interurbana love song

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Solo quando lo apro alla pagina del paese in cui abito e mi appresto a cercare il primo cognome della lista di genitori da avvisare, mi rendo conto delle dimensioni del font con cui è stampato, un corpo che l’ultima volta in cui l’elenco del telefono mi era servito non avevo alcuna difficoltà a leggere e che ora, ad almeno quindici anni di distanza da quel momento, l’età e i suoi riflessi sulla vista me ne rendono la consultazione praticamente inaccessibile. Ma non è una questione di presbiopia o di diottrie. Quindici anni fa, l’ultima volta in cui ho consultato un elenco telefonico per cercare un numero, l’ho fatto perché avevo a diposizione uno strumento indispensabile per trovare informazioni importanti come i numeri telefonici fissi, sistemati in ordine dalla a alla zeta. Gli elenchi telefonici di città come Milano, poi, erano composti da più tomi e si accompagnavano a pagine gialle di altrettanto spessore. E mai avrei pensato di doverne utilizzare uno nel 2012 se non per un’urgenza, quella di attivare una catena tra le famiglie dei compagni di classe di mia figlia per diramare un cambiamento di programma all’ultimo minuto in un giorno festivo. Ma a casa di mia suocera Internet non c’è, e né io né mia moglie abbiamo memorizzato sui nostri cellulari la lista con tutti i contatti che la rappresentante di classe ha distribuito a inizio anno.

Così ecco che ci viene presentata la soluzione sotto forma di Pagine Bianche, ora si chiamano così, l’elenco che nel tempo si è più che  dimezzato sia per la varietà delle compagnie telefoniche sul mercato e la possibilità di scegliere di non rendere pubblico il proprio nominativo, che per il crollo dell’importanza del telefono fisso. E anche se ci fosse un modo per includere i cellulari, la flessibilità con cui le persone cambiano il numero ne farebbe perdere comunque attendibilità.

E infatti su cinque numeri che dobbiamo cercare ne troviamo a malapena uno. È evidente che nel 2012 gli unici a ritirare la loro copia ogni anno siano i nuclei famigliari come questo, persone anziane nate con il disco e i modelli in bachelite e cresciute a doppino e cornetta, che ritengono tuttora la linea fissa una base indispensabile per comunicare con il loro mondo di contatti: figli, nipoti, medico, amici, carabinieri e soccorsi vari per le urgenze. Numeri scritti a penna su agende a fianco del cordless  ma che si ricordano ancora tutti a mente, quante ne conoscete di persone così? E l’elenco telefonico sotto, negli scaffali del mobiletto, per tutti gli altri numeri che non hanno voluto nemmeno memorizzare nelle rubriche dei cellulari a cui si sono dovuti abituare.

Quelli come me, della generazione a cui Google ha reso inutile tutto persino la memoria, non raccolgono nemmeno più le nuove edizioni che qualcuno ogni anno deposita nel portone auspicando in un cambio con quelle passate ma con scarsi risultati. Una sorte ingenerosa per uno dei principali punti di riferimento di un tempo. Quegli scaffali nei bar colmi di dorsi verdi di volumi, uno o più per provincia, in cui era contenuto il patrimonio umano di un’intera nazione, tutti quanti elencati allo stesso modo, al massimo con la propria carica davanti al cognome. E lo so che anche qui, sull’Internet, è lo stesso e nomi e numeri saltano fuori. Ma vederli stampati conferiva una sorta di attestato di esistenza anche all’ultimo dei poveri dotato di telefono privato, e per gli utenti di cotanto censimento il potere di scorrere il dito su nomi e cognomi di ogni città fino a fermarsi sull’abbonato oggetto della ricerca non ha eguali, ancora oggi.

6 pensieri su “interurbana love song

  1. e beppe maniglia su cosa sfogherà la sua rabbia non potendo più stracciare in due gli elenchi telefonici? Magari proverà coi tablet collegati a paginebianche…

  2. La prima volta che ho trovato il mio nome su un elenco telefonico ne sono stata molto orgogliosa. Sanciva la mia indipendenza, la mia maturità. Era un esistere tra gli altri. In fondo, quei vecchi elenchi erano un attestato di “presenza”

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