il gioco dei quindici

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Il mercato è saturo in ogni suo anfratto e il problema degli eccessi produttivi si scontra anche con la riduzione forzata del modello di consumo ai tempi della crisi, laddove un ridimensionamento potrebbe invece essere invocato in forma di autodisciplina del consumatore. La sfida alla sopravvivenza, che si protrae comunque di gara in gara ed è il segnale che là sotto fortunatamente c’è ancora qualche organismo vivente imprenditoriale, fino ad oggi è stata vinta da chi è riuscito a creare intelligentemente i bisogni, prima ancora di immetterne l’antidoto sul mercato sotto forma di prodotto consolatorio, IVA esclusa. Mi viene in mente, come esempio più eclatante, la maestria di Apple nell’essersi reinventata cose che esistevano già, imbellettarle per i dì di festa (leggi perfezionarle e aggiornarle) e sbaragliare i competitor o fare piazza pulita di prodotti borderline, concentrando in un unico dispositivo tecnologie che prima svolgevano anche funzioni collaterali, convincendo il mercato della superfluità di tutto il resto. Ora che anche i bisogni sono agli sgoccioli, erosi da necessità di sempre più basso livello a fianco delle quali il valore esorbitante di accessori extra assume un carattere di oggettiva oscenità, e non a caso è proprio l’osceno a regolamentare alcuni aspetti della contemporaneità primo fra tutti le scelte di acquisto, e i sogni si infrangono intorno al quindici di ogni mese scoperti oramai da buste paga inadeguate per non dire giocattolo, si tratta di fare breccia nell’individuo attraverso canali innovativi tutti da inventare. Buon lavoro, ci viene da dire. Il guaio è che i nostri difetti, nostri nel senso di noi che stiamo dall’altra parte del bancone nel negozio in fila per pagare, si fanno largo nell’anima stessa delle aziende, perché i ruoli chiave e i posti di chi prende le decisioni ma anche degli addetti alla produzione stessi sono occupati da individui che mangiano le stesse cose e respirano la stessa aria quindi non possono che fare sempre peggio, e alla fine il corto circuito è inevitabile, fa scoppiare tutto, lascia terra bruciata intorno. Non c’è più posto, mi spiace, siete arrivati tardi.

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