come quei sistemi per scambiarsi le case ma fatto con i corpi umani

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Una lista dei dieci modi di dare il peggio di sé in vacanza è presto fatta: circondatevi di italiani in viaggio e l’elenco si compilerà in automatico. E se avete periodicamente registrato le vostre impressioni sulla società, come ho fatto io, estate dopo estate negli ultimi anni, vi sarà semplice formulare un grafico di come vanno le cose, con una curva tendente verso il basso oramai abbondantemente al di sotto dell’asse delle ascisse. I comportamenti che rivelano la nostra matrice malelducata è inutile che ve li dica, basta che ci guardiamo allo specchio, ci ascoltiamo, ci facciamo un selfie. Ma ho deciso che la vera vacanza, quest’anno, sarà da me stesso, da quello che mi vedo rispondere nelle discussioni su social network, dai ritagli di istantanee che mi diverto a riprendere con l’inganno a tagli di capelli assurdi, corpi muscolosi depilati e impiastrati di frasi senza senso e che poi pubblico su Facebook corredati di moralismi e pedanteria. Voglio prendermi le ferie dalle mie reazioni alle conversazioni, ai passatempi, agli sguardi altrui immersi in pensieri sgrammaticati che poi prendono la forma di commenti sgrammaticati. Anziché chiudere in aziende, in agosto, dovrebbero chiudere i giudici che vivono in noi, chiudere i battenti agli esteti che da dentro osservano le cose fatte male e che si dissociano da un intero popolo, i tuttologi che albergano nella nostra attitudine a insegnare come si sta al mondo a terzi. Ho aderito a un’offerta che mi ha dato diritto a una specie di salvavita: ogni volta in cui vedo o sento qualcosa che non mi piace scatta e spegne tutto, come il sistema che interrompe l’erogazione di corrente negli impianti domestici. Mi dico che non me ne importa più nulla, e se vi piacete tanto, così, restateci.

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