affetto e affettato

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Gli individui manifestano il volersi bene nei modi in cui sono capaci, anche attraverso gesti talvolta deleteri. Non so, penso ai racconti di casi limite come le percosse tra le mura domestiche, gente che dice di amarsi anche così ma nessuno poi per fortuna ci crede. Altri, laddove sono carenti nel supporto psicologico, inteso anche come un semplice far sapere agli altri che sono lì, intervengono attraverso palliativi materiali se ritengono le parole inadeguate o didascaliche a rimarcare una condizione di rapporto con il prossimo più volte attestata, come se pronunciarle fosse un segno di debolezza o un inutile bizantinismo. Per non parlare del contatto fisico. Così capita che uno si trovi l’auto del ritorno a casa, dopo una visita a parenti molto stretti, magari gli anziani genitori stessi, piena di generi alimentari. Pandolce per tutta la famiglia, chili di focaccia con cui stipare il freezer, qualche bottiglia di vino, pasta fresca ripiena locale in quantità industriale, gli avanzi del menu che non si è riusciti a gustare del tutto per non mettersi in viaggio subito dopo troppo a pancia piena e così via. Che poi uno è abituato a mangiare poco per via del lavoro che fa e del tenore di vita stesso, a pranzo un po’ di frutta per non crollare davanti al pc e alla sera si arriva tardi a casa e non è che ci si mette ad allestire cene luculliane, quindi scambierebbe volentieri la metà di quelle potenziali calorie in sentimento standard.

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