C’è solo un fenomeno più misterioso dei cerchi di grano in grado di esporre all’accusa di esoterismo chiunque tenti di dare una spiegazione ed è l’arcano motivo per cui, poggiando il palmo sul nastro delle scale mobili, ci si accorge che il corrimano si spinge a una velocità superiore rispetto a quella dei gradini, e se uno vuole mantenere la postura costante durante la salita finisce per trovarsi oltremodo sbilanciato in avanti con il massimo scherno degli astanti, per lo più avventori domenicali del centro commerciale che in barba alla sacralità manzoniana di una giornata come questa affollano ignari della ricorrenza negozi del calibro di Oviesse Industry. Pensavo anche a un dispositivo Apple per il cinque maggio, l’ei-Fu, siccome mobile e dato il mortal sospiro manco a dirlo, siamo nell’era del cloud che ce ne facciamo di uno smartcoso fisso.
Ma se pensate ancora per un attimo al paradosso delle scale mobili, più paradossale di quello di Zenone, Achille e la tartaruga che si rincorrono tra Zara e Motivi scritto con la o con i due puntini che non so nemmeno come si fa, se pensate al vostro corpo che resta dietro alla vostra mano trascinata in avanti capirete la metafora della nostra vita che ci supera, ci sorpassa e ci aspetta chissà dove, tanto è già arrivata a una tappa intermedia se non a destinazione. E né l’una né l’altra sono il lunedì o qualunque altro elemento destabilizzante del nostro ritmo cardiaco, perché di prove di questo tipo non avete idea di quante ne troverete da qui all’eternità.
Io pensavo invece a qualcosa di meno percettibile, un fattore a cui viene da riservare attenzione nell’istante che intercorre tra quando realizzi che il tuo acufene ha una sua dignità timbrica con tanto di riconoscibilità nella scala dodecafonica e quando ti accorgi di una ragazza araba dall’aria smarrita nel panico da sovraesposizione alla modernità occidentale a dosi massive, una sorta di sindrome di Stendhal dove al posto del Colosseo c’è Tezenis, una giovane donna tutta bardata nel suo velo che non se la sente di continuare la salita al piano superiore – tantomeno constatare con mano l’allarmante assenza di corrispondenza cinetica tra base d’appoggio in alluminio e nastro superiore in gomma – perché manifestazione di una visione escatologica impropria che la spinge a optare per il più pericoloso ma sicuro, perché non semovente, interstizio tra la scala mobile e il muretto su cui strisciare con i piedi, una manciata di centimetri a malapena, cercando di tornare indietro da lì nello sbigottimento generale velato da xenofobia diluita in presunta superiorità pratica.
Quello è il momento in cui ti accorgi che davvero c’è una parte di te che corre a perdifiato in avanti e ha già marcato il cammino, da qui a un boh temporale, di spruzzate di presente. Pietre miliari o palline di mollica degne di Pollicino che costituiscono la prova che di qui siamo già passati e l’eterno oggi che ci sposta verso il duemila-più-lontano-che-si-può è solo una mera constatazione amichevole del danno di esistere, come quando si overclockano i processori o un tempo si truccavano i Garelli 50. Bella l’ebrezza del fast living, poi però ti sfido a stargli dietro. E non mi riferisco certo al bruciarsi tutte le esperienze del mondo nei primi venti anni di vita nemmeno foste il cantante dei Doors, ma anche il solo tran tran apparentemente banale di noi esseri mortali. Ecco, uno sguardo verso i nostri corpi che hanno già dato tutto nello sprint mentre noi eravamo impegnati a doverci svegliare ogni fottuto lunedì mattina per aggiungere l’ennesimo tassello di una carriera di cui non ce ne fregava un cazzo, un altro negli occhi delle migliaia di persone come noi che nemmeno ci accorgiamo di incontrare ogni giorno. Nessuno che si sogni di fare un cenno al prossimo come quando ci si saluta tra motociclisti, un segno in codice per comunicare che ognuno di noi è al corrente del grande complotto ordito nei confronti di questa fratellanza globale da non so quanti miliardi di individui, una massa di gente che continuerà a crescere in quantità nella consapevolezza che tanto, prima o poi, è inutile che lo scriva tanto lo sapete anche voi.
“doverci svegliare ogni fottuto lunedì mattina per aggiungere l’ennesimo tassello di una carriera di cui non ce ne fregava un cazzo”
Standing ovation.
proprio sicuro della consapevolezza della massa? bella davvero questa riflessione maggiolina, da domenica del villaggio! 😀
nel senso della chitarra elettro-acustica 😉
starei ore al centro commerciale a guardare le persone
è vero. sono ottimi spunti(ni) per i post.
Ottima risposta 😉