pesci grossi e pesci grossi

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Non è un pesce d’aprile. L’arrivederci di Emilio Fede dal suo scranno sembra l’ultima delle mosse di una strategia un po’ grossolana tra giocatori che giocano forte, un avvertimento tra bulli, il classico stai all’occhio che prima o poi ti aspetto fuori di chi sa di avere ancora il coltello dalla parte del manico. Ma in uno scenario così, come ci immaginiamo sia occupare quelle posizioni di potere in un ambientino da sogno come Mediaset, sembra che i coltelli in mano li abbiano tutti, e per chi è abituato a vivere da squalo in una vasca tra simili la prima regola di questo fight club di colpi bassi è proteggersi dagli squali con cui sei uscito a caccia. Così ci si immagina quali debbano essere i delicati rapporti della banda di potenti che ruota intorno al padrone di casa, non dimentichiamo che per l’entourage più stretto ed esclusivo il capo ha promesso non solo un posto di lavoro e un posto in parlamento ma anche un posto nel mausoleo di famiglia. Ed è sufficiente fare due conti e considerare la facilità con cui sembrano pronti a farsi le creste da migliaia di euro, tra di loro e di nascosto dai propri benefattori, con i vari Lele Mora della situazione. Un clan destinato a implodere in un tragico tutti contro tutti, e tutti pronti a trascinarsi reciprocamente a fondo, a divorarsi a vicenda e a far sparire i resti prima che segreti e malefatte affiorino come boe di segnalazione in superficie.

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