cosa aspetti a baciarmi, vol. 3

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Alla madre snaturata che sta assicurando al figlio che non lo accompagnerà più dal dentista se lui ha così paura la costringerei a impostare come sfondo del suo smartcoso la radiografia panoramica delle mie arcate dentarie, un monito abbastanza severo per i genitori a non farsi soverchiare dalla compassione. Bisogna sapersi imporre no? Ma come se non bastasse la sua confidente invece la consola perché la figlia, che non c’è verso di farle utilizzare il trolley per portare a scuola le decine di kg di libri di testo sulle spalle e badate solo per un mero canone estetico del tutto arbitrario per un gruppetto di preadolescenti ai quali, se ci trovassimo ancora ai bei tempi della scuola gentiliana, qualcuno avrebbe già ridimensionato le velleità dispotiche a suon di bacchettate sui polpastrelli. Invece, da quanto sento, la ragazzina saltella lieta e pensosa fino in classe con un Eastpak alla moda ma a rischio di tutte le malformazioni che terminano in -osi e che riguardano una approssimativa postura della spina dorsale soggetta a sforzi completamente fuori portata. Non bisogna lasciare il potere di scelta ai figli quando sono in quella fase, soprattutto se un capriccio o un vezzo può risultare fatale. Non che non li capisca, io facevo impazzire mia mamma con il fondo dei pantaloni che un cambiamento repentino di stile aveva imposto molto stretto e chi aveva una dotazione ancora a zampa e non aveva molte possibilità di convincere i cassieri di famiglia a rinnovare il guardaroba era costretto a soluzioni di risulta. Il mio piano B era ricorrere a Zia Pina e alle sue abilità sartoriali. Pensate il divario di preoccupazioni che sussiste tra gli undici e i cinquant’anni. Anche se uno ci raccontasse cosa succede dopo ma con un bel docu-film fatto con i contro-cazzi probabilmente non ci crederemmo neppure. Alle preghiere di ragionevolezza e di pensare in tempi lunghi un qualsiasi undicenne ti potrebbe rispondere “sì ma io ne ho bisogno adesso”. La madre snaturata comunque si merita i miei piedi sulla borsa che ha posato sul pavimento del treno tra me e lei e aspetto come quel motto del cadavere e della riva del fiume che mi dica qualcosa quando la tirerà su una volta arrivata alla sua fermata. La sua confidente invece è sputata la Francesca nel periodo in cui eravamo così amici ma così amici che poi, quando Lara mi aveva convinto ad accompagnarla al Motorshow di Bologna, manifestazione di cui – sia chiaro – non mi importava una minchia, non a caso dopo aver giaciuto nello stesso letto del suo appartamento in un palazzo storicissimo di Via Castiglioni mi ero, la mattina dopo, rifiutato di pagare un biglietto per visitare stand pieni di esagitati delle due ruote e avevo optato per un sano tour tra negozi di dischi e osterie gucciniane da solo, dicevo che poi la Francesca quando ero rientrato da Bologna mi aveva detto al telefono che le ero mancato. Probabilmente si trattava di un po’ di gelosia, perché eravamo così amici ma così amici che poi, la sera stessa di ritorno dal Filmstudio, mi aveva baciato sul collo mentre guidavo, costringendomi a fermare l’auto con le quattro frecce per risolvere la situazione seduta stante.

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