vita, morte e miracoli di un gruppo indie rock

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Volevo scrivere due righe sul concerto dei Foals di un paio di sere fa a Milano, non una recensione perché a mia religione me lo vieta ma almeno trasmettere tutte le mie impressioni entusiastiche sull’accaduto. Poi, mentre cercavo informazioni sulla scaletta nel dettaglio, ho appreso che tre ragazzi di Treviso sono morti in un brutto incidente in autostrada mentre rientravano proprio da quella serata. Così ho cambiato idea perché originariamente volevo condividere qualche considerazione proprio sul pubblico, la cui età media era sensibilmente più bassa rispetto ai concerti dei gruppi che seguo, e dire che i Foals non sono certo un gruppo da MTV. Ero letteralmente circondato da persone che potevano essere a grandi linee figli miei, così come prima cosa mi è venuto in mente un amico che frequentavo una quindicina di anni fa, un cinquantenne che portava suo figlio ai concerti per non sentirsi nell’imbarazzo di sembrare un uomo di mezza età con una passione, quella del rock e dintorni, disdicevole per uno con i capelli bianchi. Per dire, ho mandato un selfie di mia moglie e me in mezzo a quella folla in attesa a mia figlia, via whatsapp, e lei ci ha confessato di essere rimasta perplessa. Secondo lei noi cinquantenni dovremmo andare solo ai concerti di musica classica.

Pensavo anche alla scarsa importanza che quei ragazzi che erano lì intorno a me danno al modo di vestirsi rispetto a noi degli anni 80 che non ci saremmo mai presentati a un appuntamento di quel tipo se non conciati come in un video dei Cure. Nella solita selezione musicale di riscaldamento pre-concerto, poi, quasi tutti hanno riconosciuto il disco dei Vietcong uscito l’anno scorso, il che mi ha fatto piacere perché credevo che invece tra i più giovani si ascoltasse solo musica di merda. Erano tutti molto preparati sui testi – e molto più di me – sia delle canzoni dei Foals che di quelle del gruppo spalla, gli inglesissimi Everything Everything. Gli unici due lati negativi, ma non è la prima volta che lo sostengo, sono stati in primis la mania per me inconcepibile di passare il tempo dell’esibizione live con lo smartcoso in alto a fare foto, registrare video o a fare altro che, oltre che essere una perdita di tempo considerata la qualità del materiale prodotto, rompe il cazzo a chi sta dietro.

Secondariamente mi spiace ammettere che le nuove generazioni sono sempre più alte, e a me che sono uno e ottantasei capita sempre più spesso di trovarmi ai concerti con davanti la nuca di uno o una che è almeno uno e ottantotto. Due di questi spilungoni erano al mio fianco. Un tizio e una tizia che hanno passato la prima metà del concerto a limonare duro, il resto a farsi i cazzi propri parlando ad alta voce e vi assicuro che anche se il volume al chiuso è elevato la gente che chiacchiera dà molto fastidio. Avevo un gruppo di ragazzi intorno a me altrettanto infastiditi e tutti insieme li abbiamo zittiti. Quando ho visto le foto dei tre giovanissimi di Treviso morti nell’incidente ho pensato che potevano essere alcuni di loro, schiacciati gli uni agli altri e con me in mezzo, gente che ha partecipato a un concerto dei Foals con il mio stesso amore per musica e poi per uno di quei fattori inspiegabili finiti così. Muore David Bowie, muoiono i ventenni negli incidenti, tutto sommato è un gran peccato.

2 pensieri su “vita, morte e miracoli di un gruppo indie rock

  1. speakermuto

    Io sono andato a pochi concerti per vari motivi a volte oscuri anche a me stesso, forse riconducibili a misantropia, accidia e gusti difficili

  2. Pensavo che invece fossi un animale da live. Io finché riesco continuo, in genere preferisco i concerti estivi all’aperto, al chiuso l’acustica per noi anziani è sempre un po’ così.

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