morti di fame

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I medici dicono che quella percentuale di massa in eccesso sull’addome che dovremmo smaltire deriva non tanto da quello che mangiamo pur non avendo più fame bensì dalla quantità di programmi tv dedicati al cibo che seguiamo. Non so voi ma io non ne posso più e rivoglio indietro i soldi della smart tv. Ah già, c’è Netflix. Comunque il peggio di tutti è quella trasmissione in cui lo chef di turno mette uno contro l’altro quattro ristoratori con l’obiettivo di individuare il locale migliore della stessa zona. Si tratta di un format presente da qualche anno e devo ammettere che nelle più vecchie puntate che mi è capitato di seguire tutto sommato traspariva un certo fair play tra i concorrenti. Ultimamente invece ho assistito a veri e proprio combattimenti efferati in cui i quattro ristoratori se ne danno di santa ragione. L’obiettivo infatti è abbassare la media dei voti con cui passano al vaglio il locale e la cucina degli avversari in modo da primeggiare e vincere la puntata. Un vero tutti contro tutti in cui però non esce un vero vincitore perché anzi di fronte a tanta scorrettezza vi invito a prender nota dei nomi dei locali volta per volta in modo da evitarli come la peste, così la prossima volta imparano a gareggiare a suon colpi bassi. Che poi, voglio dire, la posta in palio è da morti di fame. Il ristoratore con il punteggio più alto a fine puntata si aggiudica 5mila euro da investire nel proprio esercizio, una cifra che locali di quel tipo, con quel genere di menu e con i prezzi che hanno se li guadagnano in un paio di serate. Quindi, ricapitolando: soldi pochi, brand awareness scarsa a causa della figura da stronzi che fanno in tv, visibilità relativa perché dubito ci sia qualcuno così intraprendente da raccogliere tutti i partecipanti in una guida ad hoc da sfruttare quando è in viaggio, quindi ancora una volta l’ennesimo talent-qualcosa in differita utile solo a coprire la domanda dell’immediato di un popolo di telespettatori che si accontenta delle briciole. Voto: inqualificabile.

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