uno speciale riconoscimento

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Ed eccoti lì, sei proprio tu. Sbuchi dal nulla che poi è tutto quello che c’è intorno al momento ripreso dalla telecamera ma che non esiste per chi sta guardando e non si trovava in quel posto, entri in campo da destra quando il cantante sul palco incita il pubblico ad avvicinarsi, avanti c’è spazio, venite ad agitarvi qua sotto. Così, malato di divertimento com’eri, non te lo fai ripetere due volte. Tu e i tuoi amici vi ammassate davanti al gruppo che suona e inizi a muoverti in un modo che non saprei riprodurre nemmeno assistito da un coreografo, la giacca di pelle nera e la pettinatura di un’altra epoca.

E già l’aver ritrovato quella registrazione digitalizzata da una vhs chissà da chi e caricata su youtube è stata una bella sopresa, miracolosa come qualsiasi coincidenza di quelle che solo Internet consente. Persone che casualmente si trovano in un posto muniti di telecamera o macchina fotografica, immortalano qualcosa, per esempio una festa in una piazza con un gruppo locale che suona, e poi venti anni dopo, probabilmente decisi a gettare il loro archivio fisico di reportage audiovisivo, digitalizzano tutto e decidono di farlo addirittura in rete, nemmeno su supporti personali.

Dall’altra parte della storia, qualcuno fa una ricerca sui motori con parole chiave improbabili il cui esito mostra una thumbnail in cui c’è qualcosa di familiare. Ma sì, non proprio loro, la band di cui stavo cercando notizie, chissà se addirittura quella sera c’ero anche io tra il pubblico. Così ecco la sensazione di meraviglia nel ritrovarsi all’improvviso da un’altra dimensione, in una sequenza di frame di cui si ignorava l’esistenza. Situazioni rimosse dalla memoria, riprese in cui non si è protagonisti nelle quali anzi si svolge il ruolo di comparsa casuale, un punto indefinito dello sfondo, un elemento di passaggio al quale può fare caso solo il diretto interessato. Ma a malapena.

È infatti in occasione di quell’incontro insperato con il proprio sé animato di decenni prima in cui ci si chiede quale sia l’elemento che rende così difficile riconoscere sé stessi in istantanee o filmati di cui si ignora l’esistenza. Cosa ci fa lì quella persona che sono io? La scena dura una manciata di secondi, il tempo di dare qualche spallata ai vicini di pogo, qualche salto sulle file davanti, e poi il cameraman zooma sulla corista in minigonna, ben più degna di essere ripresa da una posizione così bassa rispetto al palco.

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