sono o non sono i nostri migliori amici

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Ciò che differenzia noi umani dagli altri animali è la consapevolezza del tempo. Un’affermazione quantomai discutibile, potrei fare decine di esempi di strumentisti negazionisti dell’utilità del metronomo pronti ad astrarsi nella loro scansione matematica personale suscitata da aritmia, tachicardia o altre personali interpretazioni delle proprie pulsazioni di riferimento per mandare in vacca velleità collettive di successo. Ma, battute a parte, sia in senso musicale che in senso sistolico, circa la nostra capacità di orientarci tra un passato, un presente e un futuro c’è tutta una letteratura più autorevole di quello che ne penso e scrivo io e, soprattutto, molto più redditizia per gli autori che l’hanno prodotta a supporto della tesi di cui sopra.

E se a calcolare il divenire con l’unità di misura che tutti ben conosciamo siamo stati noi mi chiedo perché anche le altre specie non si siano date da fare in questo senso, e magari oggi non saremmo noi ad avere l’esclusiva di cose come Google Calendar. Non saremmo i soli dotati della capacità di sopportazione e controllo dell’attività dei succhi gastrici nella scansione del passaggio dalla notte al giorno in barba alle caffettiere con il timer che ci avvisano che anche oggi dobbiamo dare il nostro meglio. O cose meno prosaiche, come i musei antropologici con le registrazioni, dalla viva o giù di lì voce dei nostri bisnonni, delle tecniche per fabbricare il carbone nelle radure strappate alla vegetazione spontanea, lì sì che il tempo gioca un ruolo da protagonista, stiamo parlando di secoli, altro che quella manciata di giorni che ci separano dal venerdì sera e dal primo apericena della settimana. Voglio dire, dubito che un moscone si ricordi delle civiltà dei suoi avi una volta che poggia le sue zampette su qualcosa di esecrabile per noi, succulento per lui. De gustibus, si dice proprio così, ma stiamo parlando a uno stadio teorico perché sono essi, i non umani, che per primi non ci raccontano un po’ dei loro sogni nel cassetto, che nel caso di una tarma è più di un futile gioco di parole.

Ci è sufficiente utilizzare il nostro grado di evoluzione per stabilire una scala più o meno precisa dell’intelligenza degli esseri viventi con cui siamo costretti a condividere le risorse sempre più a rischio. In base a questa classifica di cui noi – sempre secondo il nostro punto di vista – deteniamo la posizione di vetta da molto prima degli scudetti del Genoa, ma almeno dalla scoperta di strumenti di business come il fuoco e il sesso avulso dalla riproduzione, possiamo stabilire chi è degno di farci compagnia. Animali non troppo feroci, che non pungono, fedeli e impegnativi quanto basta, in grado di suscitare tenerezza che poi è uno degli elementi per i quali sussiste una perpetua lotta per le posizioni di Champions League tra cani, felini domestici e, per chi vive in aree non metropolitane, i cavalli. Certo, l’ideale sarebbe anche in grado di non pesare sull’economia domestica. Nessuno però potrà mai arricchire la famiglia in cui è ospitato con l’esperienza scritta nella mappa genetica di riferimento ma asservirà al nostro bisogno di comunicazione ad alto tasso di aleatorietà interpretativa in un eterno presente fatto di scatolette, bastoni da riportare, ostacoli da saltare con il dolore degli speroni nel fianco.

Poi ci sono quelli che ti dicono che non è vero, ci sono addirittura gli animali vendicativi che si ricordano se gli hai dato cibo acquistato nel discount e che quindi hanno una qualche attitudine alla sistemazione cronologica degli eventi. Io non ci credo, e come prova di ciò vi invito a dare un appuntamento a un esemplare di una specie qualunque che non abbia ancora scoperto l’utilità delle calze di lana in ufficio quando il riscaldamento non è ancora a regime, e poi a dirmi come è andata e, in caso di esito negativo, quale scusa ha addotto.

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