da paura

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I media hanno contribuito a categorizzare i due modelli umani cavalcando i sentimenti della gente, il comandante pavido e l’ufficiale di polso, l’uno sul campo anzi in fuga da esso, l’altro nella stanza dei bottoni a gestire con fermezza l’operazione. Una dicotomia che mi ha riportato alla mente il periodo in cui prestai servizio militare, trascorso proprio a cavallo della prima guerra del golfo, nel 91. Ricordate i presidi armati intorno agli obiettivi strategici? Il comandante della piccola caserma operativa a cui appartenevo, un tenente poco più che ventenne, era nel panico per l’escalation della gravità di allarme, una situazione che probabilmente mai si sarebbe immaginato di dover gestire nel momento in cui ha deciso di intraprendere la carriera militare. O meglio, uno scenario estremo contemplato dalla stessa natura di quella professione, come il comandante di una nave rispetto a un naufragio, ma remoto in un tempo di pace. Durante un servizio presso il centro da cui la mia caserma dipendeva, mi capitò di ascoltare una conversazione tra i suoi due diretti superiori e un passaggio in particolare, in cui il più alto in grado lo apostrofò come uno dei tanti giovani militari che non sanno cos’è la guerra, ammettendo anche però che nemmeno loro, i due graduati, non avendo mai preso parte a un combattimento vero, non avrebbero saputo come affrontarla. Questo per dire che chi decide una carriera, anche se impara a tenere testa a situazioni limite attraverso simulazioni ed esercitazioni, trattandosi di un’eventualità remota – anche se possibile si tratta comunque una casualità derivante da un errore umano – non è detto che poi sia all’altezza della situazione, come risulta evidente dai fatti di questi giorni. Ma in un momento così grave in cui è la propria vita ad essere in pericolo, in cui si deve scegliere se rischiarla o meno, ecco io ci andrei piano con i giudizi, perché da qui o da una postazione al sicuro si ha un punto di vista completamente differente. Questo è il motivo per cui faccio l’impiegato.

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