ripararsi dalle intemperie

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Il luogo comune delle mezze stagioni ormai è un dato di fatto, è innegabile, quindi dovremmo tutti impegnarci a rimuovere questa patina di pour parler da chi esprime considerazioni su ciò e, anzi, riconoscere la profondità e l’autorevolezza di chi lo sostiene. Oltre al coraggio di impostare una conversazione sul tema dei repentini cambiamenti climatici dal freddo al caldo e viceversa, oggi che tutti fanno finta che non ne possono più di quel genere di battute tipo qui era tutta campagna eccetera perché sotto sotto ridiamo, siamo attratti dall’infantilismo e una prova tangibile è stato il successo di una canzoncina del menga come quella di Tricarico e della sua maestra – vi ricordate? – solo perché il testo conteneva una parolaccia. Ma se effettivamente ci siamo giocati primavera e autunno e relative sfumature, il danno maggiore consiste, secondo i più, nell’aver reso inutile una cospicua porzione del nostro guardaroba che, a dirla tutta, era la preferita di molti. Me per esempio. I capi di abbigliamento di mezza stagione sono quelli più comodi perché né troppo pesanti e né troppo leggeri. Sono quelli meno vincolanti negli abbinamenti, stanno su tutto, consentono molteplici combinazioni. Posso portare l’esempio delle giacche di pelle, quelle che mia nonna additava come l’uniforme da debosciati perché piuttosto equivoche. Io ne avevo più di una, un tempo nei negozi di roba usata te le tiravano dietro. Peccato che questi, come altri capi tipo i giubbotti di velluto, le casacche militari, i cappottini di lana, sono diventati ormai merce superflua che occupa spazi utili all’economia familiare, da destinare per esempio all’abbigliamento dei figli dismesso da altri e ricevuto in omaggio provvisorio per una catena infinita di ricicli sotto il profilo dell’economia domestica, prima di una coscienza ecologica. Sì, capitano quei due o tre giorni in cui ci è concesso di indossarli, in cui occorre incrociare le condizioni atmosferiche con l’occasione. Per esempio non ci si veste da debosciati per andare in ufficio, soprattutto se si vira verso i cinquanta. Allo stesso modo non è  possibile conciarsi così con la famiglia, insomma bisogna darsi un contegno. Poi ecco che si presenta la situazione perfetta ma nel frattempo è arrivato un caldo boia e a mettersi una giacca di pelle ridono i polli e i figli di Apelle che giocano a palla. Quindi nulla, si aspetta la successiva mezza stagione che ancora non non ti sei convinto che non ci sono più, come te lo devo far capire, lo dice persino la saggezza popolare. Per non parlare dell’impermeabile. Io non lo possiedo ma una volta, verso i vent’anni, ne avevo uno bellissimo e grigio che indossavo quando minacciava pioggia ed era perfetto da marzo a fine aprile. Due mesi buoni con il trench che nemmeno nei film americani anni ’50, ci mancava giusto il borsalino. Ora mi sembra che la moda maschile non lo contempli più, ma forse perché non c’è più tempo per l’impermeabile, passi dal piumino che è impermeabilizzato alla giacca leggera e se piove amen. Ne ha però uno bellissimo mia figlia, beige e molto di classe, lei poi è alta e le sta benissimo. Anzi, sembra molto più grande, direi troppo. La osservo qualche secondo prima di uscire di casa per andare a scuola, vestita con il trench, e penso che non solo non ci sono più le stagioni di mezzo ma probabilmente nemmeno le età.

7 pensieri su “ripararsi dalle intemperie

  1. speakermuto

    Hai il feticcio delle giacche di pelle. Se un giorno ci incontriamo, portalo, io ho un trench di pelle (si chiama così?) e ogni volta che lo indosso tutti mi salutano “Ciao, Neo”.

  2. E nell’immediato sono più allarmata dall’assenza di mezz’età… Ma oggi sfoggio l’impermeabile nuovo che aspetta da un anno nell’armadio. Vedi che la pioggia ha una sua utilità?!

  3. io avevo già scalato (come si dice in informatica) alla giacca leggera e sono stato severamente punito con il primo megaraffreddore dell’anno 🙁

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