colmare il voto

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Non è che non si possa cambiare idea con il tempo, anzi trovo che mettere in discussione le proprie convinzioni sia tutto sommato un comportamento maturo. La testardaggine lascia il tempo che trova e il tempo che trova è quello dei ragazzini che puntano i piedi per terra, fanno di tutto per fare gli originali, cercano di riempire gli spazi altrui e spesso quelli comuni con le proprie escrescenze di personalità eccetera. Gli adulti e gli anziani, quando non si sclerotizzano su aspetti solo per paura della novità, magari trovano strade più confortevoli di quelle percorse fino a quel punto e hai voglia a dargli del voltagabbana. Si tratta di esperienze che sto vivendo in prima persona ma nel mio caso riguardano cose come il primato della birra sul vino, per esempio, una svolta di fronte alla quale i puristi enogastronomici modaioli inorridiscono ma è così e mai avrei pensato che un giorno il vino mi avrebbe appesantito come ora rispetto alla birra che posso berne quanta ne voglio e alla peggio mi viene la pancia da tedesco di mezza età.

Invece non credo che cambierò il mio modo di votare. Un amico che sa che io voto il Partito Democratico mi chiede spiegazioni sui grossolani errori degli ultimi tempi, a partire dal più recente sull’avallo del blocco dei lavori delle camere proposto dal PDL. Ed è chiaro che chiunque avrebbe dei dubbi sul PD con tutto quello che è successo dalle ultime elezioni in poi, ma anche prima e almeno fino al peccato originale di aver messo insieme due anime, quella comunista e quella democristiana, che fino ad allora erano sempre state su scranni parlamentari ben distinti (e distanti) tra loro. La conseguenza più logica sarebbe quella di togliere il proprio voto, come si toglie il saluto a chi ti fa uno sgarbo. Perché è fuori dubbio che uno si senta tradito da strategie e logiche che, pur nella disciplina che è in sé l’arte del compromesso, alla fine rompono il cazzo e uno non ci capisce più nulla e va da un’altra parte. La politica italiana è costellata da elettori che hanno manifestato la loro protesta allo stato delle cose – e allo stato in sé – con le leghe e con le forzitalie più in voga.

L’ultimo caso è quello dei pentastellari che sembra abbiano fatto man bassa di delusi di ogni dove. Questa però è una cosa che non capisco. Voglio dire, io ce l’ho con le persone che rappresentano il PD in questo momento. Ce l’ho con i deputati e i senatori che allargano le intese, ce l’ho con i capigruppo e i segretari che si lasciano tenere in scacco da quello che dovrebbe essere il principale avversario, ce l’ho con gli opinion leader che filtrano la realtà di un esecutivo che temporeggia a causa del resto della maggioranza di cui fa parte e, di tutti i buoni propositi e dei punti da portare a termine, alla fine non succede mai nulla. E non è colpa loro se le lobby frenano sulle riforme, se il PDL ostacola la legge elettorale e tutto il resto. La colpa è che poi quello che ci arriva è che non succede mai nulla di buono. Malgrado ciò io non ce l’ho con il PD, quindi non vedo perché non dovrei più rafforzare il suo peso politico con il mio voto. Ce l’ho, ripeto, con l’apparato che lo abita.

Ieri ho ascoltato tutta la conferenza stampa di Grillo e oggettivamente occorre ammettere che è difficile dargli torto su tutto. Sono altresì convinto che il calo di preferenze delle utlime amministrative sia casuale e che alle prossime politiche abbia ancora più successo. Posso essere d’accordo, ma sono convinto che il loro non sia il modo di risolvere le cose che mi somiglia e credo che il buon senso va bene ma il buon senso ha alla base un orientamento politico, è soggettivo e uno ci si ritrova o no. Voglio dire, per me il buon senso è la patrimoniale, per altri il buon senso è il liberalismo estremo. E se posso aver empatizzato con la passione che trasudava il miliardario genovese, resto comunque convinto che il “canale” PD sia il veicolo più simile al mio modo di sentire per trovare soluzioni ai problemi. Che è poi è la politica. Al massimo, se non mi soddisfano più i rappresentanti del partito cerco di darmi da fare per cambiarli. Per esempio in questo momento mi trovo allineato pressoché su tutto con Pippo Civati e cerco di proporlo come posso come alternativa valida. Questo per dire che non credo voterò mai i pentastellari. Per non parlare di tutto il resto e di assembramenti partitici paralleli al PD da due o tre per cento.

Trovo quindi superficiale spostare la propria preferenza giustificando la mossa come voto di protesta, di rottura, non votare. Se un movimento non ha nessuna intenzione di condividere un programma di governo con un altro partito politico solo perché ci sono persone che all’interno di questo non lo vogliono anziché lavorare con le altre con le quali sarebbe possibile, significa che ha una visione diversa dalla mia e non c’è nulla da fare, giusto? Resta il problema del vuoto che non il PD ma gli uomini e le donne che lo rappresentano in questo momento sta lasciando anche dentro di me, per tutte le scelte pessime che stanno operando. Spero si tratti di un vuoto temporaneo e di poter tornare al più presto a fornire risposte convincenti a chi mi domanda il senso di scegliere ancora il PD dopo tutto questo.

7 pensieri su “colmare il voto

  1. Plus, tu distingui tra PD e chi lo governa come fossero due cose distinte. Non é così. Se il PD rispecchiasse, come dovrebbe, la propria base allora sarebbe quel gran partito che ho votato e voto, ma turandomi il naso, vagamente disgustata

  2. con una democrazia imperfetta come la nostra, dire che i cittadini italiani hanno votato pinco pallino è proclamare un’eresia, poichè “solo una parte” dei cittadini italiani lo ha fatto – questo succede perchè moltissimi non vanno a votare. sono dell’opinione che il voto è un obbligo verso se stessi, prima d’altri e dunque si deve votare, soprattutto secondo il ” cuore ” – ci credo ancora, nonostante tutto – e non secondo interessi di parte o bandieruole momentanee. colmare il voto potrebbe essere un ottimo slogan!

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