o son desto

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Uno dei principali scopi della vita che rincorro senza tregua è quello di non diventare il soggetto, tantomeno il protagonista, degli incubi da adulta di mia figlia, quelli che fanno capolino come conseguenza di latenti idealizzazioni distorte dei propri genitori derivanti dall’esercizio esasperato del suddetto ruolo in difetto o in eccesso. Comportamenti che il nostro subconscio assimila in tempo reale ma sublima più avanti sotto forma di cose tipo plotoni di esecuzione nazisti, facciate di edifici di edilizia popolare di fine ottocento da cui calarsi senza corde e imbragatura, talvolta pure senza vesti. Cadaveri dal taglio di capelli tipicamente anni 70 che si materializzano negli spazi comuni condominiali con cartelli contenenti messaggi arcani scritti con il sangue e appesi al collo. Fughe lungo sentieri carnivori da autoarticolati che in confronto il mostro meccanico guidato da Bjork nel video di “Army of me” è la Bianchina di Fantozzi. Ché di cose di cui aver paura ce ne sono già a bizzeffe e senza contare la pesantezza del cibo con cui ci si sazia la sera prima di coricarsi. Meglio contenersi a visioni oniriche la cui gravità non va oltre classici come l’inadempienza alle responsabilità personali a seguito della preparazione inadeguata agli esami della vita, quello di maturità in primis, e preoccupazioni standard da esorcizzare prima o poi liberandosi anche solo in senso metaforico di oggetti, giocattoli, case o porzioni di automobili come ha fatto l’amico Speakermuto.

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