sulle punte

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Per alcuni significa falsificare i conti, tenersi una parte di un budget dedicato all’insaputa di terzi, una sorta di margine non autorizzato in grado di far crollare la fiducia nei confronti di un intermediario incaricato di una qualunque transazione. Una cosa che si impara sin da piccoli. La mamma ti dà i soldi per il latte, lo trovi scontato, non glielo dici e ti tieni il resto. Altri la alzano come un baluardo di arroganza, una metafora del pollame e dei suoi inquilini, laddove qualcuno vuole predominare sul resto della compagnia. E chissà da chi deriva questa moda che nel bene e nel male ci trasciniamo dietro dai punk del 77. Più o meno alta, colorata o naturale, a spuntoni o compatta. E nel tempo ha modificato pesantemente il suo valore simbolico, benché non si possa negare che la pettinatura a cresta sia da sempre legata a un atteggiamento di trasgressione. Non solo una sfida contro la legge di gravità quindi. Proprio in questi giorni la cresta è tornata su tutte le prime pagine grazie a un tiro mancino del calciomercato che puzza tanto di trovata elettorale, in ogni caso enormemente costosa. Sta di fatto che è dagli scorsi campionati mondiali che i capelli alla mohicana sono sempre più comuni, e non solo nei fotomontaggi dei politici omonimi dell’archetipo. Con il passaggio dell’attaccante in questione alla squadra di proprietà dell’unico che contende a Beppe Grillo la capacità economica di gestirsi le spese di campagna elettorale con le proprie finanze, sono frequenti i casi di giocatori di ogni età e etnia che si rifanno il look come tributo al loro idolo. Ma era già da qualche anno che si notavano acconciature tendenti alla verticalizzazione centrale tra i comuni mortali, anche nei più piccoli, e questa è proprio bella. Perché i bambini quando sono vittime del senso artificiale di violazione del buon senso comune dei propri genitori ne meriterebbero l’allontanamento. Altrimenti mi tocca risalire agli anni novanta con la pettinatura di Keith Flint quando faceva l’attaccabrighe per dimenticare che oggi, a sproposito, gente con i capelli all’insù ti capita quotidianamente, non ti giri nemmeno più a guardarla tanto è diventata una prassi dell’espressione di un’originalità omologante. Faccio l’esempio del regista video che giusto l’altro giorno mi è stato presentato come tale, e che sopra a una faccia che non gli avrei nemmeno dato da fare il filmino della comunione sfoggiava questa zolla brillantinata con tutta una serie di stecchini, che a me una volta a Roma mi hanno detto che se piovevano molluschi avrei raccolto cannolicchi. Già, perché l’ho portata anche io per moda, tanti anni fa. Oggi sembra più un’ostentazione di baldanza e niente, a me viene da girarmi a guardare e cercare una maglietta dei Clash sotto, ma quasi sempre trovo acronimi come D&G.

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