la diretta della democrazia

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Fateci caso. La soluzione ai grandi problemi dell’umanità è soventemente la risposta opposta a quella della saggezza popolare, dell’opinione pubblica e della pancia della gente. Di fronte a una questione di primaria importanza la massa chiede picche e dall’alto qualcuno risponde fiori, anzi più spesso è il contrario se chi ci governa e amministra risponde picche alla nostra richiesta di denari. E questa solo apparente incompatibilità spiega anche il perché quando succede qualcosa le persone comuni si scambiano opinioni su quali provvedimenti sarebbe meglio prendere o qual è il modo migliore per superare un ostacolo o risolvere una situazione di stallo per il bene comune che sia l’uscita del proprio Paese dall’eurozona, vincere la finale di un torneo internazionale di calcio, risollevare le sorti dell’azienda in cui si lavora o ristabilire la normale circolazione ferroviaria quando è tutto bloccato perché i vigili del fuoco stanno intervenendo su una fuga di gas e la linea tra due stazioni e interrotta e non si sa quando i treni riprenderanno a circolare.

E tutte queste opinioni che le persone comuni si scambiano per strada, negli uffici, in coda alle Poste o pressati in un vagone in fine estate privo dell’aria condizionata lasciano il tempo che trovano perché nel frattempo quella nebulosa che muove le redini del mondo che abitiamo e che da qualche tempo ha un nome, la casta, che in senso traslato oltre a chi ci governa comprende anche i consigli di amministrazione delle aziende, il capotreno, il commissario tecnico della nazionale, ha già maturato una decisione su come procedere. Una scelta che, guarda un po’, lascia con l’amaro in bocca tutti tanto che siamo sempre più pronti a renderci partecipi vicendevolmente su come sarebbe stato meglio fare così o cosà. E questo perché certe decisioni a grandi livelli non abbiamo i numeri e carte in regola per comprenderle altrimenti sono certo che ci ritroveremmo nella buvette del Parlamento, dietro ai tavoli delle grandi negoziazioni economiche, alla guida del locale che malgrado le nostre lamentele non si muove da lì e dietro la panchina azzurra al posto di chi sappiamo noi e sono certo che le azzeccheremmo le scelte di politici, classe dirigente o amministratori di condominio senza dare luogo a esasperazioni che poi in taluni contesti sfociano nell’invocazione della democrazia diretta e negli ingenui movimenti a più stelle.

Tutto questo perché siamo fondamentalmente di indole presuntuosa e crediamo di saper fare le cose meglio di chiunque altro. Ed ecco perché vi dico di farci caso. Gli scambi di pareri alla base si muovono con spareggi diretti alla prima e passa il turno solo un punto di vista unico e generale che il portavoce – la stampa, chi ha il tono di voce più forte, chi ha voglia di farsi carico del problema comune – riferisce all’autorità. Ma nel frattempo l’autorità che essendo stata investita del compito di rappresentare la base a seguito di vari procedimenti di selezione più o meno corretti – non è questa la sede né il contesto per giudicare il valore del processo di selezione – si è mossa per studiare una risposta per suo conto, ha già provveduto a stabilire un criterio o una strategia che è di segno opposto a quella che arriva dal basso. Il che implica un doppio lavoro e una doppia quanto inutile fatica. Scegliamo chi ci rappresenta e poi vogliamo comunque essere partecipi in prima persona al posto dei delegati che abbiamo votato, con la convinzione peraltro di sapere come si risolve una crisi globale, come si salva la vita a un impianto che qualcuno ha deciso di spegnere, come gestire l’impresa di pulizie negli spazi condominiali o se schierare Cassano dal primo minuto di gioco o solo nel secondo tempo. E qui, mentre porto a termine questa fondamentale riflessione, stiamo ancora a scambiarci pareri su come dovrebbe essere organizzata la circolazione di una rete ferroviaria durante l’eccezionalità di un black-out dei trasporti, ognuno dal profondo della propria competenza di commessa di abbigliamento, impiegato di banca, studente del Politecnico, colf, scribacchino pubblicitario e messo comunale. Così penso a chi si batte per far sì che noi, questo consesso di esperti, abbia il diritto di scegliere nominalmente da chi essere rappresentato. Un cittadino, un voto, una scheda, una croce sul proprio cognome e sulla propria faccia.

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