morti di saghe

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Diceva Desmond Reel che il problema di avere un libro in testa e non scriverlo è che ogni libro che leggi ti viene la voglia di scriverlo nello stile che usa lo scrittore che stai leggendo, questo ovviamente al netto dei Problemi con la P di Problemi maiuscola e con la M di Maiuscola maiuscola, che sono:
1) lo stress di voler a tutti i costi scrivere un libro e di non riuscirci
2) lo stress di dover scrivere un libro se uno non ci riesce
3) lo stress di pensare a cosa inventarsi a quelli che ti chiedono come mai a tot inverni – nel caso di Desmond cinquantaquattro – non hai ancora scritto il libro con le capacità che hai, tenendo conto che non c’è nessun motivo per cui uno dovrebbe mettersi fare lo scrittore perché in giro si dice che hai tutte le carte in regola. Rido perché il correttore mi aveva cambiato il testo in tutte le carie in regola, che – non so se avete mai visto una foto di Desmond – potrebbe essere ancora più veritiero.

Comunque questa cosa degli stili narrativi che cambiano non è male perché ti mette alla prova. Se vi affacciate alla finestra del villaggio globale (oggi sono in vena di locuzioni desuete) noterete che il pubblico che legge è composto per lo più da ragazzini che vogliono immergersi nella distopia fantasy più della nutella, per non dire del sesso. La narrativa per giovani adulti è più redditizia della narrativa per adulti che fanno i giovani, considerando che gli adulti che fanno i giovani sono tutti su Facebook a darsi il buongiornissimo. Il problema è che morire di saghe (bella questa, eh?) è un destino a cui gli autori non sempre sono pronti a immolarsi. Perché poi scervellarsi con queste epopee nel futuro anteriore che durano decine di volumi intrisi di sangue, vampiri, gente con poteri soprannaturali, licantropi e in generale realtà aumentata quando quella che viviamo ogni giorno è già abbastanza extralarge? Comunque lasciate perdere i noir: se volete vivere delle vostre parole scritte buttatevi negli epigoni di Divergent, Hunger Games e roba emo del genere.

Io invece – lo dice il mio blog stesso – sento l’influenza tendente al plagio degli scrittori americani che divoro e se non fosse che ci sono i traduttori di mezzo vorrei davvero mettermi alla prova tanto quanto Desmond Reel che, se avete provato a cercare in rete, è un autore inventato di sana pianta ma sapete, il confine tra la vita e la fiction su Internet e sui blog è sempre aleatorio. Per scrivere – anche sciocchezze come quelle che scrivo io – purtroppo non è sufficiente leggere in maniera compulsiva in modo da esser talmente pieni di parole da avere il rigurgito e riempire le pagine con quello.

4 pensieri su “morti di saghe

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