piove, governo di larghe intese

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Mentre il mondo cade a pezzi (cit.) ora che a tutti sembra di aver perso definitivamente la lotta contro il tempo – it’s just a question of time, cantavano proprio quei Depeche Mode su cui ci siamo soffermati ieri – c’è chi alza l’asticella del’ostacolo, sposta più avanti il pallino, si pone nuove sfide da cogliere e vincere. Luca Zaia – sì proprio quel Luca Zaia – qualche giorno fa è infatti sceso in campo contro le previsioni dello stesso, dove il tempo è chiaramente inteso nella sua accezione meteorologica ma il calembour funziona ugualmente. La notizia è che per una volta mi sento di concordare con un leghista. Lo so, un giorno pensi che gufare pioggia faccia più danni al turismo che un arredamento della nonna povera spacciato come percorso di ritorno alle radici della tradizione popolare, quando poi si scopre che chiudere i confini culturali all’Ikea è solo il braccino corto nel non voler investire nemmeno il minimo sindacale per quelli che soggiorneranno nella tua catapecchia che spacci come antica edilizia marinaresca. Dicevo che una volta pensi così e il giorno dopo ti ritrovi a Pontida con le corna. Nel senso di quelle artificiali e vichinghe, cosa avete capito. Ma alla fine quella delle previsioni del tempo è la prova che ci bulliamo tanto della nostra escatologia materialista e poi, alla resa dei conti, cerchiamo solo certezze e nel modo più ordinario. In questo vuoto cosmico, sociale, culturale e politico, gli oracoli più o meno istituzionalizzati che ci avvisano con lauto anticipo se prendere o no l’ombrello o se è meglio starsene a casa anziché mettersi in viaggio alla fine sono quelli che ci azzeccano di più. E non è solo il tempo che fa domani. Riescono a indovinare se sarà coperto venerdì prossimo, sanno già che le piogge termineranno il quindici, e uno può regolarsi. Ma oramai dovremmo aver imparato che mettere in mano all’uomo l’arte divinatoria è un guaio perché ne fa un uso scorretto quanto compulsivo, e l’avere il controllo del futuro non è certo un dono per noi mortali. Ce ne accorgiamo in queste settimane, mentre ne abbiamo i coglioni pieni della pioggia e delle nuvole che siamo già ad aprile inoltrato e ci chiediamo che fine abbia fatto la stagione che tutti aspettano tutto l’anno. Che poi, anche lì, bastava saperlo subito che era così semplice che uno magari ci pensava prima. Voglio dire, se al genere umano sono sufficienti delle prove concrete e tangibili per abbracciare in toto una disciplina come quella del colonnello Bernacca, bastava che Gesù mettesse in atto miracoli più demagogici e populisti come stilare un calendario delle condizioni meteo dei successivi tre o quattro anni che sai quanta fede in più si sarebbe guadagnato. Per non parlare della potenza dei nuovi media. Ai tempi del carta e dei mezzi analogici c’erano solo quelle due o tre certezze che andavano a sommarsi alla saggezza popolare dei calli, delle torsioni dei gatti, dei voli dei gabbiani e cose così. Per esempio era matematico che se a Savona c’era nuvolo potevi stare sicuro che a Genova pioveva, vice versa se a Genova faceva freschino a Savona belin si muoriva dal freddo. Ora è tutto così scontato, accendi la tua app per avere la dimostrazione che la tecnologia controlla persino il tempo. Almeno in quell’accezione lì. E uno si chiede allora perché non i terremoti – come del resto fanno già grillini e stellari – e le altre catastrofi bibliche. Le cavallette. I maya. Ma che ne sappiamo noi di cosa ci riserveranno i giorni a venire, al massimo possiamo sapere fino a quando i vestiti leggeri sarà meglio tenerli ancora nell’armadio. Io però ho una spiegazione su questo prorogarsi della brutta stagione a discapito dei tepori primaverili. Secondo me è tutta colpa della situazione politica, è una sorta di presagio di tempi bui, grigi, duri, che ci aspettano dietro l’angolo se gente del calibro dei cinquestellari avrà la maggioranza. Secondo me è un segnale, è la natura che si ribella alla nostra ignoranza che mentre chiediamo gli autografi a Ruby dinanzi al tribunale di Milano ne gridiamo di ogni alla Boldrini che partecipa ai funerali, rea di rappresentare uno stato che hanno voluto quelli che la stavano fischiando, votando i governi precedenti che hanno peraltro avallato la parentela altolocata della Ruby di cui sopra. Ecco, in questo bailamme che vede scenari che vanno da Grillo a Berlusconi, la natura ci avvisa. Continuate così e avrete solo tempi di merda.

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