quando scatta l’istinto di protezione

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Il papà di Fabio ha un temperamento un po’ fuori dalle righe, ci vuole un attimo a scaldarlo e fargli alzare le mani, non certo in segno di resa. Chi lo conosce sa che è meglio stare dalla sua parte e approfittarsi del fatto che è il primo a mettere nero su bianco, a chiedere spiegazioni, a drizzare torti propri e altrui anche se, come potete immaginare, al primo posto vengono gli interessi della sua famiglia. Guida un’Alfasud TI grigia con l’alettone dietro con i guanti bucherellati nemmeno fosse un pilota di formula 1, per questo gli amici di Fabio cercano in ogni modo di farsi un giro in macchina con lui. In autostrada viaggia costantemente in sorpasso e, sulle strade a doppio senso, sta sempre al massimo della velocità consentita, qualche millimetro sotto la distanza di sicurezza e sempre pronto a superare quelli che vanno troppo piano. Non ci crederete ma difficilmente lo definireste un tipo spericolato che mette a repentaglio la vita dei figli e dei loro amichetti.

Fabio gioca in una squadra di calcio di quartiere e in occasione degli incontri suo papà è sempre in prima fila. Anzi, mi hanno detto che una volta si è precipitato in campo per malmenare un avversario reo di aver atterrato Fabio con un intervento a gamba tesa. Fabio ha tredici anni, suo padre ne avrà meno di quaranta ma non ci ha pensato due volte a prendere per il collo un centrocampista coetaneo del figlio. Ma prima di giudicarlo facciamoci tutti un esame di coscienza. Che padri siamo? Siamo prudenti sulla strada, questo si sa, e non ci compreremmo mai un’Alfasud TI grigia con l’alettone dietro. Ma è difficile esimersi dal mettere al sicuro i figli o fare giustizia anche a sproposito, quando non sono in grado di cavarsela da soli con i pari.

Questo vale anche per me. Io scatto subito ed è mia moglie a fermarmi, dice che bisogna interporre il filtro tra la pancia e la testa che poi è quello che ci differenzia dalle bestie. Quando non ha fatto in tempo a convincermi a desistere sono corso a sgridare forte un bambino che aveva dato una spinta a mia figlia, in un parco giochi. Lei aveva tre anni, il bambino credo pure, io mi sono sentito in dovere di sistemare le cose perché i genitori del bulletto stentavano a intervenire. Mi sono piazzato davanti con il dito puntato e gli ho urlato che no, le spinte e i pugni non si danno, tantomeno alle bambine. Ero in Corsica, in attesa della nave per rientrare in Italia, più o meno in questo periodo, almeno otto o nove anni fa. Il bambino, e di conseguenza i genitori, erano però tedeschi, mia figlia piangeva forte ma dubito che qualcuno abbia compreso la lezione di buona educazione che ho voluto impartire a tutti.

3 pensieri su “quando scatta l’istinto di protezione

  1. Trovo che una delle cose più difficili sia capire fino a che punto, in che momenti e come intervenire nelle cose dei figli. Se li seguiamo troppo non imparano a cavarsela, e però l’autonomia si impara anche grazie a qualcuno che ti segue e ti insegna… ma le mani alzate mai. Relax, far loro sentire che sei tu l’adulto, che ci sei sempre e se necessario li puoi sostenere (magari contro interventi sconsiderati di altri genitori, oppure contro i momenti in cui i tuoi stessi figli vanno un po’ fuori controllo per tante ragioni). Facile in teoria, poi… ma se ci si prova, pur potendo sicuramente sbagliare, penso che male più di tanto non se ne faccia.

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