lavorare di squadra

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Si chiude per l’ultima volta la porta di casa dietro all’unica invitata che è rimasta più di mezz’ora oltre l’ora in cui avevamo chiesto ai genitori di passare a ritirare le figlie, e, guarda caso, questa piccola manchevolezza che è un ritardo di trenta minuti che non è un problema, ci mancherebbe, è riservata alla bimba che tra tutte quelle presenti alla festa ha dimostrato le principali anomalie nel rapporto con i pari, con sé stessa, con gli adulti. Quasi se il non farla sentire al sicuro tra orari, certezze su cui contare e riguardi nei suoi confronti la spingesse a manifestare un dissenso sentimentale covato dentro di sé nelle dinamiche con le amiche.

Ma a quel punto il turno di farsi carico dei disagi altrui è finito, mia moglie ed io archiviamo questa piccola festicciola di compleanno per nostra figlia alla quale hanno partecipato tutte le compagne di classe femmine, poche ore scivolate via tutto sommato agevolmente tra l’accoglienza nel tardo pomeriggio, la pizza a cena, l’apertura dei regali e la torta finale. A otto/nove anni sarebbe difficile gestirle per più tempo, ma anche così, con pochissimi momenti destrutturati, c’è stato ampio margine affinché ognuna desse il peggio di sé. A parte il non sapersi esprimere se non gridando, a parte il mettersi sotto le coperte dei letti altrui, a parte dire le parolacce, a parte il non sapersi adattare minimanente ad alcune regole base della vita sociale, a parte non aver avvertito gli organizzatori della serata sul fatto che la pizza non è gradita quando sul biglietto di invito c’era scritto che la cena sarebbe consistita in una pizza, a parte l’inventarsi allergie assurde tipo il prurito sulle braccia ogni qual volta si aziona un flash, a parte il non aver ricevuto mai una sgridata da un famigliare tanto che la prima volta che la ricevi dal padrone della casa in cui sei ospite ti rivolgi a lui chiamandolo maestra il che rende evidente chi sia l’unica persona vicina a te che cerca di rimetterti nei ranghi.

E vi giuro che non amo incensarmi, almeno non credo e sbaglio mi corigerete. Mia moglie ed io passiamo ore a fare autocritica e dibattiti su cosa è meglio fare per nostra figlia, su cosa è meglio evitare, siamo in due ma formiamo persino correnti interne a seconda dell’orientamento di pensiero come nella migliore tradizione delle persone di sinistra. Ma alla fine del party, quando l’ultima invitata è stata finalmente riportata a casa, vi confesso di aver stretto la mano di mia moglie, sì insomma le ho fatto i complimenti. Lei mi ha guardato incredula, così le ho detto che ha svolto un gran lavoro per ora, che siamo un team formidabile, che quello che non si può certo dire di nostra figlia è che le manchi l’educazione e un ambiente presente in cui crescere in serenità.

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