storytelling di quartiere

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L’idraulico non è ancora arrivato e quando sento il ronzio del citofono penso a tutt’altro tranne che a Raimondo. Gli preparo il caffè anche se per lui è già il secondo della giornata e lo beve da me anche se nelle altre case in cui è già passato stamattina tutti hanno fatto a gara per offrirglielo. Siamo gentili con Raimondo perché ci riempie di attenzioni con le sue storie. È l’unico qui in zona che scrive dei ritratti a parole delle persone che gli stanno a cuore, ma visto che poi li deve vendere chiedendo un’offerta è chiaro che più ne scrive e più ha possibilità di profitto e, quindi, dirà a tutti che per lui siamo importanti, ma con me credo sia sincero. Poi quando li ha pronti, senza che nessuno gli abbia commissionato niente, lui li scrive per passione e basta, quando li ha pronti te li porta e se ti ci riconosci glieli compri. Alcuni non gli aprono nemmeno e lo trattano come se fosse un testimone di Geova. Non è il caso mio. Mette poco zucchero ma quello che resta sul fondo della tazzina lo raccoglie con il cucchiaio. Lo faccio anch’io ma solo se non mi vede nessuno, credo sia una convenzione del sapersi comportare bene. Raimondo sa che me ne intendo di Internet così stamattina è venuto solo per farmi qualche domanda sul black-out dello scorso fine-settimana. Io non ne so nulla così si mette a fare qualche ricerca con il suo smartphone ultimo modello per spiegare a me l’accaduto. Per prenderlo un po’ in giro allora gli faccio presente che, alla fine, oggi da questa parte del mondo economicamente sviluppato le persone si dividono tra chi può permettersi di comprare le cose nuove subito e quelle come me che, invece, devono aspettare che siano più a buon mercato e finisce che poi le cose che vuoi comprare a quel punto sono già obsolete o per lo meno superate. Lui mi risponde che questa è la dimostrazione che alla gente più che altro piace parlare di prezzi e, se a ogni cifra che diciamo corrispondesse una commissione sui nostri risparmi, saremmo tutti con le pezze al culo. Lo congedo perché l’idraulico sarà qui da un momento all’altro. Si rimette sulle spalle il suo zaino che ha la tasca con la cerniera rotta e tra la piega che prende la tela e le cinghie verticali con i loro occhielli forma un’espressione che mi ricorda i lineamenti di un noto robot giapponese, uno di quelli che noi adulti del nuovo millennio rimpiangiamo nemmeno se gli eroi che li pilotano avessero una vita facile come la nostra o come quella di Raimondo, che scrive i racconti sulle persone del nostro quartiere nei tempi morti e nelle pause in ufficio, quando i colleghi si fermano per fumare sigarette elettroniche o analogiche – come le chiama lui – nello spazio dedicato agli appestati, in cortile. Lascia solo fuori dalle sue storie le famiglie più disastrate, quelli che si urlano per ogni sciocchezza, i poveri e gli stranieri che lavorano così tanto e in condizioni così umilianti che non hanno nemmeno il tempo di discutere con le mogli o i mariti per cercare di risolvere le piccole questioni domestiche, per loro sono solo problemi di cui c’è ben poco da dire.

2 pensieri su “storytelling di quartiere

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