la narrativa è una scienza esatta

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Avete presente quella canzone che dice che non esiste un’età in cui uno cessa di commettere gli errori? Il dj l’ha messa, Daria si è voltata forse per muoversi a ritmo, perché non esiste nemmeno un’età in cui uno cessa di ballare o di tentare movimenti delle proprie membra abbozzando figure che del ballo ne facciano le veci, e mi ha riconosciuto malgrado la penombra del centro sociale che, in quest’epoca stupida e feroce, come direbbe Lady Ubuntu (se non l’avete mai sentito andate qui), è un toponimo che non dovrebbe più comparire da nessuna parte. Abbiamo bisogno invece di centri individuali in cui siamo noi il fulcro, se non dei veri e propri centri dis-sociali, passatemi il termine, in cui risulti facile odiare il prossimo con le nostre considerazioni. D’altronde a offendere siamo proprio bravini a ogni età, e questo mi consente di tornare al tema dell’inizio e a Daria, che nel frattempo, mentre andavo fuori argomento con quella storia dei centri sociali, mi ha raggiunto con il suo bicchiere di doppio malto oramai non più fredda, la canzone sugli errori ha imboccato l’ultima strofa e da qualche parte nel campo visivo, ma potrei sbagliarmi, qualcuno ha rivolto il suo smartphone verso di me per mostrarmi quella foto di noi due nell’ottantacinque che da qui, davvero, più che un tempo lontano sembra un palazzo desueto e in rovina, uno dei tanti che poi sono stati demoliti per costruirci al suo posto un centro commerciale. Nel mezzo sono accadute tante di quelle cose, sia a lei ma anche a me, che ci vorrebbe un capitolo a parte, se questa storia fosse un romanzo. Ho fatto così un veloce calcolo il cui risultato mi ha riportato che l’ultimo errore commesso era proprio l’esser venuto qui e, ironia della sorte, in questo post sugli errori il risultato era invece quello giusto.

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