tutto ciò è stupefacente

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Alcuni segnali della senilità si avvertono in evoluzioni o involuzioni, a seconda dei punti di vista, di certi criteri con cui si filtrano le cose che succedono o anche solo nelle opinioni che con il tempo mutano. Di conoscenti che con l’età sono diventati grillisti, addirittura filo-israeliani o metodici praticanti di quei passatempi che confinano l’intelligenza umana in un estremo isolamento, che è poi l’anticamera delle peggiori derive mentali della vecchiaia, ne abbiamo tutti. Mai avremmo detto, per esempio, che un giorno ci saremmo trovati nella mezza età a praticare sport come strategia compulsiva di redenzione dei peccati giovanili, come se rovinarsi di chilometri, di bracciate o di pedalate rendesse nulli automaticamente tutti gli eccessi naturali e artificiali con cui abbiamo tentato di distruggerci da giovani e consentisse di recuperare neuroni, cellule cerebrali, anticorpi, fegato e sciogliere tutta la carne in eccesso di cui anni di appetiti chimici hanno favorito la stratificazione. Addirittura ci troviamo a correre felici a perdifiato ascoltando compilation della stessa musica che un tempo utilizzavamo per abbandonarci agli oblii delle sostanze stupefacenti più in voga. Non stupitevi, quindi, se incontrate runner che combattono ipertensione e colesterolo al ritmo dei The Cure, per esempio. O se la voce di Peter Murphy contribuisce a scalare di corsa gradini a due a due con maggior enfasi. E ancora se gli album preferiti, come Jeopardy dei The Sound ascoltati dall’inizio alla fine, corrispondono con precisione alla metà esatta del tragitto da portare a termine quotidianamente, dopodiché si fa dietro-front e si rientra a casa percorrendo la stessa distanza con un disco nuovo, questa volta di Siouxsie and the Banshees. Che trip.

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