pubblica che non può contare sulle proprie risorse e che demanda ormai alle famiglie e all’iniziativa privata la copertura economica di tutte le attività collaterali al leggere, scrivere e fare di conto, è pronta a cogliere la sfida della modernità e a vincerla, sulle note di Fra Martino Campanaro, suonato rigorosamente all’unisono.

p.s. e per essere propositivo, mi chiedo, non era meglio il glockenspiel che è più facile da imparare, costa uguale, è polifonico e ha più di un’ottava?

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